LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
Rosario Mascia
Diario di viaggio della Valigia delle Indie
Prima parte: La partenza
Nel 2003 il giornalista
e scrittore brindisino Rosario Mascia
si trasforma in corriere postale ed in solitario, a
bordo di una Lada Niva 1600 del 1989 ribattezzata "Himalaya",
ha ripercorso in un viaggio celebrativo il mitico itinerario
della Valigia delle Indie (1870-1914) ovvero il transito
della corrispondenza e dei viaggiatori da Londra a Bombay
via Brindisi di fine '800.
Con lui 170 buste filateliche commemorative della Valigia
delle Indie.
Rosario Mascia con Himalaya
L'iniziativa
ha ricevuto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica
Italiana, il Patrocinio della Presidenza del Consiglio
dei Ministri ed il Patrocinio della Società Geografica
Italiana.
Il viaggio, di circa 12.000 km attraverso sette Stati,
è iniziato allo Victoria Station di Londra, con
imbarco a Dover e via Calais con proseguimento sino
a Brindisi. Da qui alle ore 20 del 21 luglio, non essendo
più in servizio piroscafi passeggeri lungo la
tratta Brindisi-Bombay, la Valigia è stata imbarcata
per Atene proseguendo per Istanbul, Tehran, Lahore e
Bombay.
Ha conseguito
la laurea in Scienze Politiche presso l'Università
Cesare Alfieri di Firenze con Tesi di Laurea in Storia
del Giornalismo: "Il giornalismo di guerra italiano
in Africa Orientale 1935-36".
E' stato giornalista pubblicista freelance, fotografo,
viaggiatore, conoscitore dei problemi asiatici con particolare
riguardo a quelli dell'India, del Kashmir del Tibet
-tibetani in esilio (tra i quali trascorre diversi mesi
all'anno, ovviamente quando può). Collaboratore
di diverse testate tra le quali: Libero, Il Nuovo, Diario,
Messaggero, Agenzia giornalistica La Nuova Nea. Ha compiuto
diversi viaggi nei Balcani: Albania, Macedonia, Croazia,
Kosovo pubblicando diversi reportages di guerra.
Ha pubblicato alcuni volumi tra i quali "La Valigia
delle Indie, Londra - Brindisi - Bombay", 1985
Il diario con i dettagli del viaggio della "Valigia
delle Indie" sono stati offerti dall'Autore e pubblicati,
in esclusiva, su Brindisiweb.
Rosario Mascia
è nato a Brindisi il 20-11-50, ed è prematuramente
scomparso il 29 dicembre 2005.
La partenza
"Himalaya",
il fuoristrada russo col quale inizio questa avventura,
si incanala nello scarso traffico serale del gelido
gennaio londinese. Accanto ho mia madre che nonostante
i suoi 75 anni non vuol perdersi la prima parte di quest'avventura:
ripercorrere il viaggio lungo la rotta della Valigia
delle Indie, dalla capitale dell'ex impero britannico
sino a Bombay.
Ben stipate nel portabagagli dell'auto, 170 buste filateliche
per collezionisti costituiscono la Valigia: recano l'annullo
di Londra e sul retro riceveranno quello delle città
di tappa a cominciare da Parigi per proseguire via Lione,
Modane, Torino, Bologna, Ancona, Bari sino a Brindisi,
il porto che dal 1870 al 1914 fu l'ultimo polo terrestre
dei treni di lusso "Peninsular Express". Composti
dalle carrozze della Compagnia dei Wagons Lits, la loro
ultima fermata, dopo 2.250 chilometri percorsi alla
velocità commerciale di 48 chilometri l'ora,
era la Stazione Marittima, sotto le murate dei piroscafi
della Peninsular and Oriental Steam Navigation Company,
pronti ad accogliere i fieri ed orgogliosi figli di
quell'Inghilterra, sui cui dominii non tramontava mai
il sole, ed a salpare per Alessandria d'Egitto, Suez,
Aden, Bombay.
La maggior parte di loro viaggiava per servizio, militari,
funzionari dell'amministrazione coloniale britannica,
ma anche commercianti, mogli che raggiungevano i mariti,
a volte intere famiglie che si trasferivano, fidanzate,
giornalisti, scrittori, avventurieri e agenti segreti
che nell'Himalaya sarebbero stati impegnati nel "Great
Game", il Grande Gioco, così magistralmente
descritto da Kipling nei suoi libri, terreno di scontro
tra le piu' abili spie al servizio dell'Intelligence
Service, dello Zar e dell'imperatore cinese.
