LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
BRINDISI
BIZANTINA NEI CINQUECENTO ANNI PIU' BUI DELLA SUA STORIA
con un’appendice sul monachesimo orientale
in Puglia e in Brindisi
Dopo
la caduta dell’impero romano d’occidente,
dalla storia formalmente ascritta all’anno 476
d.C. con la cacciata dell’ultimo imperatore Romolo
Augustolo ad opera del generale Odoacre, la successiva
dominazione gotica sull’Italia,iniziata nel 493
con il re Teodorico sotto gli auspici dell’imperatore
d’oriente Zenone, culminò con il ventennale
conflitto greco-gotico che nel 553 vide vincitori i
Bizantini dell’imperatore Giustiniano il quale,
aspirando a integrare l’Italia all’impero
romano d’oriente, istaurò con quella lunga
guerra il dominio bizantino su tutta la penisola. Ma
la storia italiana, quasi d’immediato, ebbe a
registrare un nuovo incisivo scossone.
Dopo solo pochi -15- anni infatti, nel 568, provenienti
dal nordest ed entrati in Italia attraverso il Friuli,
in poco tempo i Longobardi strapparono ai Bizantini
una gran parte del territorio continentale italiano
a sud delle Alpi.
Posero la loro capitale a Pavia e raggrupparono le terre
sottomesse in due grandi aree: la Langobardia Maior,
dalle Alpi all'odierna Toscana e la Langobardia Minor,
costituita dai territori immediatamente a est e a sud
dei possedimenti centro nordici rimasti bizantini i
quali,attraverso parte delle attuali Umbria e Marche,si
stendevano da Roma a Ravenna.
Mentre la Langobardia Maior fu spezzettata in numerosi
ducati e tanti gastaldati, la Minor si articolò
in solo due potenti ducati, quello di Spoleto a nordest
di Roma e quello di Benevento che al sudest di Roma
comprese i territori della Lucania e buona parte di
quelli della Campania del Bruzio e della romana Apulia
dai quali, instancabilmente, i Longobardi per vari secoli
scorribandarono e dilagarono sui territori limitrofi,
creandovi spesso anche loro unità territoriali
stabili: i gastaldati.
I Bizantini allora,
incentrarono il loro potere residuo nell’Esarcato
di Ravenna, già capitale del regno italiano di
Goti e dove concentrarono il loro controllo nominalesu
tuti i territori italiani inizialmente risparmiati dall’invasione:la
Venezia e l'Istria; la Liguria; la Pentapoli; il Ducato
romano; il Ducato di Napoli e il Ducato di Calabria;
con inoltre la Sicilia, la Sardegna e la Corsica.
Quel possedimento meridionale, denominato ducato di
Calabria, fu fondato dai Bizantini nei territori situati
immediatamente ad est e a sud del caposaldo longobardo
di Benevento,integrando in un’unica entità
amministrativa i territori della penisola del Bruzio,
l’odierna regione calabrese, con quelli della
penisola costituita dalla parte meridionale della romana
Apulia e da tutta la romana Calabria, o odierno Salento
come preferir si voglia: due penisole certo ben separate,
ma inizialmente collegate da un’ampia fascia costiera
che si estendeva lungo la riva nord-occidentale del
golfo di Taranto.
In tutti i primi anni del dominio bizantino che nel
meridione italiano seguirono alla fine della guerra
greco-gotica, il malgoverno, l’esosità
dei funzionari greci, la corruzione imperante, il precario
stato di sicurezza delle vie di comunicazione terresti
infestate dal brigantaggio e, soprattutto, la miseria
generalizzata e lo spopolamento, furono tali che a Brindisi,
che pur fu sede di una delle prime comunità cristiane
costituitesi in Italia,alla fine del secolo non si riuscì
neanche ad eleggere un vescovo proprio, tanto che nel
595 il papa Gregorio Magno scrisse a Pietro, vescovo
di Otranto, perché provvedesse alla chiesa di
Brindisi priva di una guida dopo la morte del suo presule
e ve ne facesse pertanto eleggere uno, vigilando perché
non fosse elevato un laico alla dignità vescovile.
Nel corso del VI
secolo, dopo la guerra greco-gotica, infatti, fu Otranto
a subentrare nel ruolo che già era stato di Brindisi
e il collasso dei traffici commerciali segnò
il declino della città, sede vacante per un considerevole
lasso di tempo fra VI e VII secolo. Tutto il contrario
di quanto caratterizzò il precedente V secolo,
quando Brindisi con il suo porto ancora molto attivo
durante tutto il regno dei Goti, fu caposcalo per l’oriente,
centro principale dell’antica Calabria, e centro
d’irradiamento del cristianesimo nel Salento.
