Monumenti - LE VASCHE LIMARIE
DELL'ACQUEDOTTO ROMANO
Gli imponenti resti
delle vasche limarie, o piscine
limarie, presenti su via Cristoforo Colombo,
sul lato destro di Porta Mesagne per
chi entra, erano parte integrante dell’acquedotto
di epoca romana. Attraverso un condotto sotterraneo
che seguiva la naturale pendenza del terreno, qui confluivano
le acque potabili raccolte nel bacino di Pozzo
di Vito, sito a circa 12 km a ovest della città.
Le vasche potrebbero essere state realizzate già
in epoca tardo repubblicana e collocate, secondo la
regola e la tradizione del tempo, a ridosso delle mura
della città romana.
Le piscine furono parzialmente demolite e coperte da
un terrapieno nel 1530 durante la costruzione della
nuova cinta muraria voluta da Carlo V d'Asburgo. Vennero
portate alla luce quando si pensò di abbattere
il tratto di cortina muraria che da porta Mesagne andava
verso il bastione di San Giorgio; dal 1884, in occasione
della costruzione di una nuova strada (l’odierna
via Cristoforo Colombo), si susseguirono una serie di
controversie che portarono poi alla rimozione del terrapieno
e allo studio dell’importante monumento.
Le Vasche limarie, resti della
cisterna meridionale con i pilastri
L’intera costruzione,
unico esempio di Castellum Aquae
di tutto il Salento, conteneva una serie di camere successive
e comunicanti che servivano a purificare – per
decantazione - le acque dalle sabbie e dal limo in sospensione
trasportato lungo tutto il tragitto del condotto romano
(specus), prima di essere ripartite alle diverse
fontane e cisterne della città: dalla vasca di
prima confluenza l’acqua veniva fatta defluire
alle cisterne successive, in maniera da permettere la
sedimentazione delle impurità sul fondo.
La tipologia delle piscine limarie è simile ad
altri sistemi di idrici di raccolta, purificazione e
distribuzione delle acque potabili presenti in altre
zone d’Italia (Ostia, Propaganda Fide, Falerio,
Herdonia ecc.).
Planimetria delle Vasche limarie
- da [2]
Quello che rimane
dell’intera struttura, orientata secondo un asse
nord-ovest sud-est, si sviluppa su una lunghezza
di 51 metri e una larghezza di 11,20
metri; era composta da almeno tre vasche successive
e comunicanti, coperte da una volta a botte
che si impostava a circa 4,90 metri dalla base. Presumibilmente
le coperture furono demolite perché superavano
in altezza le nuove mura ed anche per far posto al terrapieno.
Le pareti e le volte sono in opus caementicium
e in opus letericium, il muro
interno trasversale in opus reticulatum,
mentre il pavimento è in lastre di terracotta.
I muri interni e i piloni laterizi sono intonacati con
sabbia, calce e frammenti di tegole per uno strato di
circa 2 cm.
La parete perimetrale occidentale a ridosso della cinta
muraria, alta poco più di 5 metri, è pressoché
lineare, mentre quella opposta (lungo via C.Colombo)
presenta due ripiegature verso l'interno a forma quadrangolare,
una per ogni ambiente. Questo lato è in buona
parte distrutto e si eleva mediamente per circa 1,7
m. Entrambe le pareti perimetrali hanno uno spessore
di circa 80 cm.
La vasca maggiore(A),
quella più a sud, è lunga 29,28 e larga
8,10 metri, era divisa in due strette navate dai sei
pilastri quadrangolari (1)
- lato di 1,20 m. - allineati al centro della vasca
sull'asse del lato maggiore, che lasciano ipotizzare
una preesistente copertura con doppia volta a botte,
poggiante da una parte sui muri perimetrali e dall’altra
sui pilastri centrali.
La vasca settentrionale(B)
misura internamente 16,18 m di lunghezza e 8,55 di larghezza.
La canaletta sulla
pavimentazione (2)
di entrambe le vasche ed il condotto (3)
presente all’angolo più a nord della vasca
grande, verso cui era diretta la pendenza, servivano
a smaltire le acque ed il limo depositato prima e durante
dei lavori di pulizia delle cisterne.
