Monumenti: LA TORRE DI MIGLIORI
Resta solo un cumulo
di pietre a ricordare ciò che è stata
la cinquecentesca Torre di Migliori.
Segnalata da oltre un decennio in un “desolante
stato di abbandono”, l’antica costruzione
che distingueva l’omonima masseria è scomparsa
ormai da diversi mesi, e con essa alcuni tipici elementi
architettonici con funzione di difesa dalle incursioni.
Quello che resta della Torre
di Migliori (ph. Giovanni Membola 2013)
Situata nel mezzo
della zona industriale, a ridosso del corso d’acqua
di Fiume Grande, la masseria insieme
ad altre della zona fu acquisita dalla Montecatini in
concomitanza della costruzione del petrolchimico, rimanendo
fuori dal perimetro che racchiudeva gli stabilimenti,
pertanto non fu demolita come invece avvenne per i fabbricati
di Gnori e Scorsa.
La Torre di Migliori nel 2006
(ph. Giovanni Membola)
L’antica torre
era caratterizzata dalle caditoie a
doppia e a singola bocca, tipici elementi di difesa
comparsi nel XV e XVI secolo come esigenza di ordine
protettivo, ovvero particolari aperture poste sui muri
perimetrali del tetto a protezione dell’ingresso
e delle finestre, da cui si gettavano sui nemici –
principalmente turchi - liquidi bollenti, pietre e altri
materiali pesanti per impedire l'accesso all'interno
dei locali. Reminiscenze di un’epoca distinta
dall’infittimento delle masserie fortificate lungo
la costa adriatica, a testimonianza dell'insicurezza
delle campagne per un arco di tempo perdurato sino all'Ottocento.
Un altro elemento di particolare interesse simbolico
era la piccola edicola votiva ricavata nel muro a sud,
una nicchia con cornice esterna sormontata da una croce
in rilievo.
Le memorie documentarie
risalgono alla seconda metà del ‘500 e
sino al ‘700 riportano i vari passaggi di proprietà
e gli accorpamenti con le altre aziende agricole della
zona. La denominazione probabilmente deriva da Elisabetta
Migliori, attiva fittavola dei terreni che
ne reclamò la proprietà innanzi alla corte
civile nel 1719. Gli atti di quegli anni raccontano
la presenza di un’ampia zona ricoperta da macchia
attraversata da canali e paludi, terreni incolti utilizzati
in parte per il pascolo del numeroso bestiame (ovini
e bovini) allevato in azienda. Nei restanti appezzamenti
si coltivavano seminativi ed un buon numero di alberi
di olivo, mentre la coltura del vigneto era limitata
a poche piante.
Sui prodotti ottenuti era uso pagare le “decime”
ai religiosi, in particolare alla curia arcivescovile,
al capitolo e ai monasteri femminili di San Benedetto
e di Santa Maria degli Angeli, un tributo praticato
per secoli come segno di riconoscenza a Dio dal quale
proviene ogni cosa, abolito solo dopo l’unità
d’Italia.
Altra importante
caratteristica che ha contraddistinto la masseria Migliori
era la “pipistrellaia”
documentata sino agli inizi degli anni ‘60, di
cui attualmente rimangono i soli pilastri che sorreggevano
la speciale struttura. E’ stato uno dei primi
esempi di agricoltura biologica per fronteggiare gli
insetti con l’utilizzo dei chirotteri (pipistrelli)
e soprattutto per debellare le zanzare portatrici di
malaria. L’area alla base della costruzione, generalmente
aperta, fu tamponata d’emergenza ed utilizzata
da alcune famiglie come rifugio durante i bombardamenti
aerei del secondo conflitto mondiale.
Le intense piogge
dell’inverno 2012 provocarono il crollo parziale
dei muri a nord dell’antica torre, un collasso
strutturale che si è verificato fortunatamente
senza danni a cose e a persone. La parte restante è
stata successivamente demolita per scongiurare ulteriori
cedimenti e per mettere in sicurezza l’area particolarmente
frequentata.
La Torre di Migliori parzialmente
crollata nel marzo 2012 (ph. Giovanni Membola)
Oggi di tutto ciò
rimane solo il ricordo di qualche anziano agricoltore
e poche immagini della torre, un altro pezzo di storia
locale scomparsa per sempre.
Testo di Giovanni
Membola
Pubblicato sul quotidiano Senzacolonne
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