Nel 601 invece, non c’era ancora stata l’elezione
del vescovo, quando lo stesso papa Gregorio dovette
nuovamente rivolgersi al vescovo di Otranto, chiedendogli
di recarsi a Brindisi per far pervenire reliquie di
San Leucio, il cui corpo si venerava in Brundisii
Ecclesia, all’abate del monastero di San
Leucio in Roma, Opportuno, che ne aveva fatto richiesta
perché il suo monastero ne era stato privato
con un furto.
E Brindisi non costituiva di certo l’eccezione
nella Calabria bizantina: anche Lecce e Gallipoli, in
quel finire di VI secolo, non avevano potuto eleggere
il proprio vescovo. Situazioni tutte, conseguenza dell’abbandono
in cui erano evidentemente versati per anni il clero
e tutto il popolo in quelle città e in quell’intera
regione, che avevano a lungo subito, e che continuarono
a subire per altri secoli ancora, le continue angherie
e le prepotenze di un’amministrazione affidata
al governo di una serie di patrizi greci, che da Otranto
esercitarono il potere assoluto bizantino in nome dell’esarca
di Ravenna.
A partire dalla seconda metà del VI secolo, in
effetti, tutto il sistema economico salentino subì
un forte processo involutivo, quando Bisanzio non si
occupò di favorirne l’attività produttiva.
Brindisi in particolare, a tutto vantaggio di Otranto,
divenne un semplice porto di frontiera, ormai quasi
completamente fuori dagli itinerari commerciali importanti.
Tutto ciò, assieme allo spopolamento delle campagne
per le inumane condizioni di vita dei contadini, accelererò
una depressione che, iniziatasi in quel periodo, perdurò
per quasi cinquecento anni: fino all’inizio del
secondo millennio.
Nel 605, dopo aver
allargato copiosamente i confini del proprio territorio
e dopo aver tentato infruttuosamente di conseguire uno
sbocco stabile sul basso Adriatico a scapito dei Bizantini,
Arechi I, duca di Benevento, stipulò con quelli
un’instabile tregua, che durò solo fino
a quando l’imperatore bizantino Costante II sbarcò
a Taranto nel 663, liberando temporalmente quasi tutto
il meridione dalla presenza longobarda, senza però
poter espugnare Benevento, energicamente difesa dal
duca Romualdo e da dove, ad ogni nuova occasione, i
Longobardi sarebbero ripetutamente ritornati all’attacco.
Della Brindisi del VII secolo, durante gli anni che
precedettero la conquista della città da parte
dei Longobardi nel 674, non si hanno molte notizie specifiche,
tranne quelle, comunque approssimate e incerte, riguardanti
la sua storia arcivescovile, interrotta dal trasferimento
della diocesi a Oria, conseguente, appunto, alla venuta
dei Longobardi:
«Proculus, che
precedette Pelino come vescovo di Brindisi e che fu
venerato come beato, secondo l’Ughelli fu “romano
di nazione”. Diversamente, Guerrieri lo ritenne
brindisino, “ma di famiglia romana qui stabilitasi,
e il suo nome Aulo Proculo”.
Pelino, monaco basiliano (*) formatosi in Durazzo, in
quanto non aderente al Tipo, ossia all'editto dogmatico
voluto dall'imperatore bizantino Costante II nel 648,
e in quanto difensore dell’ortodossia, pensando
di trovare un asilo sicurocoi siri Gorgonio e Sebastio
e col suo discepolo Ciprio, si trasferì a Brindisii
cui vescovi venivano confermati da Roma.(*) In appendice
una nota sul monachesimo basiliano a Brindisi.
Seguita la morte
di Proculus, il non ancora quarantenne Pelino assunse
la dignità episcopale. Si mostrò in questa
veste, fermo e intransigente innanzi ai funzionari imperiali
che, infine, lo allontanarono dalla cattedra brindisina.
Deportato a Corfinio, in Abruzzo, venne lì condannato
a morte e ucciso, probabilmente nel 662 in uno con Sebastio
e Gorgonio, bibliotecari, ossia archivisti della sede
episcopale di Brindisi.
