Monumenti
LA FONTANA DI
MONSIGNORE
L’antica fontana voluta dagli arcivescovi
di Brindisi era alimentata dalle ricche e limpide sorgenti
sotterranee della Minnuta che ancora bagnano le strade
della zona
Percorrendo il tratto
di via Provinciale san Vito, sul declivio tra il passaggio
a livello di via Osanna e il Parco del Cillarese, si
nota un costante rivolo di acqua che fuoriesce dalla
base dei conci di carparo della parete a ponente, e
avanza in parte sul marciapiede interessando anche il
piano stradale. Ciò evidenzia ancor’oggi
la presenza di una copiosa sorgente sotterranea, tuttora
attiva, che alimentava almeno in parte le due antiche
fontane presenti sulla strada: la Fontana Tancredi
e, poco più a valle, la Fontana di Monsignore.
Della prima si può approfondire in questo
link, la seconda, meno nota, trovandosi poco più
avanti all’interno di una proprietà privata,
la si può osservare attraverso un cancello posto
affianco al distributore di carburanti.
-
Via Provinciale per San Vito.
Acqua sorgiva fuoriesce dai conci della parte e bagna
il marciapiede
In passato l’intera
zona era di proprietà degli Arcivescovi di Brindisi,
un’ampia area ricca di lussureggianti giardini
che furono descritti di “endemica bellezza”
e cantati in eleganti versi latini dal poeta brindisino
Niccolò Taccone. Della straordinaria
magnificenza del sito ne parla anche il frate carmelitano
Andrea Della Monaca, descrivendolo
come un’area “ripiena d’amenissimi
giardini […] contendono ben qualunque
si sia orto delizioso di bellezza naturale, di sito,
d’acque, di valli, di pozzi, e insieme di terra,
e di mare”.
Le “limpidissime e dolcissime acque”
sorgono naturalmente dalle viscere di quella collinetta
che si erge alle spalle delle antiche fontane, dove
oggi è il rione Minnuta, una
zona che prende il nome dalla caratteristica ubertosa
della sua terra, come una mammella o “minna”
femminile. Proprio per la presenza delle abbondanti
sorgenti sui rialti di ponente, l’area fu scelta
già dagli antichi romani come luogo di sosta
e di accampamento, fuori le mura della città,
degli eserciti e della massa enorme di persone in transito,
che qui poteva rinfrescarsi e abbeverarsi prima dell’imbarco
verso l’Oriente. Il sito infatti segnava l’accesso
in città da nord, alla confluenza delle due arterie
viarie più importanti, la via Appia e la sua
variante Traiana, non lontano delle aree di attracco
delle navi che cariche di preziose merci.
Fontana di Monsignore
La fontana, che secondo
uno studio del prof. Giacomo Carito
era anche denominata Pomeriana o di
Giardino di Mare, fu realizzata proprio
per i fabbisogni irrigui dei terreni circostanti, e
venne interamente modificatadurante il secondo ventennio
del Settecento da mons. Paolo de Villana Perlas,
“ristoratore di quella con un condotto dell’istessa
acqua sotterranea che per mezzo d’archi camina
a comunicarsi in un recipiente che forma un’altra
bella fonte più sotto distante passi venti dalla
prima con numero cinque butti d’acqua che si trasfondono
in un ampio pilone per soddisfazione e delizia dell’aspettatori
ed un’altra fonte sotterranea che scaturisce dal
colle di detto giardino distante dalla prima passi 50
verso ponente, con abbondanza di acqua da farsi un vaso
ampio e capace per il trabucco a comodo ed uso del giardiniero
per irrigare ed innaffiare tutte le piante”
(Platea della Mensa Arcivescovile). Nello stesso documento
datato 1722, è descritta la fontana fatta con
un “suo pilone di recipiente nicchio, cupoletta
e frontespizio di marmo con n. 7 butti d’acqua
di bronzo ferrati per darli e levarli a tempo e suo
sostegno con l’impronta e stemma di Monsignor
Arcivescovo Perlas” [1].
La Fontana di Monsignore nel
disegno attribuito a Giovanni Leanza
Il complesso sistema
di adduzione delle acque realizzato all’epoca
è oggi solo parzialmente attivo, probabilmente
interrotto durante la costruzione dei vari fabbricati
nei pressi del sito. All’interno della proprietà,
nei bei giardini che si ergono alle spalle dell’antico
fonte,sono presenti un’altra piccola fontana in
pietra, non più attiva, e un pozzo, entrambi
insistenti su un possibile percorso sotterraneo dell’acqua
su un pendio naturale che giunge sino alla Fontana Tancredi,
al quale era permesso accedere attraverso un cancello
privato.
