LANTICA
ARTE DEL POMODORO DI "PENNULA" PER LINVERNO
Gli ultimi eredi dellantica tradizione spiegano
quali sono gli accorgimenti per coltivare e soprattutto
conservare i pomodori per lintero inverno, in
maniera del tutto naturale
L'esigenza di preservare per i mesi
invernali i prodotti della terra così da poterli
consumare fuori stagione, mantenendo inalterate per
lunghi periodi le caratteristiche organolettiche,
è stata compresa sin dalle epoche più
remote. Nei secoli si sono evolute una serie di pratiche
utili a conservare alimenti e ortaggi il più
a lungo possibile, procedimenti naturali e genuini
tramandati per generazioni e generazioni che non necessitano
di alcun apporto tecnologico: oltre all'essiccazione,
l'affumicatura, la salatura e la bollitura, alcuni
prodotti dell'orto possono essere mantenuti anche
per intere stagioni rispettando solo alcuni semplici
accorgimenti, un esempio su tutti è il pomodoro
da serbo, più comunemente noto come di "pennula",
uno dei metodi dell'arte culinaria pugliese (e di
altre realtà meridionali) di conservazione
del tipico prodotto agricolo tenendolo appeso in un
luogo asciutto e areato per poterlo consumare come
fresco durante tutto l'inverno.
U na modalità che per certi versi può
sembrare estremamente semplice, ma in realtà
richiede alcune particolari accortezze, essenziali
al fine di ottenere un risultato duraturo e di qualità.
Scopriamo quali sono con l'aiuto di alcuni contadini
e massaie, forse gli ultimi eredi dell'antico sapere
contadino.
Tutto inizia dalla scelta della
varietà da mettere a semenzaio (in gergo chiamata
"rodda"). Oggi si è quasi costretti
a utilizzare piantine di cultivar ibride che non possono
essere riprodotte in proprio come nel passato, quando
il contadino selezionava alcune bacche delle varietà
autoctone, ormai quasi del tutto estinte, dal quale
estraevano i semi rispettando rigorosamente tempi
e modalità ben precise: si lasciavano a riposo
per alcuni giorni insieme alla parte gelatinosa della
polpa, quest'ultima fermentando sanificava in maniera
naturale i semini, quindi si eseguivano una serie
di lavaggi per la separazione delle parti e l'essiccazione
al sole. In primavera i semi venivano fatti germogliare
in piccoli contenitori tenuti al buio e a contatto
per alcuni giorni con un panno umido, non appena fuoriuscivano
i primi germogli era necessario interrarli, ad una
profondità di qualche centimetro, all'interno
di una particella di terreno già pronta e lavorata,
che veniva generalmente protetta da un telo di plastica
trasparente, così da mantenere il giusto grado
di umidità e la temperatura costante. Dopo
alcune settimane, dalla "rodda" si prelevavano
le piantine più robuste ed alte poco più
di dieci-quindici centimetri, e per fare in modo che
le radici venissero estratte integre, si bagnava bene
il terreno prima di sfilarle delicatamente. Stessa
accortezza quando avveniva la messa a dimora nel terreno,
già lavorato e pulito, l'operazione di solito
si eseguiva sempre nei giorni della "Luna crescente",
infatti secondo le credenze contadine ciò assicura
piante forti e vigorose e una produzione abbondante
e di qualità. Tale operazione andava fatta
possibilmente al mattino presto o nel tardo pomeriggio,
così da evitare eccessivi stress termici. Da
qualche tempo è molto più semplice acquistare,
nei vivai di fiducia o nei mercati, le piantine già
radicate in contenitori alveolari in polistirolo,
il costo è decisamente più alto e il
risultato non è sempre garantito.
Anche la scelta del terreno e l'irrigazione
alla coltura sono determinanti per l'ottenimento di
un prodotto idoneo alla lunga conservazione: un terreno
sciolto e argilloso è da preferire a quello
sabbioso meno adatto a trattenere l'umidità
naturale, la solanacea, infatti, necessita di basso
apporto idrico, a maggior ragione quando il frutto
deve avere maggiore conservabilità, in questo
caso l'irrigazione deve essere ancora più limitata.
Solo così si riesce a produrre pomodori più
resistenti agli agenti atmosferici grazie alla formazione
di una buccia più coriacea e polpa compatta.