La
mia avventura vuol essere anche un omaggio a Thomas
Waghorn (foto a destra),
un intraprendente ufficiale della Royal Navy che la
notte del 28 ottobre 1929 partì da solo dalla
Victoria Station in carrozza con alcuni dispacci per
Sir John Malcom, governatore di Bombay, mosso dalla
ferma volontà di aprire una nuova e più
celere via per la corrispondenza da e per le Indie,
in luogo del lungo periplo dell'Africa e che nonostante
abbia contribuito alla grandezza dell'Impero britannico
fu ben presto dimenticato.
Solo l'insistenza di alcuni amici riuscì a fargli
ottenere una misera pensione governativa di venti sterline
per gli "eminent services" resi.
Terminata l'epopea, dismessi velieri e navi passeggeri
su quella rotta, raggiungerò l'India via terra
attraversando in solitario Grecia, Turchia, Iran e Pakistan.
Un viaggio più lungo e più avventuroso
ma non v'è scelta. I venti di guerra che spiravano
sull'Irak si trasformano in conflitto ed il viaggio
subisce una lunga battuta d'arresto durante la quale
termino tutti i lavori per preparare "Himalaya"
ad affrontare i circa diecimila chilometri che mi separano
dalla mia méta. Visti sulla mappa non sembrano
poi così difficili ma so per esperienza che le
linee rosse e blu sono ingannevoli: sul terreno in Anatolia
ed in Pakistan, principalmente, un tratto di cento chilometri
può richiedere anche otto ore di guida!
I visti mi vengono rinnovati ma non quello dell'Iran
dove le manifestazioni degli studenti inducono le autorità
a non favorire l'ingresso di giornalisti nel paese.
L'Afghanistan, la via alternativa, è ancora troppo
instabile per tentare di seguire una delle rotte della
via della seta. Decido di partire ugualmente e di tentare
la sorte. Cercherò di prendere il visto mancante
ad Istanbul, Ankara o Erzurum, l'ultima città
con una rappresentanza diplomatica iraniana.
Le luci di Brindisi sono puntini all'orizzonte
in questa notte di luglio mentre il traghetto si allontana
dalla costa. Il mio viaggio celebrativo riprende verso
Oriente, la parte più interessante dell'avventura.
Ad Atene, avvolta in una cappa di smog che rende ancor
più opprimente il caldo, i tecnici della Lada
Hellas controllano per l'ultima volta "Himalaya"
prima di inoltrarmi lungo strade sulle quali trovare
assistenza potrebbe essere un problema. Lascio la capitale
dell'antichità classica dirigendo a nord, costeggiando
il Golfo Termaico dove il mare in alcuni tratti è
di un blu cobalto così intenso che invita a tuffarvisi
per scoprire l'origine di quel meraviglioso colore.
Quando giungo a Salonicco è ormai notte ma il
giorno dopo dedico qualche ora alla visita della città
che fu una importante stazione di posta per il cambio
dei cavalli lungo la via commerciale dei Balcani ed
il secondo centro culturale durante l'impero bizantino,
privilegio che ha mantenuto anche nella Grecia moderna.
Sono in Macedonia, una parola che fa bollire il sangue
nelle vene dei greci e che per poco non apriva un nuovo
fronte di guerra durante il conflitto yugoslavo. Qui
nel 1923, dopo il Trattato di Losanna, che stabilì
i confini della Turchia moderna, si riversarono le ondate
di profughi costretti a lasciare l'Asia Minore per lo
scambio forzato delle popolazioni ed ironia della sorte
proprio a Salonicco ebbe i natali Kemal Ataturk, il
padre della moderna Turchia.
Lascio Salonicco e la Macedonia puntando verso il confine.
Xanthi, in Tracia, è l'ultima cittadina greca
prima della frontiera che merita una sosta, un villaggio
vivace, dove greci e turchi, chiamati da Atene "greci
di religione musulmana", convivono pacificamente.
Il caldo è meno opprimente ed i ritmi di vita
seguono ancora quelli contadini, "forse in virtù
delle piantaggioni di tabacco che sono le più
importanti del paese" mi dice in un eccellente
italiano Demetrio Stefanis, un agronomo laureatosi all'università
di Napoli che mi invita in pizzeria dove gusto diversi
tipi di pizza alla greca, più croccante, sottile,
e farcita di quella italiana. L'indomani, prima di partire,
visito la parte storica della cittadina, sulla collina,
dove il retaggio della dominazione ottomana è
evidente con le case in legno ed i piani sporgenti della
città vecchia. Il primo caffè alla turca
lo bevo al bar della piazza Plateia Kentriki.
Parte Seconda: Attraversamento
della Turchia - verso le steppe dell'Anatolia
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