Monumenti - IL BACINO DI
POZZO DI VITO
“Pozzo
di Vito”, il bacino di raccolta delle acque di
epoca romana
Nonostante l’incuria resiste ancora dopo duemila
anni dalla sua costruzione
Rappresenta una delle
più interessanti opere dell’ingegneria
idraulica romana di tutto il Salento, una meraviglia
dell'archeologia locale che purtroppo solo in pochi
conoscono.
E’ il grande bacino di raccolta delle acque di
falda che alimentava il sistema di approvvigionamento
idrico alla città di Brindisi in epoca romana
(I - II secolo d.C.), situato in località Pozzo
di Vito a circa 9 km a ovest del centro abitato,
nei pressi dell’ex base Usaf e a ridosso del canale
Lapani (nome originale di quello che, per un errore
di trascrizione, oggi chiamiamo Apani).
Pozzo di Vito. Il bacino è
all'interno della vegetazione spontanea
(ph. Giovanni Membola 2012)
Nella vasca confluivano
le acque dei pozzi scavati nei dintorni attraverso quattro
cunicoli (specus) sotterranei, un quinto cunicolo, poco
più grande degli altri, portava l’acqua
alla città seguendo la naturale pendenza del
terreno in un percorso lungo circa 12 km che da contrada
Marmorelle giungeva nei pressi delle masserie Restinco,
Cillarese, Scalella per poi svoltare e seguire parallelamente
la via Appia e giungere alle vasche limarie
di Porta Mesagne, dove l’acqua veniva purificata
per decantazione dalle particelle sospese, e quindi
distribuita alle fontane e alle cisterne della città
romana.
La foggia di Pozzo
di Vito è un’ampia vasca scoperta a forma
circolare del diametro di ben sette metri e mezzo, profonda
poco più di sei metri, che attualmente versa
in uno stato di pessima conservazione, colma di acqua
stagnante e circondata da vegetazione spontanea che,
per spinta delle radici, sta inesorabilmente danneggiando
le pareti laterali di contenimento. Un muretto più
recente circonda il bacino evitando l’ingresso
casuale di animali e persone.
Il bacino di Pozzo di Vito (ph.
Giovanni Membola 2012)
La vasca fu scoperta
nel 1864 durante la valutazione del territorio provinciale
della Terra d’Otranto necessaria a costruire pozzi
artesiani utili all’irrigazione dei campi, incarico
affidato all’idrologo francese Aristide
Mauget. Un interessante rilievo del bacino
fu redatto in data 22 marzo 1888 su un rotolo in cartoncino
dove venne rappresentata la planimetria e la sezione
in scala 1:100 della vasca – all’epoca pressoché
integra - insieme ai prospetti in scala 1:20 dei cinque
specus.
Negli anni ’70 studi più approfonditi furono
condotti dal prof. Cesare Marangio,
docente universitario e autorevole conoscitore della
Brindisi Romana, che nel suo lavoro ha confermato la
tipologia della muratura laterale di rivestimento del
pozzo, avente uno spessore di 80 cm. In particolare
partendo dalla base e per un’altezza 1,10 metri,
la muratura fu realizzata in “opera quadrata”
(opus quadratum), quindi una lista di mattoni
da 4 cm la divide dalla parte superiore in “opera
reticolata” (opus reticulatum, tecnica
edilizia che dava forma ad un reticolo diagonale in
rilievo sulla parete). Il livello dell’acqua misurava
poco più di 3 metri dal fondo, la stessa quota
rilevata nel 1888.
l bacino di Pozzo di Vito. Particolare
dell'opus reticulatum sulle pareti laterali
(ph. Giovanni Membola 2012)
Le condotte erano
– e speriamo lo siano ancora - caratterizzate
dalla volta ad arco rialzato ed erano larghe circa 60
cm, lo specus ad est che portava l’acqua
alla città era alto poco più di due metri
e si poggiava sulla platea arenaria, gli altri quattro
condotti misuravano un’altezza di circa 1,50 metri
e poggiavano su una base di tufi, rialzati di circa
30 cm dal fondo. Anche queste gallerie erano rivestite
con opus quadratum e reticulatum e
risultavano ingombre da detriti già dopo 2-5
metri dall’ingresso; alcuni elementi specifici
permisero agli studiosi di ipotizzare interventi di
risistemazione di uno di questi corridoi sotterranei
nel corso del IV sec. d.C.
I rilievi del bacino di Pozzo
di Vito redatti nel 1888.
A sx la planimetria, a dx sopra la sezione e in basso
la sezione di uno dei cunicoli (specus)
Il toponimo del luogo
risalirebbe, secondo un racconto popolare che gli anziani
contadini della zona ricordano bene, alla scomparsa
nel pozzo di un certo Vito e del suo cavallo, caduti
accidentalmente con tutto il calesse e mai più
ritrovati.
Testo
di Giovanni Membola
Pubblicato sul quotidiano
Senzacolonne
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