LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
1943
– 1949: Un popolo in fuga
Il regime
fascista, utilizzando le contraddittorie attribuzioni
di sovranità sui territori contesi, fra
il 1922 ed il 1924 fece occupare le isole del
Dodecanneso, situazione che i greci accettarono
nel siglare il patto italo – greco del
23 settembre 1928 ed il successivo accordo del
4 maggio 1934.
Il 28 ottobre 1940 Mussolini dispose l’avvio
dell’attacco alla Grecia. I greci reagirono
e soltanto l’intervento tedesco poso fine
a questa reazione, di cui furono vittime inermi
civili italiani.
I soldati italiani nei territori a loro assegnati
(isole e Grecia occidentale), si resero responsabili
di sporadici atti efferati, quali i bombardamenti
a Corfù nel Natale del 1942; gli italiani
furono considerati traditori dai greci, anche
per tali atti e per disposizioni tese ad annullare
libertà, identità e ingua.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre
1943 e ancor più, dopo la dichiarazione
di guerra dell’Italia alla Germania ed
il patto di cobelligeranza con gli alleati,
i tedeschi deportarono molti soldati italiani
o annientarono violentemente, come a Cefalonia,
la resistenza militare.
La comunità
italo-greca fu vittima dei tedeschi e dei collaborazionisti
greci e dopo la fuga dei tedeschi del 9 settembre
1944, anche la multietnica Corfù organizzò
una manifestazione anti italiana, che portò
il governo alleato a compiere il 14 settembre,
una enorme retata di italiani ai quali furono
sequestrati i beni non razziati dai greci.
Il 15 ottobre 1944, sospeso un frettoloso tentativo
di far salire su fragili barche gli arrestati,
fu organizzato l’esodo che provocò
il primo trasporto a Brindisi di 900 italiani,
fra cui suore, presti, bambini, donne e anziani
in alto numero.
Una lettera
del capo del Governo Badoglio del 16 dicembre
1943, ufficializzò l’esodo di massa
già in corso dai territori in guerra:
in quel momento erano ospitati 1.500profughi
a Taranto, 500 a Bari e ben 5.500 a Brindisi
e ciò rese grottesca la richiesta del
Governo di ripartire i profughi in misura del
10% ai residenti, ma ancora una volta dimostrò
la capacità di accoglienza di Brindisi.
Ai profughi ospitati nell’ex orfanatrofio
S.Chiara si dovevano aggiungere quelli che l’Alto
Commissariato per i profughi non considerava
di sua competenza, quali i rimpatriati dall’estero
ed i possibili profughi dalle colonie; una situazione
di profonda emergenza economica e sociale; la
richiesta di individuazione di strutture per
accogliere altri 2.000 profughi nel novembre
1944.
Nei mesi
successivi il flusso di profughi fu sensibilmente
accresciuto dalla fuga di quanti, militari e
civili abbandonati all’estero, riuscirono
a rifugiarsi a Brindisi provenendo innanzitutto
da Albania e Grecia. Ma soltanto nel 1945 il
Governo Parri cercò di affrontare in
modo organico il problema ed il 21 dicmbre fu
acquisita la caserma “Ederle” che,
pochi giorni dopo, 120 profughi disperati occuparono
autonomamente.
L’accoglienza primaria doveva contemplare
i servizi di assistenza, vitto, alloggio e successivo
smistamento, ma la documentazione raccolta dimostra
che come nei casi precedenti presi in esame,
la permanenza di molti profughi fu ben più
prolungata, arrivando ad interessare i primi
anni ’50.
Soltanto nel 1948 arrivarono nel porto migliaia
di profughi dall’Africa e, il 9 luglio,
300 da Rodi a bordo delle navi “Messina”
e “Campidoglio”.
La caserma Ederle, sede
di un campo profughi. Archivio "La Valigia
delle Indie"
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