Ciprio, originario di Durazzo, figlio del retore Elladio
e discepolo di Pelino, si sarebbe trasferito a Brindisi
col suo maestro. Sfuggito alla morte in occasione del
martirio del maestro, in virtù della sua giovanissima
età, sarebbe tornato a Brindisi e sarebbe succeduto
a Pelino sulla cattedra episcopale. Poco lontano da
una delle porte della città, nei pressi della
chiesa di Santa Maria, avrebbe eretto una basilica in
onore di Pelino, un tempio che fu demolito nel tardo
XVI secolo.» -Giacomo Carito -
Dopo l’omicidio
dell’imperatore Costante II, avvenuto a Siracusa
nel 668, i Longobardi del duca Romualdo recuperarono
molti dei territori e delle città del meridione
d’Italia, occupando anche gran parte dello strategico
ducato di Calabria, in particolare Taranto e nel 674
anche Brindisi, che per la prima volta in centoventicinque
anni fu sottratta al governo dei Greci. Il dominio bizantino
nelle due penisole meridionali d’Italia si ridusse,così,
a solamente le città di Otranto eGallipoli con
il loro entroterra e a parte del Bruzio, territori tutti
che, integrati amministrativamente, continuarono comunque
a denominarsi ducato di Calabria, nonostante fossero
fisicamente separati di fatto in due pezzi completamente
distinti.
I Longobardi trovarono in Brindisi una città
in profonda crisi, con le antiche mura romane dirute,
così come la maggior parte degli edifici monumentali
dell’età classica. Quindi, la distrussero,
essendo un porto per essi inutile e difficile da difendere
contro gli abili navigatori bizantini, e fecero di Oria
il loro più forte caposaldo in Terra di Otranto,
un caposaldo facile da difendere trovandosi in una posizione
sopraelevata rispetto alla zona circostante.
In quegli anni era vescovo di Brindisi Prezioso, l’ultimo
residente in città prima del trasferimento della
sede episcopale a Oria, resa inevitabile proprio dalla
volontà longobarda di voler distruggere Brindisi.
Prezioso morì poco prima dell’arrivo dei
Longobardi e venne seppellito in un sarcofago con una
scritta quasi graffita ad indicare la sepoltura affrettata
fatta da una cittadinanza sbandata e, probabilmente,
già in fuga.
Brindisi, in effetti, con l’arrivo dei Longobardi
fu abbandonata e restò quasi priva d’abitanti,
con solo qualche sparuto gruppo di cittadini che si
stabilì intorno al vecchio martyrium
di San Leucio e pochi gruppidi Ebrei che restarono per
mantenervi un piccolo scalo marittimo per la loro colonia
oritana. In una città comunque ormai ridotta
a un parvissimum oppidum fortificato, molto
contratto rispetto all’antica urbe romana.
Un abbandono documentato anche dall’Anonimo tranese,
che descrisse la città quando i suoi concittadini
trafugarono nottetempo le spoglie del protovescovo Leucio
portandole a Trani, perché poi, depredate dai
Saraceni fossero da questi vendute al presule di Benevento.
Abbandono anche inevitabilmente associato alla già
consumata perdita di centralità del porto e confermato,ulteriormente,
dalla quasi totale mancanza di riferimenti a Brindisi
nelle fonti di quell’epoca.
Nel 750 i Longobardi del re Astolfo invasero da nord
l’esarcato bizantino e riuscirono a conquistare
la stessa Ravenna, capitale e simbolo del potere bizantino
in Italia. Poi, nel 753, l'ambizioso re longobardo invase
il ducato romano e assediò Roma. Il papa Stefano
II, sollecitò allora l'aiuto del re di Francia,
Pipino il breve, il quale discese in Italia, sconfisse
i Longobardi e costrinse Astolfo a cedere l’Esarcato
con la Pentapoli, però al papa invece che all’impero,
promuovendo con ciò la nascita formale di uno
Stato della Chiesa indipendente da Bisanzio.
I Longobardi dominarono
il centro-nord d’Italia per ancora vent’anni,
fino al 774, quando i Franchi del re Carlo, richiamati
dal papa Adriano, li sconfissero di nuovo a più
riprese e consegnarono alla Chiesa di Roma buona parte
del territorio centrale della penisola, dando così
inizio al potere temporale dei papi e separando del
tutto, anche fisicamente, la parte settentrionale dalla
meridionale dello stivale.
