LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
QUANDO SKIRMUNT
COSTRUI' IL BELLISSIMO VILLINO AFFACCIATO SU SANT'APOLLINARE
La dimora estiva del nobile imprenditore vinicolo polacco
era anche nota per essere frequentata da un fantasma,
ma una recente ricerca svela la realtà storica
che smentisce il racconto popolare
La cultura popolare
riveste un ruolo fondamentale nel creare racconti e
conservare misteri. Le antiche dimore in particolare
sono quei luoghi dove di solito si generano aneddoti
e leggende, storie dalle verità nascoste o modificate
che si tramandano nel tempo, mantenendo inalterato quel
fascino della superstizione primitiva dalla quale derivano.
La suggestione attrattiva dei luoghi e la bellezza del
mistero ha interessato anche il noto "casino
di campagna", la villa una volta immersa
nella folta pineta della collinetta di Punta delle
Terrare, che faceva da sfondo all'arco balneare
dell'indimenticabile spiaggia brindisina di Sant'Apollinare.
La villa Skirmunt sulla collinetta
davanti alla spiaggia di Sant'Apollinare
Il villino fu voluto
durante la seconda metà dell'Ottocento dal conte
Szymon Ludwig Skirmunt (1835-1902), detto "lu
francesi", originario di Pinsk, all'epoca in Polonia
e oggi centro turistico della Bielorussia. L'imprenditore,
uno dei principali protagonisti della "trionfale
avanzata del vigneto" nel brindisino, era noto
anche come pittore di successo, attivo principalmente
in Francia e Italia e segnalato come esponente di rilievo
della scuola russa, e come "enologo intelligente",
professione che lo portava a soggiornare a Brindisi
con regolarità soprattutto in estate e nei periodi
della vendemmia, senza mai prenderne residenza. Secondo
la leggenda popolare il ricco proprietario fondiario
sarebbe stato il mandante dell'omicidio dell'amante
di sua moglie, tale Vincenzo ("o più realisticamente
Vicienzi"), lo statuario guardacaccia della villa.
Il sicario fu poi associato alle patrie galere, mentre
la signora Skirmunt, al secolo Kasylda Grabowska
Grabówki h Oksza, straziata dal dolore, "avrebbe
deciso di suicidarsi gettandosi dalla terrazza della
villa e il suo corpo sarebbe andato a infrangersi sugli
scogli che lambivano le limpide, all'epoca, acque di
Sant'Apollinare". Da questo tragico racconto
deriverebbe la triste nomea di "villa degli
spiriti": l'anima dell'infelice donna,
infatti, sarebbe poi più volte comparsa sulla
terrazza dell'edificio, almeno questo raccontarono i
tanti pescatori e i contrabbandieri che da lì
transitavano, via mare o dalla costa, alle prime luci
dell'alba, avendola vista aggirarsi inquieta e avvolta
nelle vesti bianche svolazzanti.
Veduta aerea di villa Skirmunt
e della pineta negli anni Sessanta
Il presunto avvenimento,
frutto evidente degli eccessi di fantasia popolana,
è stato trasmesso oralmente per oltre un secolo,
annebbiando di fatto la verità storica. Un recente
e approfondito studio del prof. Giacomo Carito
ha finalmente chiarito cosa sia successo realmente,
collocando gli avvenimenti in una prospettiva corretta
e rigorosa. Per dare compiutezza alla ricerca, lunga
e complessa, è stato necessario consultare pubblicazioni,
certificati e documenti conservati in archivi francesi,
russi e polacchi, alcune utili informazioni sono state
estratte dall'archivio di famiglia della famiglia brindisina
dei conti Balsamo, che il primo febbraio del
1911 acquistarono la villa, insieme ai terreni della
vicina masseria Perrino, proprio dagli eredi di Szymon
(Simone) Skirmunt. Il notevole e articolato lavoro dello
studioso brindisino è stato pubblicato sull'ultimo
volume dell'Archivio Storico Brindisino, la raccolta
di studi promossa dalla Sezione di Brindisi della Società
di Storia Patria per la Puglia, stampato nell'aprile
di quest'anno dalla History Digital Library. La trattazione
ricostruisce l'interessante e ricca storia genealogica
della famiglia Skirmunt e ripercorre le vicende che
portarono al notevole investimento nell'agro brindisino
deciso dal padre di Simone, Alexander (1798-1870),
che acquisì nell'aprile 1868, "i beni
dell'asse ecclesiastico venduti dal demanio, rendendosi
artefice della trasformazione di terreni a seminativo
e a pascolo in vigneti su un'area di circa 70 ettari".
