Monumenti
IL MONUMENTO FUNERARIO
DI EPOCA ROMANA
I resti di un importante mausoleo sono l'unica testimonianza
rimasta delle strutture sepolcrali che sorgevano ai
margini della Via Appia, nell'area poco oltre l'odierna
Porta Mesagne
Chi sarà stato
quell'importante personaggio della Brindisi romana che
aveva voluto un proprio monumento funebre alle porte
della colonia latina? Non è facile individuarlo,
considerato lo stato del ritrovamento e le scerne informazioni
che gli archeologi sono riusciti a reperire.
L'antica struttura è nota solo a pochi "addetti
ai lavori", nonostante sia stata considerata di
buona fattura e occupa una ampia superfice non lontano
dall'attuale Porta Mesagne, quella che più di
duemila anni fa era già uno dei principali varchi
cittadini con immissione sulla famosa Via Appia. Brindisi,
colonia di Roma dal 244 a.C. al V secolo d.C., ha vissuto
in quei lunghi secoli di dominazione i periodi più
floridi dell'economia e dell'urbanizzazione dell'intero
passato, è stata la città più popolosa
della II Regio (9 - 14 d.C.) al centro di una serie
di importanti percorsi stradali e marittimi, con una
"precisa fisionomia e una funzione economica
e politica che andavano al di là delle esigenze
regionali" (V. Sirago). Sono numerosi i resti
che testimoniano quei secoli di grande gloria, anche
se non tutti sono stati studiati e valorizzati come
meriterebbero. Uno di questi è proprio il monumento
funerario oggi racchiuso all'interno di proprietà
private.
I resti del monumento funerario
sulla Via Appia, alla base la sottofondazione di tufo
realizzata ai primi del 900
I resti dell'antica
opera furono probabilmente individuati già agli
inizi del Novecento durante la costruzione di un edificio
delle Ferrovie (al civico 5 di via Appia, tra il Bastione
di Porta Mesagne e il muro che si realizzò al
posto del passaggio a livello). Della scoperta però
non sono stati trovati atti e documenti sia negli archivi
della Soprintendenza né in quelli delle Ferrovie
dello Stato, "eppure il monumento era stato
parzialmente salvaguardato con la realizzazione di un
muro di sottofondazione in tufo e una cancellata a protezione"
scrisse la dott.ssa Assunta Cocchiaro sulla rivista
di archeologia "Taras" (XII, 2-1992). Per
anni il manufatto di epoca romana non fu più
visibile "perché incapsulato tra due
muri di confine", fu riscoperto verso la fine
degli anni Ottanta nel corso dei lavori per la realizzazione
dei palazzi immediatamente all'esterno di Porta Mesagne,
all'angolo tra via Appia e via Bastioni San Giorgio,
che tanto fecero discutere. Durante l'abbattimento del
muro di confine tra il cantiere edile e le case dei
ferrovieri, venne rimesso in luce quel monumento funerario
che ormai nessuno più ricordava, e i suoi resti
furono finalmente studiati e catalogati.
I resti del monumento funerario
sulla Via Appia, visto dall'alto
Realizzato in opera
cementizia, la poderosa struttura misura alla base 4,60
x 3,90 metri e si innalza per due metri e mezzo, i muri
sono spessi un metro e sessanta centimetri, il tutto
poggia su un "terreno sterile" dove
"non è riconoscibile lo spiccato della
fondazione". La tipologia costruttiva del mausoleo
è "presumibilmente del tipo a recinto"
(detta anche a "recinzione funeraria", ndr),
contrassegnato da un riferimento realizzato generalmente
in opera quadrata che andava a delimitare una piccola
zona di terreno utilizzata anche come sepolcreto di
famiglia, al cui interno di solito si trovano l'ustrina
(dove avvenivano le cremazioni), are, cippi, stele o
anche strutture monumentali più complesse.
Oggi le pareti del singolare sepolcro sono spoglie del
rivestimento, probabilmente all'epoca realizzato con
lastre di marmo, lavorate e scolpite con motivi decorativi,
fregi e bassorilievi, che presero a diffondersi sul
finire dell'età repubblicana intorno alla metà
del I secolo a.C., quando tali materiali nobili cominciarono
ad essere usati nella realizzazione di edifici e templi.
Presumibilmente sulla parte frontale spiccava una epigrafe
che riportava incisa nell'epitaffio l'età e le
tappe fondamentali della vita del personaggio o della
famiglia lì sepolta, nel quale si raccontava
delle imprese militari, delle cariche assunte nelle
attività pubbliche e militari, e gli elogi sulle
virtù fisiche e morali.