Mentre tutto il settentrione d’Italia passò
sotto l’influenza del sacro romano impero,
sorto con l’incoronazione papale di Carlo Magno
in San Pietro nel Natale dell’800, i territori
a sud di Roma ritornarono sotto il “nominale”
controllo bizantino, tranne Benevento che con tutto
il suo vasto territorio rimase autonomamente longobarda,
assurgendo a principato e conservando in parte il suo
dominio, o comunque una sua certa influenza, sulle aree
contigue, la nominalmente bizantina Brindisi inclusa.
E tranne la Sicilia, che nell'827fu occupata dagli Arabi
divenendo provincia musulmana,mentre,come conseguenza
di tale avvenimento, tutti i “nominali”domini
bizantini nell'Italia meridionale entrarono in situazione
di maggiore incertezza ed insicurezza, permanendo costantemente
alla mercé delle insidie degli irriducibili Longobardi
beneventani e delle razzie dei nuovi arrivati, gli imprevedibili
e violenti Saraceni.
Nell’838, infatti, Brindisi venne assalita, saccheggiata,
bruciata e poi spontaneamente abbandonata dalle bande
berbere, nonostante il sopraggiunto soccorso delle truppe
del principe beneventano Sicardo che, nella lotta intrapresa
per liberare la città, rischiò di perdere
la propria vita, comunque già destinata a una
fine imminente. Il suo regicidio dell’anno seguente
provocò la scissione del principato,con la proclamazione
di suo fratello Siconolfo a principe di Salerno e del
regicida Radelchi a principe di Benevento.
E i Saraceni, resi più baldanzosi da quelle lotte
intestine longobarde, nel giro di pochi anni dilagarono:
vicinissimo alla “pluri-distrutta” città
di Brindisi occuparono stabilmente Guaceto ove costruirono
un campo trincerato; s’impadronirono quindi di
Taranto e, soprattutto, fondarono l’emirato di
Bari.
Così, oltre
che dalla Sicilia, anche da Taranto e principalmente
da Bari, partirono per anni le incursioni arabe,sempre
più vaste e più incisive, dirette sulle
città e su tutti i territori dei residui domini
bizantini del meridione italiano.
Nell’850 fu eletto sacro romano imperatore Ludovico
II e scese nel sud d’Italia nel tentativo di liberare
le città pugliesi, Bari innanzi tutto, ma fallì
nell’intento contro i Saraceni, resi ancor più
audaci dai contrasti inevitabilmente sorti tra l’imperatore
e i principi longobardi, primordialmente interessati
a difendere e conservare la propria autonomia da ambedue
gli imperi.
Il successo sui Saraceni, ottenuto nell’864 da
Orso, doge di Venezia, permise per qualche anno la restaurazione
del dominio bizantino su Taranto, ma comunque non impedì
ai Saraceni di resistere di nuovo al sacro romano imperatore
Ludovico II che, ridisceso in Puglia nell’866,
in Terra d’Otranto solo riuscì a liberare
dall’occupazione araba Oria e Matera, mentre l’enorme
flotta di ben quattrocento navi inviatagli nell’869
da Costantinopoli per liberare Bari, abbandonò
l’Adriatico, si diresse a Corinto e lo lasciò
solo ed impotente. Ludovico, infatti,si era inspiegabilmente
ritirato a Venosa rifiutando di acconsentire al già
in precedenza accordato matrimonio di sua figlia, Ermengarda,
con Costantino, figlio dell’imperatore d’oriente
Basilio I.
Nel trascorso di quella campagna, con lo strategico
obiettivo di colpire i Saraceni dell’emirato barese,
intorno all’867 Ludovico II assediò e quindi
assaltò anche Brindisi, che nell’864 era
stata rioccupata dai Saraceni.
Dopo qualche anno, tra i due imperi si ristabilì
una certa collaborazione e Ludovico II poté puntare
su Bari, conquistandola finalmente il 3 febbraio dell’871,
liberandola dal trentennale dominio arabo,e facendo
prigioniero l’emiro Sawdan, che fu portato dal
principe Adelchi a Benevento, dove rimase incarcerato
per anni.
Quindi, venne anche la volta della liberazione di Taranto,
che era stata rioccupata nell’868 dai Saraceni;
e in quella occasione, tra l’878 e l’880,
l’azione spettò ai Bizantini dell’imperatore
Basilio I che, comandati dal generale Niceforo Foca,
la completarono dopo aver, nell’876, strappato
Bari all’influenza del principe beneventano Adelchi.