È anche importante che la pianta cresca e si
sviluppi ad una esposizione al sole diretto per almeno
sei-otto ore al giorno, ciò permette un miglior
risultato in quantità.
Le piccole bacche tondeggianti devono poi essere raccolte
a grappoli prima della loro completa maturazione,
solitamente dopo la metà di agosto, anche questa
è una fase delicata che richiede un pizzico
di accortezza e l'utilizzo di forbici o coltellini,
è necessario inoltre asportare i frutti non
integri, che deteriorandosi potrebbero rovinare tutto
l'insieme. Nel giro di poche ore, tre o quattro al
massimo, i grappoli di pomodori devono essere appesi
sulla corona, se si ritarda alcune bacche possono
iniziare a cadere: si procede mettendosi comodi e
armandosi di tanta pazienza, si prepara il filo di
ferro zincato chiuso ad anello (o anche una corda
in cotone sottile e resistente), lo si aggancia su
un'asta orizzontale, e si inizia ad infilare delicatamente
i grappolini di pomodori nel filo, alternandoli nel
senso della direzione in maniera che la corona sia
bilanciata e armonica nella sua formazione. Per avere
una "pennula" di pomodori perfetta e durevole
nel tempo, gli esperti maestri di questa tradizione
suggeriscono di non comprimere i grappoli sovrapposti,
si assesteranno naturalmente nelle settimane successive.
È possibile, inoltre, utilizzare dei piccoli
distanziatori per non far toccare i palchi, è
necessario altresì non superare mai i quattro-cinque
chili di peso complessivo, per evitare la rottura
o la deformazione della corona.
Una volta completata la preparazione della pennula,
nota nel Salento anche come "la 'nzerta",
essa viene appesa sui muri o sulle travi in ambienti
ben areati e asciutti, tipo cantine, sottotetti, porticati
e cortili, l'importante è che i pomodori siano
protetti dalla luce diretta (molto meglio se sono
in penombra) e dalla pioggia; la scelta del luogo
è determinante per non compromettere la qualità
del prodotto e preservarne per diversi mesi i sapori,
la freschezza e le qualità organolettiche.
Oltre ad ottenere un effetto particolarmente scenografico,
decisamente gradevole da vedere, questo metodo permette
di consumare i pomodori fuori stagione, talvolta anche
sino alla primavera inoltrata o l'estate successiva,
per numerosi utilizzi e preparazioni culinarie quotidiane,
soprattutto come condimento fresco di insalate, frise,
focacce e soprattutto sulle fette di pane abbrustolito,
insieme ad un filo di olio e spicchi di aglio strofinato.
L'importante è che la bacca conservi una consistenza
piuttosto spessa della scorza, utile a preservare
la polpa - soda e compatta - dalle condizioni esterne,
solo così vengono salvaguardate nel tempo le
importanti caratteristiche nutrizionali (carotenoidi,
vitamine A e C, sali minerali quali calcio, ferro
e potassio) e i relativi effetti benefici.
Nel nostro territorio il "pomodoro
d'inverno" è sinonimo anche di "Gialletto",
così conosciuto per la tipica colorazione dorata,
ideale per preparare uno dei più gustosi e
succulenti piatti della cucina povera tradizionale,
il cosiddetto pomodoro "scattarisciato"
o "skattato", termine riferito allo scoppiettare
nell'olio bollente del frutto mentre il calore rompe
la sua buccia e ne fa fuoriuscire un sughetto profumato
e saporito, da mangiare così com'è accompagnato
da una fetta di pane casereccio o per condire la pasta.
Ormai sono rari i contadini che preparano le pennule
e le curano con l'attenzione dovuta, è infatti
necessario controllarle costantemente per eliminare
le bacche essiccate e quelle marcescenti, solo così
possono portare sulle tavole pomodori sani e dal sapore
originale. È ormai divenuto un prodotto raro,
di nicchia, sebbene ultimamente sia stato riscoperto
ed apprezzato in ambito gastronomico. Oggi le coltivazioni
in serra permettono di trovare pomodori di ogni tipo
e in ogni periodo dell'anno, decisamente meno squisiti
e profumati rispetto a quelli maturati al sole estivo.
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n. 232 del 7/2/2022