LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
LA RIVOLUZIONE
DEL 1799
A BRINDISI CLAMOROSO SCAMBIO DI PERSONE
La rivoluzione partenopea
tra Napoli e la Puglia avvenuta nel 1799 fece verificare
tali e tante situazioni che, apparentemente marginali,
segnarono, al contrario, pagine di storia che pur non
trovando spazio nei libri di storia vale la pena raccontare,
perché originali, strane e bizzarre.
Procedendo con ordine tra gli intricati fatti, si potrà
notare come alcune di queste pagine coinvolgano direttamente
la nostra città.
A Monteiasi, in provincia di Taranto, si erano radunati
alcuni esuli scampati all’invasione della Corsica,
pronti per dirigersi alla volta di Brindisi.
Una volta giunti nella nostra città adriatica
era loro intenzione imbarcarsi per Palermo, città
siciliana dove si avvertiva il sentore che si stesse
ricostituendo l’esercito borbonico, per la riconquista
del potere.
In realtà, il 21 gennaio 1799, i Borbone avevano
fortemente vacillato sotto i colpi inferti dall’esercito
francese guidato dal generale Championnet, capace d’insediare,
appena il giorno dopo, il 22 gennaio, la Repubblica
Napoletana; frattanto, il 25 gennaio, Ferdinando
IV nominava il cardinale Ruffo
suo Vicario generale.
Ferdinando IV di Borbone e il
cardinale Ruffo
Per tornare agli
esuli corsi, c’è da dire che tra costoro
gli abitanti di Monteiasi credettero di riconoscere
due importanti componenti della famiglia reale. Furono
principalmente i contadini monteiasini, chissà
come e in base a quali pregresse immagini, che si convinsero
di vedere in due esuli rivoluzionari: Pietro
Boccheciampe e Giambattista De Cesare
addirittura il fratello di Re Ferdinando IV e il Principe
di Sassonia.
Lo scambio di persone con l’errata attribuzione
di identità fu possibile poiché, ci riferiscono
le cronache dell’epoca, almeno uno dei due: …
aveva l’età, la statura e i capelli
simili al fratello del Re, nonché principe ereditario.
Quando il 14 febbraio 1799 gli esuli giunsero a Brindisi,
l’arcano riuscì a ingarbugliarsi ulteriormente,
se si pensa che perfino due zie del Re, Vittoria ed
Adelaide, che sostavano nella nostra città pronte
per salpare alla volta di Trieste, incorsero nella medesima
clamorosa topica avvenuta a Monteiasi e scambiarono
per loro parenti sia il Boccheciampe, quanto il De Cesare
che proprio nulla avevano a che fare con la nobiltà
borbonica.
E’ una vicenda che ha dell’inverosimile,
tuttavia la cosa non finisce qui, infatti, per il timore
di non essere compresi dalle due parenti del Re e per
non suscitare in loro sdegno, dando adito a imprevedibili
reazioni a loro sfavorevoli anche da parte del popolo,
sia il Boccheciampe, quanto il De Cesare “stettero”
allo scambio di persone, nel senso che si fecero credere
ciò che gli altri volevano credere: due nobili
congiunti del Re, anziché due noti facinorosi.
Diffusasi veloce la notizia delle due “illustri
presenze”, gli abitanti di Brindisi, che vedevano
di buon occhio la restaurazione della monarchia borbonica,
esultarono alla notizia e portarono in vociante tripudio
e trionfalmente i due fino alla cattedrale, dove ebbero
l’onore d’incontrarsi con il Vescovo della
città, Monsignor Annibale De Leo.
Se non ci fosse la memoria scritta di un testimone oculare
del fatto, tenente Vincenzo Durante
(Diario Storico delle Province di Bari e di Lecce
del 1799) del quale non abbiamo alcun motivo di
dubitare sulla sua credibilità, stenteremmo a
credere ad un tale paradossale evento che, più
che storico, si potrebbe configurare tra le commedie
di Feydeau, in cui gli equivoci più assurdi sono
sempre di casa.
“Ob torto collo”, i due continuarono a stare
alla manfrina e, regalmente, dimenticando le loro origini
plebee, furono oltremodo credibili.
Per la storia, Boccheciampe si era già messo
tristemente in evidenza per aver tradito l’insurrezione
calabrese vagheggiata dal Mazzini, tendente a porre
fine al dominio dei Borbone. Quella spedizione andò
incontro ad una disfatta totale, poiché, proprio
Boccheciampe, tradendo i rivoltosi, andò a costituirsi
alla polizia di San Giovanni in Fiore, vicino Cosenza,
rivelando i piani dei compagni di lotta. In base a tale
tradimento furono scoperti tutti i componenti della
spedizione, catturati e processati per direttissima.
Tra gli altri insorti, i fratelli Attilio ed Emilio
Bandiera furono fucilati a Vallone di Rovito, sempre
presso Cosenza, il 25 luglio 1844.
Tornando ai fatti risorgimentali nostrani, i due, Boccheciampe
e De Cesare, percorrendo in lungo e in largo la Puglia,
riorganizzarono lo sfasciato esercito, si opposero con
successo ai francesi, acquisendo ovunque fama.
Boccheciampe, catturato, fu fucilato a Trani, mentre
Giambattista De Cesare ebbe l’onore di entrare
in Napoli al comando dell’ armata borbonica, essendogli
stato conferito il titolo di Brigadiere dei Reali Eserciti.
In segno di riconoscenza pregressa, il Cardinale Ruffo,
seppure alla memoria, conferì lo stesso titolo
anche a Pietro Boccheciampe. .
Antonio
Caputo
Il testo è stato pubblicato
sul settimanale Agenda Brindisi
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