La Fontana di Monsignore è rappresentata in un
disegno realizzato alla fine dell’Ottocento dallo
studioso di antichità Giovanni Leanza,
esponente della nobile famiglia proprietaria all’epoca
dell’intera area,sita in “Contrada Fontana
Grande”, acquisita nel febbraio 1894 dalle Benedettine
di Brindisi, fondo sul quale veniva costituita un’enfiteusi
in favore della Diocesi e della Mensa Arcivescovile
di Brindisi. Il Leanza era solito documentare, con foto
e disegni personali, “rifiniti con esasperata
cura su bozzetti non privi di spontaneità”
(R. Jurlaro), i monumenti e le araldiche presenti in
città, raccolti poi in un manoscritto autografo
conservato nella Biblioteca Arcivescovile “A.
De Leo”.
Il pozzo all'interno della proprietà
Marino che conduce alla Fontana Tancredi
L’intera proprietà
passò poi,per lascito testamentario,al colonnello
medico della Real Marina Vincenzo Guadalupi,
nipote del Leanza, e da questi per eredità al
figlio Mario Marino Guadalupi, il noto
senatore della Repubblica italiana e più volte
Sottosegretario di Stato alla Difesa, che tanto ha fatto
per la nazione e la nostra città. Nel 1965 l’esponente
brindisino del PSI versò la somma di 452.200
lire per l’affrancazione dell’enfiteusi,
liberando l’intera proprietà dal diritto
reale di godimento a favore dell’Arcidiocesi brindisina,
prima di lottizzare, negli anni ’70, una parte
del fondo, dove furono innalzati i primi palazzi del
rione.
-
on. Mario Marino Guadalupi
La famiglia Guadalupi
continua ancor’oggi a curare con scrupoloso impegno
la manutenzione dell’area, per questo il giardino
interno mantiene sempre quel tipico aspetto di “piccola
e riservata oasi di rigenerazione per i chierici e nobili
del tempo” (G. Sacrestano); i proprietari
sono intervenuti anche all’esterno per porre,
alla base del muro di cinta, una griglia di raccolta
e deflusso delle acque sorgive che continuano a sgorgare
dalla collina, necessaria per evitare scivolamenti accidentali.
L’idea, in prospettiva, è quella di valorizzare
l’intero sito e renderlo fruibile alla cittadinanza.
Da diversi decenni
ormai, nell’antica fontana di chiara ispirazione
neoclassica, non scorre più quell’acqua
dolce e limpida tanto famosa sin dai tempi antichi,
un affascinante monumento caratterizzato da una raffinata
vasca semicircolare a conchiglia sorretta da ciò
che resta della figura allegorica alata riprodotta nel
disegno attribuito a Giovanni Leanza. Gli altri elementi
decorativi purtroppo si sono persi nel tempo, resta
solo in parte una delle due nicchie laterali che in
origine potevano accogliere altrettante statue. Per
valorizzare l’opera, i proprietari hanno voluto
installare una moderna e suggestiva illuminazione serale.
Anche qui, alla base del muretto di contenimento, è
evidente un persistente rivoletto di acqua sorgiva che
inumidisce lo spiazzo antistante, dove si trova un’altra
vasca rettangolare in pietra.
La famiglia Guadalupi
ha inoltre voluto e saputo conservare con cura alcuni
originali ceppi di vite a ricordo del vigneto che qui
insisteva ancor prima dell’acquisto dei Leanza,
impiantato in quel vigoroso giardino fatto di terrazzamenti,
utili a mitigare l’eccessivo dislivello,a pochi
passi dal famoso Ponte Grande, l’ingresso
nord della città oltre le mura.
Si ringrazia per
l’ospitalità e per la cortese e preziosa
collaborazione l’avv. Mario Marino Guadalupi.
Giovanni
Membola
per Il 7 Magazine n.169 del
16/10/2020
Fotogallery
- clicca per ingrandire |
|
|
|
|
|
|
[1]
La Platea della Mensa Arcivescovile (1722),
così la descrive:
"[Il] giardino
di Monsignore [è] situato fuori dalle mura
della città poco distante da Ponte grande….
Dove c’è la fontana d’acqua dolce
che scaturisce dal colle bene accomodata colò
suo pilone di recipiente nicchio, cupoletta e frontespizio
di marmo con n. 7 butti d’acqua di bronzo ferrati
per darli e levarli a tempo e suo sostegno con l’impronta
e stemma di Monsignor Arcivescovo Perlas ristoratore
di quella con un condotto dell’istessa acqua
sotterranea che per mezzo d’archi camina a comunicarsi
in un recipiente che forma un’altra bella fonte
più sotto distante passi venti dalla prima
con numero cinque butti d’acqua che si trasfondono
in un ampio pilone per soddisfazione e delizia dell’aspettatori
ed un’altra fonte sotterranea che scaturisce
dal colle di detto giardino distante dalla prima passi
50 verso ponente, con abbondanza di acqua da farsi
un vaso ampio e capace per il trabucco a comodo ed
uso del giardiniero per irrigare ed innaffiare tutte
le piante…"
|