Laureato presso la Facoltà di Matematica e Fisica
all'Università di Vilnius, Alexander aveva studiato
chimica in Germania e Francia prima di disporre del
capitale di famiglia con il quale costruì una
delle prime fabbriche di zucchero polacche, per poi
dedicarsi con notevole successo internazionale all'industria
tessile. Poco prima della sua morte volle investire
nelle piantagioni di uva nell'agro di Brindisi, ereditati
poi da uno dei suoi cinque figli, Szymon, "gentiluomo
e proprietario" che successivamente allestì
nelle campagne brindisine un moderno ed avviato stabilimento
enologico. Simone era anche proprietario dell'immobile
che aveva ospitato il Convento domenicano con annessa
chiesa della Maddalena, venduto nel marzo 1888 al comune
di Brindisi al prezzo pattuito di centoventimila lire,
destinato poi a diventare l'attuale sede di Palazzo
di Città. "Non fu sempre semplice per
lo Skirmunt incassare quanto gli era dovuto - racconta
il prof. Carito - nel 1894, mentre era in Russia,
il suo amministratore dovette notificare un precetto
mobiliare e immobiliare per ottenere il saldo della
rata in scadenza di ventimila lire". L'imprenditore
agricolo aveva inoltre introdotto nelle campagne brindisine
il vitigno "Furmint", base per
la produzione e la denominazione di Tokai; da qui sarebbe
partita la diffusione di tale vitigno nel territorio
leccese. Nel 1898, all'Esposizione Generale Italiana
di Torino, conseguì persino la medaglia d'argento
dorato nell'ambito della specifica mostra di viticoltura,
enologia ed industrie affini, per i suoi vini da taglio,
da pasto comuni e superiori.
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Il prof. Giacomo Carito
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Araldica Skirmunt
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Szymon Skirmunt decise
di costruire il villino per il soggiorno estivo della
famiglia nei pressi di Sant'Apollinare, nell'occasione
ci fu una controversia che l'oppose, fra il 1873 e il
1874, al Demanio Nazionale, alla Commissione del Porto
di Brindisi e a un certo V. Dacicco. La bella residenza,
a un piano e con una decina di stanze, era circondata
da un muro di cinta che includeva un ricco giardino
di flora mediterranea e palme; dalla villa si accedeva
attraverso un passaggio privato alla sottostante area,
poi detta Spiaggia della Pineta, da lì era facile
raggiungere l'ampio arenile dorato rimasto nel cuore
dei brindisini.
Konstanty (Costantino) Skirmunt
con lo sfondo della villa
"Quando il
nobile Simone morì a Poissy, presso Parigi, il
22 dicembre 1902 - racconta il prof. Carico - la
proprietà della masseria Perrino, estesa quasi
settanta ettari con annessi stabilimento e casina di
villeggiatura, pervenne per disposizione testamentaria
ai suoi fratelli Aleksander ed Henryk; quest'ultimo
divenne poi membro della camera alta e gentiluomo alla
corte di Sua Maestà l'imperatore di Russia a
Pietroburgo. Come procuratore dei beni ereditati fu
nominato Konstanty Skirmunt, figlio di Henryk, che al
pari degli altri componenti del ramo brindisino della
famiglia, ebbe un ruolo rilevantissimo nella Russia
e nella Polonia degli anni Venti e Trenta del Novecento.
A loro carico vi era l'onere, per ciascuno dei due fratelli,
dell'annuale versamento di un consistente vitalizio,
pari a settecentocinquanta rubli, alla vedova Kasylda
Skirmunt". Pertanto, la nobildonna sposata
con Szymon dal 1860 sopravvisse al marito e difficilmente
fece ritorno a Brindisi, ciò fa decadere l'ipotesi
del suicidio e la morte prematura descritta nel racconto
popolare.
Ciò che resta della villa
Skirmunt
La narrazione immaginaria
e fantasiosa, che negli anni ha ricevuto una qualche
patente di credibilità ed ha contribuito ad alimentare
il mito e il fascino di un luogo infestato da oscure
presenze, è stata ideata come stratagemma per
incutere timore, con ogni probabilità, proprio
dai pescatori "e soprattutto dai contrabbandieri,
che diffondevano voci sempre più circostanziate
sulle passeggiate notturne dell'infelice donna e perseguire
interessi meramente personali, così da agire
indisturbati nei momenti dello scarico merci al riparo
da occhi indiscreti", chiarisce l'arcano il
noto storico brindisino.
La "casina per
villeggiatura", facente parte dei beni acquisiti
al prezzo convenuto di ottantamila lire dal conte Federico
Balsamo, nell'esclusivo interesse del figlio Salvatore,
fu ceduta nell'ottobre 1930 ai coniugi Antonio Monticelli
e Lucrezia Cristofaro. Attualmente l'intera area,
di grande interesse archeologico per gli importanti
reperti risalenti all'età del Bronzo, compresa
la villa abbandonata da anni e in condizioni di assoluto
degrado, è nella disponibilità dell'Autorità
di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale.
L'ex casino Skirmunt, opportunamente ristrutturato,
potrebbe costituire un utile appendice museale del parco
archeologico vincolato con D.M. 03.04.1985, sullo straordinario
promontorio al centro del porto naturale di Brindisi.
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n.179 del 25/12/2020
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