Nel medioevo le necropoli abbandonate furono in buona
parte interrate, le tombe sventrate e private dei paramenti
esterni (i marmi e i travertini venivano di solito reimpiegati),
i monumenti venivano quindi ridotti al solo nucleo cementizio
così come vediamo il nostro: qui si riescono
ad individuare ancora i diversi livelli di riempimento
dell'opus caementicum, costituito da un impasto
compatto di scaglie di varie dimensioni di pietra calcarea
e malta, mentre lo spazio interno, oggi inaccessibile
e ricco di vegetazione spontanea, era probabilmente
la camera sepolcrale, che di solito veniva arricchita
con corredi e ornamenti.
Come doveva apparire l'Appia
in uno dei suoi momenti di massimo splendore
(ricostruzione tratta dalla Pierers Universal-Lexikon,
1891)
Gli storici raccontano
come nell'antica Roma si utilizzavano differenti forme
architettoniche sepolcrali, realizzate per una sola
persona, per una famiglia o per un vasto gruppo (i cosiddetti
"colombari", uno di questi fu ritrovato nei
pressi di Porta Lecce da Giovanni Tarantini nel
1871, che poi fu "ignobilmente distrutto"),
pensate per la sepoltura dei corpi o per accogliere
le sole urne cinerarie. Negli anni di transizione tra
l'epoca repubblicana e quella imperiale divennero sempre
più frequenti i sepolcri eretti per celebrare
lo status sociale dei defunti, in quel periodo si svilupparono
numerosi monumenti funerari come affermazione del gusto
per l'autocelebrazione, adornati da cornici, sculture
e decorazioni simboliche. Generalmente la tomba del
defunto era posta sotto le fondazioni, a volte dentro
un cinerario. Attorno ai monumenti dei personaggi di
alto rango (realizzate a pianta circolare o quadrata,
con prospetto a edicola, a tempietto o a piramide) si
addensavano strutture di dimensioni più piccole
con sepolture a fossa o a camera. Le necropoli e i mausolei
venivano innalzati quasi esclusivamente ai margini delle
principali strade consolari, sempre e comunque fuori
dalle mura cittadine, in quanto era proibito tumulare
i defunti all'interno della città. Un importante
esempio è visibile nel Parco della Via Appia
a Roma, dove l'asse viario è fiancheggiato da
numerosi resti di tombe e sepolture, così come
avveniva in prossimità di altri centri abitati
incontrati dalla consolare.
La Via Appia Antica fiancheggiata
dai monumenti funerari
Anche a Brindisi,
soprattutto in età romana imperiale (30 a.C.
- 476 d.C.), chi aveva la possibilità di costruirsi
un "monumentum" funebre completo di apparato
decorativo, lo faceva spiccare sul margine di una delle
strade principali (l'Appia o la Traiana), in maniera
da accompagnare i viandanti diretti o provenienti da
Roma: era uso per i viaggiatori leggere ad alta voce
i testi incisi sulle epigrafi che facevano parlare in
prima persona il defunto, questi si rivolgeva direttamente
al passante salutando e dispensando consigli, a chi
si fermava gli veniva di solito augurato ogni bene e
ringraziato per averlo fatto, era anche un modo per
conoscere il prestigio e ammirare le gesta - e la ricchezza
- del personaggio lì sepolto.
I resti del sepolcro individuato nell'ultimo tratto
della Regina Viarium "costituiscono l'unica
testimonianza in situ dei monumenti funerari che dovevano
sorgere lungo l'Appia, nell'area della necropoli occidentale
di Brindisi che si estendeva immediatamente all'esterno
dell'odierna Porta Mesagne" spiega la dott.ssa
Cocchiaro nel suo interessante lavoro. In effetti in
tutta quella zona era già stata rilevata una
strutturazione degli spazi funerari collocabili cronologicamente
tra il III sec. a.C. e il II sec. d.C., alcune di queste
sepolture furono purtroppo demolite. L'interesse archeologico
dell'area, attestata anche dalla presenza delle cosiddette
"vasche limarie" (leggi)
sempre di epoca romana, rimaste inglobate nelle fortificazioni
cinquecentesche, avrebbe dovuto garantire la salvaguardia
e la valorizzazione di questi ritrovamenti, compresa
la vicina e importante opera difensiva, un fossato scavato
nel banco di roccia risalente all'età romana
repubblicana, individuata nel dicembre del 1990 e studiata
nell'aprile dell'anno successivo.
Ma questa è un'altra storia.
Fotogallery (clicca per ingrandire)
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Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n. 217 del 24/9/2021
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