Poi, Niceforo Foca estese la controffensiva bizantina
globale su tutto il meridione italiano, riconquistando
le ultime città rimaste in mano araba e riuscendo
a recuperare anche il resto dei territori occupati dai
principi longobardi, compresi quelli che avevano separato
in due il ducato di Calabria, cioè l’antico
Bruttium dalle antiche Apulia et Calabria.In quella
vittoriosa campagna, il generale bizantino solamente
non poté liberare la Sicilia dall’occupazione
araba.
E fu nel contesto di quella lunga campagna, che nell’886
anche Brindisi tornò sotto il formale controllo
del Bizantini, i quali, naturalmente, la incontrarono
praticamente tutta in macerie: “macerie longobarde
del 674, macerie saracene dell’838 e macerie imperiali
dell’867”.
Nell’886 morì
l’imperatore Basilio I e gli succedette sul trono
d’oriente il figlio Leone VI, il quale richiamò
il vittorioso generale Niceforo Foca nominandolo comandante
supremo dell’esercito imperiale e questi s’imbarcò
da Brindisi alla volta di Costantinopoli con gran parte
del suo esercito e lasciando alla città numerosi
prigionieri utili alla ricostruzione.
Il ritorno dei Bizantini a Brindisi, fu accompagnato
da timidi e presto interrotti segnali di rinascita quando,
alla fine di quel secolo IX, si iniziò la ricostruzione
della chiesa di San Leucio, impulsata da vescovo oritano
Teodosio in occasione del ritorno in città di
una parte delle reliquie sottratte dai Tranesi. E negli
anni a seguire, la popolazione, di sua iniziativa, intraprese
anche la costruzione di un’altra chiesa, che fu
localizzata nei pressi dell’imboccatura del porto,
in omaggio e ringraziamento allo stratega Niceforo Foca.
Ma poi, quasi null’altro: presto, infatti, ritornarono
i pirati.
Il 18 ottobre 891,
dopo un assedio di due mesi, anche la stessa Benevento
capitolò e nell’892 i Bizantini fondarono
il Thema di Langobardia con capitale Bari, che affiancò
quello di Calabria con capitale Reggio e che con quella
riorganizzazione non comprese più l’antica
Calabria, ossia l'odierno Salento, che invece fu parte
del nuovo Thema di Langobardia.
La denominazione di Calabria, infatti, dopo essere stata
estesa al Bruzio, a quell’epoca aveva già
finito con l’abbandonare del tutto il suo originale
territorio salentino e il Thema di Calabria comprese,
oltre al Bruzio e il Sannio, anche i territori di nuova
acquisizione e per qualche anno la capitale fu Benevento,
che poi, nell'895 con l'aiuto del ducato di Spoleto,
si liberò dei Bizantini scacciandoli dalla città,
facendo trasferire a Bari la capitale del Thema di Calabria.
Poi, per tutto il successivo secolo, il X, le coste
adriatiche ritornarono ad essere ripetutamente preda
dei pirati saraceni, ai quali si alternarono anche quelli
slavi, che nel 922 assaltarono per la prima volta Brindisi,
dove ritornarono ancora nel 926 e dove giunsero anche,
nel 929, gli Schiavoni.
Nel 975 il Thema di Calabria e quello di Langobardia
furono integrati per formare il Catapanato d'Italia,
mentre in quello stesso anno e per i decenni successivi,
gli Arabi dalla Sicilia saccheggiarono Reggio ed altri
territori calabresi, da dove, continuando l'avanzata
verso nord, superarono Cosenza e, di nuovo, entrarono
in Lucania e in Puglia, dove nell’agosto del 977
distrussero Taranto, che trovarono abbandonata dai suoi
abitanti e quindi, saccheggiarono nuovamente anche Oria.
Tra la fine del primo millennio e l’inizio del
secondo, la situazione generale delle coste e dell’entroterra
nel meridione italiano, non poté essere più
disperata:
«Assente l’impero bizantino nella lotta
intrapresa dalle città pugliesi contro la pressione
araba; impotenti ad intervenire i Longobardi di Benevento
e Capua, coinvolti in guerre intestine e quelli di Salerno
timorosi della crescente potenza amalfitana; ormai in
fase di decadenza Gaeta, Napoli e Sorrento; inefficace
la rapida apparizione del sacro imperatore Ottone III;
le uniche forze in grado di opporsi ai Saraceni furono
le repubbliche marinare, le quali si andavano affermando
sul Tirreno con Pisa e,soprattutto, con Venezia sull’Adriatico.»
