LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
L'ACQUEDOTTO
ROMANO
I Romani, grandi
costruttori, realizzarono pure a Brindisi, nel
I secolo d. C., sotto l'imperatore Claudio (10
a. C. circa-54 d. C.), un acquedotto
che portava acqua alla città dalla zona acquifera
di Pozzo di Vito (a metà strada
tra Brindisi e San Vito dei Normanni, a Nord
della strada statale 16, l'Adriatica). Qui fu
costruita una grande vasca cilindrica, nella
quale confluivano - per mezzo di ben costruiti
cunicoli filtranti - le acque degli altri pozzi
dei dintorni; lungo la strada per giungere in
città (dodici chilometri), l'acquedotto romano
raccoglieva le acque di altri pozzi appositamente
scavati.
» Scheda
sul bacino di Pozzo di Vito
Prima
di entrare in città ed essere utilizzata per
usi potabili, l'acqua veniva depositata nei
serbatoi costituiti dalle grandi "vasche
limarie" (foto
a lato), delle
quali le parti rimaste - ora restaurate - si
trovano a lato del bastione di Porta Mesagne,
dove restava per qualche tempo per far precipitare
sul fondo il fango (il "limo"). La magnifica
volta del grande serbatoio fu demolita, e le
vasche furono interrate, allorché si rese necessario
- nel 1530 - costruire le nuova mura a difesa
della città, cui provvide il generale Ferdinando
di Alarçon, per conto di Carlo V d'Asburgo.
Le vasche
furono scoperte nel 1886, in occasione dello
sterro operato nel terrapieno per l'apertura
di una strada.
» Scheda
sulle Vasche Limarie
Un altro serbatoio,
comunicante con la rete di quell'antico acquedotto,
e cunicoli filtranti furono ritrovati sotto il piano
stradale della via Pozzo Traiano, prima
della salita S. Dionisio: l'imperatore romano (52-112
d. C.) del quale porta il nome, che si trovava a Brindisi
con l'esercito in attesa del tempo favorevole per imbarcarsi
per le sue campagne orientali contro Armeni e Parti,
ne avrebbe ordinato la costruzione per provvedere di
acqua i soldati e i cavalli, evidentemente acquartierati
in quell'area, nelle vicinanze del porto. Più
che un pozzo sembra un grande deposito (conserva) d'acqua,
collegato all'acquedotto che alimentava le fontane della
città; sino alla fine dell'800 era detto dai
brindisini il "pozzo della città".
Altra acqua giungeva in città dal fiume di Celano,
chiamato nell'uso popolare Cerano, che per buona parte
scorreva "celato" sottoterra.
Nell'attuale porto
medio (considerato esterno prima della costruzione del
Castello Alfonsino), defluivano le acque di due fiumi,
grande e piccolo, una volta denominati "Delta"
e "Luciana". Sullo stesso lato, in località
Apollinare (da un tempio dedicato ad Apollo), furono
ritrovati resti di terme romane, alimentate evidentemente
dalla grande disponibilità di acqua dolce. Altri
avanzi di antiche terme furono ritrovati nel 1925 in
piazza Vittoria, durante i lavori per le fondazioni
del palazzo delle Poste, e in piazza Crispi nei pressi
del bastione S. Giorgio. Sulla sponda opposta del porto
medio vi erano le "fontanelle", sorgenti di
acque potabili, celebrate probabilmente da Virgilio
nell'Eneide, e - più vicina al canale - la sorgente
chiamata dai brindisini "abisso", ma anche
pozzo di Plinio, perché fu studiata da Plinio
Caio Secondo il vecchio (23-79 d. C.), che scrisse nella
sua monumentale "Storia Naturale": 'Brundusii
in portu fons incorruptas praestat aquas navigantibus'.
Una volta c'erano
due colli all'imbocco dell'attuale canale Pigonati (il
più alto era quello posto sul lato del Casale),
che furono spianati da Cesare in occasione della guerra
civile con Pompeo, per restringere l'accesso al porto
interno: da questi e dagli altri colli sgorgavano acque
abbondanti e dolcissime. La disponibilità di
acqua rendeva il terreno agricolo molto fertile, tant'è
che Strabone scrisse: 'Fertilior ager Brundusinus,
quam Tarantinus'. Le colline che si affacciano
sul porto interno (promontorio di S. Andrea, dove sono
ora le chiese di S. Paolo e S. Teresa, il sito delle
colonne e, al lato opposto, S. Maria del Monte) erano
piene di giardini, di uliveti e vigneti. Una fonte di
acqua salata, che nel Medioevo ha dato il nome al rione
(pitagio) detto della Fontana Salsa, si trovava tra
il Castello grande e S. Paolo. Molta acqua dolce finiva
in mare, tra cui quella condotta dai canali Cillarese
e Patri, che sboccano nelle insenature del porto interno:
il primo nel più lungo seno di ponente, dove
sono il termine dell'antica via Appia e il Castello
grande; il secondo nel seno di levante.
Testo di Roberto
Piliego
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