BRINDISI ATTRAVERSO LA STORIA
GLI
ANTENATI DEI BRINDISINI
I VENEZIANI (8^ parte)
Il
pericolo costituito dall’avanzata dei Longobardi
spinse gli abitanti della terraferma veneta a rifugiarsi
sulle isole lagunari. Solo dal 726 sono attestati dogi
(dal latino “duces”) locali, che avevano
un potere assoluto. Dai bizantini i Veneziani ottennero
notevoli privilegi commerciali; così che in occasione
della quarta Crociata (1202-04) giunsero ad estendere
i loro interessi commerciali sino al mar Nero. Nel 1454
Venezia era uno dei cinque maggiori stati italiani.
La scoperta dell’America (1492) segnò la
fine della sua potenza marinara. Sconfitta da Napoleone
nel 1797, fu assorbita nel 1814 nel regno Lombardo-Veneto,
dominato dall’Austria. Nel 1866, con la terza
guerra d’indipendenza, entrò a far parte
del regno d’Italia.
Il mar Adriatico era
considerato il golfo di Venezia, e il porto di Brindisi
era uno dei punti-chiave per il controllo del “golfo”,
sia in epoca normanna, che sveva, angioina, aragonese,
spagnola e borbonica. Anche l’isola di Corfù,
occupata nel 1386, era considerata una fortezza di grandissimo
interesse militare per la protezione degli interessi
economici veneziani, oltre che dei Paesi e delle regioni
che si affacciavano sull’Adriatico. Le navi dell’epoca
che solcavano l’Adriatico, e il Mediterraneo in
genere, erano le feluche, le fuste, gli sciabecchi,
le galere.
Il motto della Repubblica
di Venezia era “prudentia et fortitudo”
(saggezza e forza di carattere). I pugliesi ammiravano
dei Veneziani il carattere deciso, forte, spericolato,
la furbizia e il successo, la tenacia e la puntualità.
Sin dal 1174 è
documentata la presenza di case commerciali veneziane
a Brindisi. Al 1199 risale un trattato di pace e di
difesa scambievole tra Venezia e Brindisi, per combattere
i pirati genovesi e pisani.
I salentini esportavano
a Venezia i prodotti tipici pugliesi (vino e olio),
oltre a legumi, cera, seta grezza, mandorle, orzo, sale,
bestiame, formaggi, lane grezze, pesce salato, e prodotti
artigianali: canestri, ceramiche, piatti, bicchieri.
Dai Veneziani importavamo utensili di ferro e di rame,
mobili di lusso, specchi; cornici, vetrerie, zucchero,
caffè, drapperie, tappeti, tele, colori, e soprattutto
legnami della Stiria e della Carinzia, delle coste della
Dalmazia e dell’Epiro.
Le nostre olive erano
lavorate nei frantoi ipogei gestiti soprattutto dai
monasteri e dalle masserie più grandi e ricche.
Gli anni 1578 e 1579 furono particolarmente prosperi
per il porto di Brindisi.
Dal 1496 al 1509 Venezia
dovette fare i conti con la nuova potenza della Spagna
di Ferdinando il Cattolico, che si era insediata nel
Regno di Napoli in luogo degli sconfitti Aragonesi.
Per 13 anni Brindisi fu occupata dai Veneziani, che
fecero del nostro porto lo scalo normale delle loro
navi dirette in Oriente.
Nel 1496 il governatore
veneto di Brindisi, Priamo Contarini, indicò
in una relazione inviata alla Repubblica la composizione
della popolazione brindisina: soprattutto italiani,
poi albanesi, quindi schiavoni e greci. Agli immigrati
fu riservato uno spazioso recinto, nel centro cittadino,
che fu poi chiamato di San Pietro degli Schiavoni. Gli
Schiavoni, che abitavano l’Istria e la Dalmazia,
erano fedelissimi a Venezia, che li utilizzava nella
propria marina oltre che come truppe di terra.
Veneziani, ebrei,
slavi, armeni, albanesi, greci e altri rimasero qui
sino al Settecento. A Brindisi rimasero i Montenegro
e altre famiglie di origine balcanica. Molte famiglie
veneziane si trasferirono nel Salento, e in particolare
a Lecce.
(fine ottava parte)
Testo di Roberto
Piliego
nona parte: i
Turchi
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