-Tommaso Pedio-
«Finalmente,
dopo che Durazzo nel 1005 tornò a far parte dei
domini dell’impero d’Oriente, l’assetto
politico del settore meridionale della costa adriatica
italiana e, naturalmente, anche del suo entroterra,
costituirono territori di vitale importanza strategica,
giacché la capitale dell’impero poteva
essere facilmente raggiunta via terra dopo la breve
traversata da Brindisi a Durazzo.
Il porto di Brindisi diventò, come lo era stato
per tutta l’antichità, il più importante
terminale d’Italia della via Egnazia. La città
fu così chiamata a svolgere di nuovo, dopo secoli
di anonimato, un ruolo di primo piano in un più
vasto panorama politico.
La portata dell’investimento bizantino a Brindisi
dopo quell’avvenimento, è valutabile grazie
alla testimonianza di un’epigrafe, in parte ancora
leggibile, scolpita sul basamento di una delle due colonne
che dal promontorio di ponente guardavano proprio l’imboccatura
del porto interno.
La sua datazione, riferita alla prima metà del
secolo XI, rende ancor più evidente la consequenzialità
del nesso tra l’impresa del funzionario e la restaurazione
del dominio imperiale sulle coste dalmate.» -Rosanna
Alaggio-
Qualche anno dopo
però, con l'arrivo dei Normanni giunse, finalmente,
per i Bizantini del meridione italiano, la resa dei
conti. Nel 1041, Normanni e Longobardi alleati batterono
i Bizantini impossessandosi di gran parte del territorio
del Catapanato d'Italia e, nel settembre del 1042, Guglielmo
I d'Altavilla fondò, a Melfi, la Contea di Puglia:
un territorio non omogeneo e suddiviso in baronie, distribuite
tra Capitanata, Gargano, Apulia e Campania, fino al
Vulture dove Melfi ne fu la capitale. In Apulia, la
contea raggiunse due località sul mare: Trani
e Monopoli.
Nel 1047, il sacro romano imperatore Enrico III legittimò
i possedimenti dei Normanni e conferì a Drogone
d'Altavilla, succeduto a Guglielmo I, l'investitura
di conte di Apulia e Calabria. E nel 1051, il papa Leone
IX dichiarò decaduta la stirpe longobarda in
Benevento, riconoscendo l’investitura di Drogone
a conte di Puglia e condizionandola alla sottomissione
al papato. Nel 1059 la contea fu elevata a ducato dal
Pontefice Niccolò II nel Concilio di Melfi e
Roberto il Guiscardo fu nominato duca di Puglia e Calabria.
Finalmente, quindi, anche per i due principati longobardi,
di Benevento prima e di Salerno dopo, l'arrivo dei Normanni
venne a sancire la fine. Nel 1053, Roberto il Guiscardo
conquistò Benevento, già da anni in franca
decadenza, e ne dichiarò la sudditanza al papato.
Poi, nel 1076, fu la volta di Salerno, che aveva esteso
i suoi confini fino ad Amalfi, Sorrento, Gaeta e parte
di Puglia e Calabria: lo stesso Roberto la espugnò
e così, nel 1078, ampliato e consolidato dai
Normanni il nuovo ducato di Puglia e Calabria, anche
l'ultimo principe longobardo in Italia, prese la via
dell'esilio.
Il dominio bizantino nel meridione italiano invece,
dopo la conquista normanna e la fondazione della contea
di Lecce, di fatto cessò nel 1071, con la presa
di Taranto e di Brindisi da parte dello stesso Roberto
il Guiscardo e la successiva fondazione, nel 1088, del
potente principato di Taranto, al quale anche Brindisi
fu ascritta.
Nel luglio del 1127 Guglielmo, duca di Puglia e Calabria,
morì senza figli e Ruggero II, conte di Sicilia,
reclamò in eredità tutti i possedimenti
degli Altavilla e la signoria di Capua. Nell'agosto
1128 Ruggero fu proclamato nella città di Benevento
duca di Puglia e, finalmente nel 1131, riuniti tutti
i possedimenti nel neonato Regno di Sicilia, nella notte
di Natale di quello stesso anno, fu solennemente incoronato
re assumendo l'intitolazione di “rex Sicilie,
ducatus Apulie et principatus Capue”.
Testo di Gianfranco
Perri
-> APPENDICE:
Il monachesimo orientale
in Puglia e in Brindisi
|
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