LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
LA PIPISTRELLAIA
DI MIGLIORI
Quando anche a Brindisi i pipistrelli venivano allevati
per combattere la malaria
A differenza di quanto
raccontato in leggende e macabri racconti, i pipistrelli
non si attaccano ai capelli e non sono ciechi, ma sono
creature timide ed inoffensive che ricoprono un ruolo
cruciale nel mantenimento degli equilibri del nostro
ecosistema ed in particolare nell’ambiente agroforestale,
grazie alla loro capacità di controllo delle
popolazioni di insetti. L’utilità specifica
nei confronti della qualità della vita degli
esseri umani è stata definitivamente accertata
e riconosciuta da numerose comunità scientifiche.
Pipistrelli (fonte: dal web)
Questi animali dalle
abitudini notturne, hanno un peso che va dai 5 ai 15
grammi e un’apertura alare di circa 25 cm, sono
infatti gli unici mammiferi in grado di volare grazie
alle membrane che congiungono le dita dei loro arti
anteriori, per questo motivo sono chiamati chirotteri,
termine che deriva dal greco e significa “mano
alata”. In passato hanno ispirato numerose storie
sui vampiri, creando un alone di mistero e talvolta
di repulsione, in realtà delle oltre mille specie
presenti nel mondo, solamente tre si nutrono di sangue,
praticando minuscoli tagli sulla pelle di altri animali,
e vivono nei paesi del centro e del sud America. Tutte
le altre specie di pipistrelli sono insettivori, animali
molto discreti e ghiotti di zanzare e falene, arrivando
ad ingerire ogni notte d'estate anche cinquemila insetti,
una quantità tale che il loro peso aumenta dal
25 al 50%, un vero e proprio insetticida naturale.
Nei primi anni del
novecento, per risolvere l’annoso problema sanitario
della malaria, oltre alla bonifica delle paludi e dei
pantani di molte zone italiane, furono costruite sul
progetto del medico texano prof. A. R. Campbell
le cosiddette “Bat-tower”,
poi ribattezzate in Italia “pipistrellaie”,
ovvero grandi torri verticali in legno, alte fino a
quindici metri, montate su palafitte e poste in luoghi
umidi e malsani, dove i chirotteri potevano dimorare
e riprodursi.
A sinistra la pipistrellaia di
contrada Migliori a Brindisi, a destra una simile realizzata
nell'agro pontino
Anche nelle campagne
brindisine, dove in un documento del 1882 la situazione
malarica era classificata tra “grave” e
“gravissima”, si volle favorire la presenza
dei pipistrelli per limitare la presenza di zanzare
nelle zone acquitrinose, facendo uso di questa pratica
di controllo biologico degli insetti; poco o nulla rimane
di quegli anni, forse l’unica traccia superstite
si riscontra nella zona industriale di Brindisi, nei
pressi dell’impianto di deposito dei gas compressi
della Ipem. Qui è tutt’ora visibile la
base a “palafitta” di una pipistrellaia,
documentata integra sino ai primi anni sessanta, che
era ai margini dei fabbricati della masseria Migliori,
uno tra i più importanti complessi agricoli del
brindisino. Gli stabili della masseria erano contraddistinti
da una antica torre risalente al cinquecento, una testimonianza
delle strutture fortificate presenti lungo la costa
adriatica, interamente demolita nel 2012.
La base della pipistrallaia di
Migliori e a destra i cumuli di pietre di quella che
era la torre del '500
Oggi, a poca distanza
dal grande cumulo di pietre a memoria dei fabbricati,
restano in piedi i soli pilastri in cemento che sorreggevano
la speciale struttura realizzata per ospitare i pipistrelli,
uno dei primi esempi di agricoltura biologica nel territorio
brindisino, voluta per fronteggiare gli insetti nocivi
delle piante con l’utilizzo dei chirotteri e soprattutto
per debellare le zanzare portatrici di malaria. Infatti
l’azienda agricola era situata proprio a ridosso
del tratto finale di Fiume Grande, dove il corso d’acqua
si allarga e costituisce una zona umida molto ampia,
con specchi d’acqua circondati da un fitto canneto,
un ambiente particolarmente favorevole per la riproduzione
di zanzare e insetti fastidiosi.
Sulle pareti laterali della pipistrellaia di Migliori
vi erano alcune aperture utili all’ingresso nella
struttura dei mammiferi volanti, dove nel periodo primaverile-estivo
riposavano durante il giorno e d’inverno dimoravano
in letargo. La torre in legno era impostata in maniera
da raccogliere con facilità gli escrementi che
venivano poi utilizzati come concime, infatti il guano
dei pipistrelli è molto ricco di sostanze nutritive
essenziali per le piante, come azoto, fosforo e potassio.
La base della pipistrallaia di
Migliori
Per sfuggire ai bombardamenti
aerei del secondo conflitto mondiale, la base della
costruzione, generalmente aperta, fu tamponata d’emergenza
ed utilizzata come rifugio ed alloggio di fortuna da
alcune famiglie di agricoltori brindisini. Una situazione
abitativa al limite del disumano: molte persone vivevano
come ammassate in un singolo vano, con i servizi igienici…
all’aperto.
La masseria fu poi acquisita dalla Montecatini in concomitanza
della costruzione del petrolchimico, rimanendo fuori
dal perimetro che racchiudeva gli stabilimenti, pertanto
non fu demolita come invece avvenne per altri fabbricati
della zona. Venne invece abbandonata dai pipistrelli
la torre in legno, probabilmente perché la presenza
di macchine per il movimento terra creavano una azione
di disturbo diretta a questi animali notturni. Inoltre
l’avvento dell’agricoltura meccanizzata
che ha consentito l’estirpazione di siepi e boschetti,
ha alterato in maniera importante il loro habitat ideale.
La diffusione di sostanza inquinanti, in agricoltura
e nell’industria, ha poi completato l’opera
di allontanamento.
Particolare dei bulloni che tenevano
la struttura superiore della torre della pipistrallaia
di Migliori
Oggi i pipistrelli
appartengono alla fauna “particolarmente protetta”
in quanto in estinzione, pertanto sono tutelati dalla
Convenzione di Berna del 1982 e dalla Convenzione di
Bonn dell’anno successivo. La loro presenza è
ritenuta preziosa non solo per l’azione di bonifica
ambientale, ma anche nella difesa di numerosi prodotti
agricoli, come i frutti e gli alberi di olivo: è
ampiamente dimostrato in ambito scientifico il loro
contributo nella lotta integrata alla mosca delle olive,
un fitofago in buona parte responsabile del crollo della
produzione 2014 dell’olio di oliva in Spagna e
in Italia, una preda molto ricercata dai chirotteri.
Ma c’è chi scommette anche in un fattivo
apporto nelle misure di contenimento degli insetti vettori
della Xylella, il batterio che sta sterminando le piante
secolari in molte aree del Salento. Pertanto sono in
fase di sviluppo, principalmente in aree agricole e
nelle periferie di alcune comuni del centro-nord, l’applicazione
dei "bat-box", piccole casette in legno utili
ad ospitare i pipistrelli insettivori, in maniera da
ridurre già dal prossimo futuro l'impatto dei
prodotti chimici, e non solo in agricoltura.
Testo di Giovanni Membola
Pubblicato sul settimanale "Il 7 Magazine"
n. 69 del 19/10/2018
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