Erano le prime luci dell'alba di quel
tragico 28 agosto del 1971 quando a bordo della motonave
passeggeri di nazionalità greca "Heleanna",
in servizio sulla rotta Patrasso-Ancona, scoppia un
violentissimo incendio. È l'inizio della più
grande sciagura marittima accaduta in Adriatico nel
dopoguerra: venticinque persone tra italiani, francesi
e greci perdono la vita, sedici i dispersi accertati
e duecentodiciassette i feriti, alcuni anche in modo
grave, tra ustionati e intossicati dal fumo.
Il traghetto Heleanna
In quel momento la nave era a nove
miglia dalla costa adriatica tra Brindisi e Monopoli,
sulla verticale di Torre Canne, con a bordo 1.174 passeggeri
- quasi il doppio dei 620 consentiti - e circa 200 tra
camion, bus e autovetture. L'incendio potrebbe essersi
generato da una fuga di gas nei locali della cucina,
fra la panetteria, la riposteria ed il locale ristoro,
le fiamme divennero indomabili quando alcune bombole
di ossigeno esplosero mettendo fuori uso la macchina
del timone con barra a dritta di circa 15 - 20°.
Il traghetto compì - secondo le perizie - una
lenta accostata di 360° subendo l'invasione di fiamme
e fumo in tutti i locali riservati ai passeggeri, provocando
terrore e panico.
Molti viaggiatori si gettarono in mare,
alcuni rimasero disperatamente aggrappati alle scalette,
mentre altri cercarono di salire sulle poche scialuppe
di salvataggio - dodici per l'intera nave, sei per fiancata
- e di queste più della metà non riuscirono
ad essere calate in mare per il mancato funzionamento
degli argani, rimanendo sospese a mezza altezza. Una
scialuppa, per l'eccessivo carico, si rovesciò
cadendo proprio sui passeggeri precipitati in mare.
Su una delle poche lance che si riuscì a far
scendere trovarono posto il comandante della nave, Dimitrios
Anthipas, il suo vice, la moglie e persino il loro cane,
un tentativo di fuga che venne fortunatamente scoperto
e fermato due giorni dopo nel porto di Brindisi, dove
l'ufficiale e la moglie cercavano di imbarcarsi furtivamente
su una imbarcazione diretta in Grecia. Fu arrestato
con l'accusa di omicidio colposo e abbandono di nave
e poi condannato sia dalla magistratura italiana che
da quella ellenica, venne poi estradato in Grecia.
Antiphas era stato svegliato da un marinaio quando l'incendio
si era già sviluppato, riposava nella sua cabina
insieme alla moglie, il comandante decise di diramare
l'SOS solo alle ore 6.45, segnalazione subito raccolta
dal Comando Marina, dalle Capitanerie di porto, dall'Aeronautica
militare e dal comando della Guardia di Finanza. I primi
soccorsi aerei e navali partirono quasi immediatamente
da Brindisi, Bari, Monopoli, Savelletri, Taranto e Grottaglie,
persino i pescherecci privati partecipano volontariamente
alla ricerca dei dispersi in mare ed al soccorso dei
naufraghi. Ma le condizioni del mare e il fumo intenso
non permisero ai soccorritori di avvicinarsi troppo
alla motonave in fiamme, gran parte dei passeggeri furono
recuperati in mare dai pescherecci e dalle altre imbarcazioni.
