STORIE E TRADIZIONI
LE
PROCESSIONI DI SAN TEODORO
tra devozione, simbolismi e superstizione
Le feste patronali rappresentano da
sempre un momento di grande ed intensa partecipazione
e convivialità, tra riti, tradizioni e simbolismi.
Alle celebrazioni religiose si uniscono la spettacolarità
degli eventi che riprendono e ricordano scene di vita
quotidiana con rappresentazioni folkloristiche del passato.
La caratteristica che accomuna ogni luogo è la
processione religiosa del Santo per le strade della
città, particolarmente sentita soprattutto tra
le persone più anziane.
A Brindisi la festa in onore di san
Teodoro d'Amasea ha il suo culmine il primo sabato di
settembre, una celebrazione nata nel 1776 come completamento
del culto di Teodoro, giovanissimo soldato dell'esercito
romano martire del IV secolo ucciso in Turchia per la
sua fede in Cristo, durante la politica delle persecuzioni
contro i cristiani decise dall'imperatore Diocleziano.
La cerimonia, dal 1961 dedicata anche
a san Lorenzo da Brindisi, rappresenta un momento che
"congiunge la fede con la partecipazione civica
e ravviva il rapporto della città con il mare":
secondo la tradizione popolare locale infatti, la traslazione
del corpo del guerriero orientale è avvenuta
via mare durante i primi secoli del cristianesimo, quando
le reliquie furono trasportate dall'oriente alla costa
brindisina per difenderlo da eventuali atti sacrileghi.
Un simbolismo religioso frequente nelle località
portuali dove il mare rappresenta "l'elemento
attraverso cui una comunità marina può
acquisire il proprio patrono" (G. Ranisio).
Processione delle reliquie di
san Teodoro
In passato san Teodoro veniva celebrato
due volte l'anno, il 9 di novembre a ricordo del martirio,
e il 27 aprile giorno della traslazione da Euchaita.
Secondo la tradizione più remota quest'ultima
circostanza risalirebbe al 1210 o più probabilmente
al 1225, in occasione delle nozze di Federico II di
Svevia con Isabella di Brienne, regina di Gerusalemme,
celebrate il 9 novembre nella Cattedrale di Brindisi.
In entrambe le ricorrenze le reliquie venivano portate
"processionalmente per la città con il
concorso de' cittadini tutti, e forastieri"
(A. Della Monaca). Nella Cronaca dei Sindaci di Brindisi
sono registrate scrupolosamente le volte in cui i festeggiamenti
civili e religiosi in onore del santo non avvenivano
o si verificavano in modo differente dal solito, come
accadde il 27 aprile del 1698, quando un forte acquazzone
che durò l'intera giornata non permise lo svolgimento
della processione, "ma solamente si fece d'intorno
la chiesa dell'arcivescovato". Nell'aprile
del 1727 si svolse solo il rito religioso in cattedrale,
mentre tre eminenti cittadini, Teodoro Sala, Tommaso
Cantamessa e Domenico Sciurbi, organizzarono una sfilata
con circa sessanta persone a cavallo, armati di "carrubini"
e pistole, che sfilarono ben vestiti in città,
ottenendo un'ottima impressione tanto che la processione
"a gloria del nostra santo, riuscì più
bella delle altre volte". I sacrestani della
cattedrale ebbero in elemosina olio così da poter
illuminare la piazza e le vie circostanti, e denaro
per comprare la polvere da sparo per i cento mortaretti
"con molti folgoroni", esplosi poi
la sera.
Processione delle reliquie di
san Teodoro in piazza Duomo
Talvolta le processioni si effettuavano
anche per motivi diversi o per ottenere qualche grazia.
Nel febbraio del 1715 le reliquie di san Teodoro furono
portate in processione, insieme al braccio di san Leucio,
fino alla chiesa dedicata al primo vescovo di Brindisi,
ubicata in contrada Cappuccini, affinché i due
santi impetrassero la pioggia, necessaria al bestiame
che moriva di sete dopo un intero inverno senza precipitazioni.
Per porre fine alla grave siccità del marzo 1739,
che stava causando disseccamento dei seminati e la morte
degli animali da allevamento, si richiese ancora l'intervento
provvidenziale del santo patrono della città,
che fu portato in processione pro impetrando pluvia
sino alla chiesa del Cristo dei Domenicani, dove si
ebbero screzi tra il clero ed i nobili locali per chi
dovesse reggere l'asta del pallio prima di far ritorno
alla cattedrale. La processione si doveva ripetere il
12 aprile ma i fatti accaduti il mese precedente modificarono
data e programma del percorso, fu deciso infatti di
transitare solamente dai monasteri di santa Maria degli
Angeli e san Benedetto, senza fermarsi alle altre chiese.
Processione delle reliquie di
san Teodoro
Durante i lunghi periodi di aridità
era solito chiedere l'intervento divino attraverso l'intercessione
del santo patrono portato in processione, alle volte
insieme ai resti sacri di san Leucio e san Pelino, con
conseguente esposizione delle reliquie alla venerazione
del popolo per l'intera giornata. Questo tipo di espressione
devozionale era quasi sempre accompagnata dall'indulgenza,
dal digiuno e dalla preghiera espressamente imposta
dall'arcivescovo. In alcuni casi, secondo alcuni scritti
dell'epoca, l'effetto era immediato: padre Della Monica
racconta che "si vede miracolosamente in giorno
sereno, e chiaro, turbarsi immantinente l'aria, e piovere
di sì fatto modo, che si allaga non solo la città,
ma la campagna tutta, dando appena luogo di riportar
il santo alla sua chiesa".
Festa di san Teodoro (agosto
1937)
A San Teodoro è anche attribuito
il presunto miracolo accaduto nel pomeriggio del 12
settembre 1730, quando un fulmine cadde all'interno
della Cattedrale romanica attraverso il campanile (all'epoca
era sul lato opposto rispetto l'attuale), mentre si
svolgeva una sacra funzione nella cappella dedicata
al patrono della città. La saetta fortunatamente
"si disfece in aria sopra detta cappella e non
fece danno", alcuni oggetti cascarono dall'altare
e tra i tanti presenti in chiesa solo i due diaconi
e la signora Agnese Scolmafora caddero a terra tramortiti.
A ringraziamento dello scampato pericolo venne cantato
il Te Deum laudamus.
L'anno successivo un altro grave evento scosse la cittadinanza:
la notte del 19 marzo avvenne uno dei più lunghi
e terribili terremoti registrati in città che
durò ben "cinque Ave Maria", due giorni
dopo l'evento sismico si ripropose con una scossa ancora
più forte, tanto da costringere la popolazione
(all'epoca si contavano circa ottomila abitanti) a dormire
per qualche tempo all'aperto. Per fermare lo sciame
sismico che proseguì per oltre una settimana,
il vescovo decise di portare in processione "il
corpo del glorioso nostro protettore" in giro
tra chiese e conventi, per far poi ritorno alla Cattedrale
con la celebrazione liturgica. Nella basilica gremita
di gente qualcuno gridò "il terremoto!",
causando panico e spavento, nel fuggi fuggi generale
furono travolte alcune persone, due fanciulli rimasero
schiacciati e persero la vita, si contarono anche due
feriti.
Tosello della statua equestre
di san Teodoro
Le cronache del tempo rivelano inoltre
l'ansietà con il quale il popolo attendeva il
giorno della processione: era l'occasione per tutti
i cittadini di partecipare attivamente alle celebrazioni
e trascorre un giorno diverso dagli altri, si aveva
inoltre l'opportunità di incontrare parenti e
conoscenti, sfoggiando l'abito migliore.
Giovanni Membola
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