La canaletta(2)
incassata sul pavimento ha una sezione a U (18 x 16
cm) e presenta una diramazione ad Y su entrambe le vasche;
il condotto rettangolare (3),
largo 80 cm, aveva copertura alla cappuccina e s’inoltra
diagonalmente nella piscina per circa 4 metri; l’ingresso
(oggi occluso) è alla base del muro perimetrale
ad ovest.
Quasi in corrispondenza di questo cunicolo, ad un’altezza
di circa 1,98 metri dal pavimento, vi è un foro
(otturato con malta) del diametro di circa 24 cm (4),
che probabilmente serviva a regolare del livello idrico
(troppo pieno). In passato questa apertura fu creduta
come ingresso del canale di adduzione delle acque.
Sull’angolo del muro di fronte è presente
un altro arco(5)
- anch’esso chiuso - che potrebbe essere stato
utilizzato come ulteriore scarico o comunque come apertura
per una condotta idrica.
Lungo la base dei muri perimetrali vi sono dei cordoli
che servivano ed eludere le infiltrazioni e le perdite
d’acqua, ricoperti, nella vasca più grande,
dalle lastre della pavimentazione (6).
Questi muri sono realizzati con blocchetti irregolari
in calcare che si alternano a fasce orizzontali di laterizi.
Il muro trasversale(7)
che divide le due cisterne è aperto e permetteva
il passaggio dell’acqua tra i due ambienti, la
larghezza originale dell’apertura era di 1,40
m; in realtà entrambe le camere hanno un proprio
muro e le tecniche costruttive differenti lasciano intendere
che le vasche non fanno parte di un’unica costruzione
ma sono state realizzate in tempi diversi, forse come
ampliamento del castellum dovuto ad una maggiore richiesta
e/o flusso di acqua.
Anche tra la vasca minore e quella successiva a nord
(C),
quasi del tutto distrutta, vi era un muro divisorio
(8)
con un’apertura di 80 cm di larghezza posta a
60 cm dal pavimento. Di questa terza vasca
resta solamente il muro dello spessore di 60 cm che
si posa sulla parete a nord della vasca centrale.
La pendenza di entrambe le vasche è verso sud,
ovvero in direzione della cisterna più grande.
Non vi sono riferimenti sul sistema di ingresso e di
erogazione dell’acqua, ma si suppone che la condotta
di immissione entrasse nella vasca a nord (C)
- quella più vicina a Porta Mesagne, non più
esistente - attraverso la parte alta del muro, di cui
non rimangono tracce.
Particolare della parete perimetrale
occidentale, costituita da blocchetti calcarei e fasce
di laterizi
Interessanti studi,
rilievi e relazioni furono redatte negli anni tra la
fine dell'800 e i primi del '900 a cura di ispettori
e sovrintendenti dei Beni Archeologici, principalmente
da Giovanni Tarantini e Giuseppe
Nervegna, che si adoperarono per salvaguardarne
l’integrità. All'epoca le strutture risultavano
quasi completamente coperte dal terrapieno delle fortificazioni
cinquecentesche, ma già si distinguevano le due
vasche principali ed il muro trasversale di separazione
con l'apertura di comunicazione tra le due vasche, oltre
alla porzione della copertura a botte.
In precedenza erano a vista solo alcuni tratti e pertanto
furono formulate altre ipotesi sulla possibile funzione
della struttura: Andrea Pigonati la considerò
un bagno pubblico mentre François Lenormant credette
fossero cubicoli sepolcrali.
Si è rischiato persino la demolizione totale
e parziale delle piscine, in particolare del muro orientale
definito dal sindaco dell’epoca come “muricciolo
di pietre informi”, che ostacolava l’allineamento
della costruenda strada. Da una parte Giovanni Tarantini
e Giuseppe Nervegna a sostenere l’importanza del
monumento di epoca romana, dall’altra l’amministrazione
comunale decisa in ogni modo nel suo intento distruttivo,
sostenuta dall’opinione del Genio Civile. La querelle
vide in più occasioni l’intervento del
Ministero dell’Istruzione Pubblica che si espresse
per la salvaguardia delle piscine.
