LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
STORIA
DEL PROMONTORIO DI SANT'ANDREA
ovvero della Chiesa di S. Paolo
e del palazzo della Provincia e della Prefettura
Anticamente, ai tempi dei Messapi e
dei Romani, Brindisi era cinta di grandi mura (alcuni
resti sono tuttora visibili all'inizio di via Camassa)
ed era difesa da rocche ben munite, costruite sui promontori
che si affacciano sul porto. Tra l'altro, tutta l'area
fra il mare e le fortificazioni sulle alture era ricca
di giardini. Una rocca sorgeva anche sul promontorio
detto di S. Andrea, dove sono ora la chiesa di S. Paolo
e le sedi della Prefettura e della Provincia, ricavate
nell'ex monastero annesso al tempio. In questo sito
sorse - ed è la costruzione nota più antica
dopo la rocca - la casa di Margarito da Brindisi
(1130-1196 - biografia),
il grande ammiraglio fedelissimo dei Normanni. La posizione
era (ed è) incantevole e la "domus Margariti"
era magnifica, fornita di bagni, giardini, forni e altri
servizi accessori. Nelle sue pertinenze furono realizzate
la zecca e la banca di Stato. Nel giardino della casa
vi era un'altissima, e quindi antichissima, palma, che
si trova effigiata in alcune monete coniate dai Normanni.
E' possibile che la zecca esistesse già ai tempi
dei Normanni; però il documento più antico
che la cita come operante è del 1215.
Con
la sconfitta dei Normanni e la morte dell'Ammiraglio,
la casa di Margarito fu confiscata dagli Svevi; Federico
II, nel 1215, la donò - esclusi i locali della
zecca e della banca - ai Cavalieri Teutonici, che avevano
già un "hospitale" nell'area della
Cittadella. La casa fu ricomprata dallo stesso Imperatore
svevo nel 1229 per consentire l'ampliamento della zecca,
le cui esigenze erano evidentemente molto cresciute
(vi si coniavano anche monete d'oro). Nel 1245, Papa
Innocenzo IV depose Federico II che, due anni dopo,
fu sconfitto dalla Lega Lombarda a Parma e a Fossalta.
Nello stesso anno, il 13 agosto 1247, Innocenzo IV concede
la casa di Margarito a Riccardo di Maramonte della diocesi
di Otranto; dieci anni dopo, Papa Alessandro IV, toltala
a Riccardo, la concede il 21 novembre 1257 ai fratelli
brindisini Zacaria Nicola e Bibulo. Dopo il 1257, la
"domus" fu chiamata Casa della Curia Regia
e sede della Sicla (zecca): era quindi ridiventata di
proprietà demaniale.
Con la morte di Federico II (1250),
la zecca di Brindisi fu trasferita a Manfredonia ad
opera di Manfredi di Svevia; ma sconfitto e ucciso costui
da Carlo I d'Angiò, fu riportata nel 1266 a Brindisi.
Lo stesso re Angioino - resosi conto dell'inadeguatezza
dei locali dell'ex casa di Margarito - ordinò
la costruzione del nuovo palazzo della zecca in prossimità
della Cattedrale, dov'è ora il palazzo Balsamo
(in precedenza chiamato "de los Reyes"). La
zecca brindisina continuò a funzionare - coniando
però solo monete di rame e d'argento - sotto
i successori di Carlo I e gli Aragonesi. In tutta la
sua storia, la zecca di Brindisi avrebbe coniato 338
monete diverse.
Intanto, il 2 giugno 1284, Carlo I
d'Angiò aveva donato la casa di Margarito e adiacenze
ai Francescani perché vi costruissero, col materiale
di risulta della "domus", la chiesa e il monastero
di San Paolo. Le pietre quadrate con le quali il tempio
fu edificato facevano parte, quindi, della "domus
Margariti", che a sua volta potrebbe aver utilizzato
i conci dell'antica rocca. La chiesa di S. Paolo fu
terminata nel 1322, ma l'attuale tetto risale al 1505
(scheda).
A
seguito del primo incameramento dei beni degli enti
ecclesiastici, durante il regno di Gioacchino Murat,
il monastero di S. Paolo - come tanti altri monasteri
- divenne proprietà demaniale, e il 15 maggio
1813 sede della Sottintendenza, trasferita da Mesagne,
che sei anni prima, all'atto dell'insediamento, era
stata preferita a Brindisi, tristemente famosa per la
sua aria malsana. La Sottintendenza divenne Sottoprefettura
nel 1860, e Prefettura nel 1927, con l'istituzione della
Provincia. Qualche anno dopo l'edificio avrebbe ospitato,
a seguito della ristrutturazione e dell'ampliamento
dei locali, anche gli uffici dell'Amministrazione Provinciale,
che nei primi tempi avevano trovato provvisoria sistemazione
in un appartamento di viale Regina Margherita e nel
Palazzo Montenegro.
Testo di Roberto Piliego
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