La nave soccorsa dai
rimorchiatori della ditta Fratelli Barretta
I naufraghi giunti a Brindisi vennero
assistiti presso l'ospedale Di Summa, dove fu allestita
anche una unità mobile, tutte le autorità,
i cittadini e gli enti vari si prodigarono in una infaticabile
gara di generosità, tantissimi giovani accorsero
per donare spontaneamente il sangue, tutto il personale
infermieristico e i medici si mobilitarono per tre lunghi
giorni senza sosta, così come i lavoratori portuali,
i pescatori e i numerosi volontari che prestarono la
propria opera soccorritrice. Tutto ciò portò
l'unanime tributo di gratitudine all'intera cittadinanza
da parte della stampa mondiale e dai governi italiani
ed esteri: nella tragedia erano stati coinvolti anche
cittadini greci, tedeschi, francesi, inglesi, austriaci,
spagnoli e persino argentini. "Brindisi ha dato
esempio al mondo di come deve intendersi la solidarietà
umana, il senso civico, la carità cristiana"
fu una delle frasi più ricorrenti in quelle settimane.
L'incendio venne domato solo dopo molte ore grazie anche
al contributo dei mezzi della ditta Barretta, gli stessi
rimorchiatori riportano il relitto della nave nel porto
di Brindisi, dove rimase per circa tre anni ormeggiata
sulla costruenda banchina di Costa Morena, prima di
essere rimorchiato ai cantieri di La Spezia, dove fu
parzialmente demolito e trasformato in chiatta.
La nave Heleanna ancorata nel
porto medio di Brindisi
La nave Heleanna ancorata nei
pressi del molo di COsta Morena
L'Heleanna in origine era una petroliera
battente bandiera svedese, nel 1966 fu acquisita dall'armatore
greco Constatino Efthymiadis insieme ad altre tre navi
cisterna della stessa nazionalità, tutte modificate
in ro/ro passeggeri con auto al seguito. La più
grande era la Munkedal, poi ribattezzata Heleanna, misurava
167.37 metri in lunghezza e 20.16 in larghezza, divenne
il traghetto passeggeri più grande del mondo
per quell'epoca: la nave, propulsa da un Motore Diesel
Götaverken-MAN da 5070 KW (velocità max
14 nodi), aveva conservato il suo aspetto originale
nonostante l'aggiunta di cabine tra il ponte superiore
e la sala macchine, con l'apertura dei boccaporti lungo
le fiancate. Le quattro navi operarono principalmente
tra il Pireo e Creta e tra Patrasso ed Ancona. Le successive
inchieste dimostrarono le pessime condizioni nautiche
dell'Heleanna, la scarsità e il cattivo funzionamento
dei sistemi di soccorso, degli idranti e dei sistemi
antincendio di bordo.
Il 15 ottobre del 1972 il capo dello
stato Giovanni Leone conferì alla città
di Brindisi la medaglia d'argento al valor civile in
riconoscimento dell'antica tradizione di ospitalità
e di civismo della sua popolazione, particolarmente
prodigatasi in occasione del naufragio del traghetto
Heleanna (leggi).
L'autorevole riconoscimento per l'opera di soccorso
e di assistenza svolta dalla cittadinanza seguì
ai vari attestati di benemerenza conferiti dal Ministro
degli Interni e dalle autorità estere ad alcuni
dei soccorritori. A Monopoli, città insignita
di una identica onorificenza dal Capo dello Stato per
il ruolo svolto durante i tristi eventi, per non dimenticare
la tragedia fu apposto sulla parete del castello Carlo
V un bassorilievo realizzato nel 1972 dallo scultore
Mario Piergiovanni.
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n. 213 del 27/8/2021
Foto testimonianza
di Adolfo Maffei clicca per ingrandire
Adolfo Maffei era il corrispondente
dell'Ansa di Bologna e come giornalista fu uno dei
primi a salire a bordo della nave. Con Remigio Benni
realizzò una serie di reportage sul tragico
avvenimento, con le immagini della nave devastata
dall'incendio.
Il sig. Maffei ha voluto condividere alcune delle
immagini più significative di quell'esperienza.
Le
testimonianze dirette dei
soccorritori e dei naufraghi
Documenti
correlati: » Medaglia
d'argento al valor civile conferita
al Gonfalone della città di Brindisi
per l'opera di soccorso ed assistenza
ai profughi della nave Heleanna