Una volta completata la rimozione del terrapieno, avvenuta
nel 1892, nella vasca principale furono scoperti i sei
pilastri quadrangolari (1)
e nel 1895 si dispose di creare un condotto sul pavimento
originale, sottoposto rispetto il piano stradale, per
permettere il deflusso delle acque piovane che ristagnavano
e causavano “esalazioni nocive”.
Nel 1913, durante
l'ampliamento dell'officina elettrica sita oltre la
cinta muraria (oggi via Bastioni S.Giorgio, dove insistono
gli ex locali dell'agenzia Enel), e la rimozione del
terreno di riempimento presente tra le fortificazioni
e le vasche, vennero alla luce i quattro grossi pilastri(9)
alti 4 metri, addossati sul lato esterno alla parete
della vasca maggiore, oggi non più visibili.
Questi piloni servivano a consolidare la struttura come
contrafforti di contenimento della pressione dell'acqua
sui muri delle vasche. Si suppone pertanto che anche
i muri sul lato opposto venissero sostenuti da altrettanti
piedritti con funzioni di sostegno della spinta idrostatica.
Gli altri elementi oggi non più visibili sono
i tre contrafforti(10)
posti all'esterno del muro corto a sud della vasca maggiore
(A)
che erano stati indicati nei rilievi del 1892.
Per lungo tempo e
sino alla fine degli anni ’80 le vasche limarie,
ed alcuni ambienti dell’attiguo bastione, furono
occupati dal pub “La Tortuga”, un locale
poi demolito durante il restauro delle vasche.
Testo
di Giovanni Membola
Ringraziamenti
Si esidera ringraziare la dott.ssa Giovanna Cera per
la cortesia e la disponibilità nel fornire le
sue pubblicazioni.
Si ringraziano inoltre Danny Vitale e Antonio Mingolla
(GAB) per alcuni dei rilievi fotografici e il prof.
Giacomo Carito per le determinanti indicazioni e precisazioni.
Fotogallery
- clicca per ingrandire
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
1 - Vasche
limarie, cisterna meridionale (A)
vista dall'alto
2 - Vasche limarie, cisterna centrale (B)
vista dall'alto
3 - Vasche limarie, i pochi resti della cisterna
a nord (C) - a ridosso
di Porta Mesagne - vista dall'alto
4 - Particolare del condotto (3)
di smaltimento dell'acqua e del limo
5 - Vasche limarie, cisterna centrale (B)
e in alto i resti della volta di copertura
6 - Uno dei sei pilastri quadrangolari (1)
della vasca meridionale (A),
con i resti dell'intonaco idraulico
7 - Ambiente meridionale (A)
con i pilastri quadrangolari (1)
8 - I muri divisori (8)
tra le due vasche minori (la passerella copre l'apertura
di comunicazione originale)
9 - Arco (5) sul muro
ad est della vasca maggiore (A)
con la canaletta (2)
incassata al pavimento
10 - Particolare della diramazione della canaletta
(2) incassata al pavimento
nella vasca meridionale (A)
11 - Lastre della pavimentazione e di copertura
del cordolo (6) utile
ad evitare le perdite di acqua
12 - Il condotto (3)
di smaltimento idrico e del limo. Si notano i resti
delle tegole di coperuta alla cappuccina
Bibliografia
G. Cera. Il sistema
di approvvigionamento idrico urbano di Brundisium,
in La forma della città e del territorio,
vol.3, a cura di Lorenzo Quilici e Stefania
Quilici Gigli. Roma 2006
G. Cera. Le cosiddette
Piscine Limarie di Brindisi, da Spazi,
forme e infrastrutture dell’abitare
a cura di L. Quilici,S. Quilici Gigli. Roma
2008
G. Carito. Brindisi -
Nuova Guida. Brindisi 1993
L. Casone. Restauri
a Brindisi tra ottocento e novecento. Demolizioni,
ripristini, reinterpretazioni. Lecce
2006
Video:
L'ACQUEDOTTO ROMANO DI BRINDISI
(Servizio del programma Terre del Salento del
3 ottobre 2014 in onda su Tele Rama)