Brindisini illustri - TEODORO MONTICELLI
Teodoro Monticelli,
il più grande conoscitore del Vesuvio
di ogni tempo
Il famoso abate celestino
e naturalista brindisino, vissuto tra il ‘700
e l’800, rappresenta ancora oggi un riferimento
importante per la comunità scientifica
internazionale di mineralogia
Dopo oltre
due secoli dai suoi studi di vulcanologia, Teodoro
Monticelli continua a rappresentare
un punto di riferimento della comunità
scientifica internazionale. Il suo nome, così
come i suoi studi, vengono ancora riportati
in numerosi lavori pubblicati su riviste nazionali
e internazionali a larga diffusione scientifica.
Eminente figura di rilievo nel panorama culturale
italiano dei primi dell’ottocento, si
distinse per le sue tante passioni e interessi
e per la grande apertura intellettuale progressista
ed illuminista.
Teodoro Monticelli (a
sx in un ritratto del 1844)
Teodoro Monticelli
nacque a Brindisi il 5 ottobre del 1759 in un
edificio nell’antico quartiere delle Sciabiche,
demolito negli anni venti del ‘900. Era
il figlio cadetto della nota famiglia aristocratica
brindisina, il padre Francesco Antonio
era barone di Nicoletta e Cerreto, la madre
Eleonora apparteneva alla famiglia
dei conti Sala. Sin da piccolo fu affidato alle
cure dei Padri Scolopi delle Scuole Pie prima
di ricevere una formazione umanistica nel monastero
dei padri Celestini di Santa Croce a Lecce,
dove maturò anche la vocazione sacerdotale.
I suoi studi si perfezionarono a Roma per poi,
a solo ventitre anni, fare ritorno nel Salento
come docente di matematica e filosofia, discipline
che insegnò poi nel monastero napoletano
di S. Pietro a Majella. Sempre nella capitale
del regno ottenne la cattedra di Storia Ecclesiastica
e di Etica, e frequentò un altro importante
brindisino alla corte borbonica, il ministro
di Grazia e Giustizia Carlo De Marco
(biografia),
da lui fu introdotto nella cerchia degli intellettuali
napoletani.
Divenuto uno
dei principali organizzatori della rivoluzione
giacobina e membro di spicco della Società
patriottica partenopea, nel 1796 fu arrestato
ed esiliato nella torre dell’isola di
Favignana, dove ebbe modo di compiere gli studi
inerenti il comportamento e la cura delle api,
per poi redigere un saggio nel quale suggeriva
agli apicoltori le corrette pratiche da adottare.
Fu liberato sei anni dopo grazie all’intervento
diretto di Papa Pio VII, conosciuto
prima che diventasse pontefice, che gli conferì
il titolo di abate.
Dipinto dell'eruzione
del Vesuvio nel 1822
Monticelli
non era solo un filosofo, era anche un naturalista
appassionato di economia ed agraria ma soprattutto
grande esperto di vulcanologia e mineralogia,
materie che approfondì con passione a
Napoli durante il “decennio francese”.
Fu un attento osservatore delle eruzioni del
Vesuvio, molto frequenti all’epoca, in
particolare quelli avvenuti nel 1813, 1821 e
1822. Durante questi eventi si recava sul vulcano
- per lui un “laboratorio naturale di
facile accesso” - coadiuvato dai suoi
più vicini collaboratori, per assistere
ai fenomeni eruttivi e per raccogliere i materiali
da analizzare. Nei suoi studi, poi tramutati
in numerose pubblicazioni, ha fornito una prima
descrizione sistematica dei prodotti eruttivi
vesuviani basata sulla composizione chimica
e le proprietà fisiche dei minerali,
ha inoltre formulato la legge sui depositi piroclastici
di caduta, tracciando anche una classificazione
cronologica dei vulcani basata sulla presenza
in percentuale di alcuni minerali (feldspati,
pirosseno e leucite).
Napoli, Palazzo Penne
in piazza Teodoro Monticelli.
Una parte
della sua ampia collezione di rocce e minerali
vesuviani fu venduta nel 1823 al British
Museum per la considerevole cifra di
510 sterline, gran parte della collezione fu
poi trasferita al Museo Nazionale di
Storia Naturale di Londra dov’è
tuttora esposta sotto il nome di “Collezione
Monticelli”. Probabilmente con
tale somma acquistò il quattrocentesco
Palazzo Penne, ubicato nel
centro storico di Napoli nell’antica piazzetta
di san Demetrio, divenuta poi piazzetta Monticelli
in onore dello studioso brindisino. In questo
edificio oggi abbandonato all’incuria
- che secondo una leggenda popolare fu costruito
in una sola notte da Belzebù per un patto
di sangue concluso con il ricco borghese Antonio
Penne - il Monticelli continuò
la sua raccolta di reperti mineralogici, rocce,
cristalli, fossili, e antichi volumi sul Vesuvio,
trasformarono la sua residenza napoletana in
un vero e proprio museo-laboratorio, con microscopi
e strumenti utili allo studio dei materiali.
La ricca collezione contava circa 16.800 reperti,
ed era arricchita anche da minerali provenienti
da altre zone del mondo scambiati o ricevuti
in dono da privati e istituzioni, tra questi
anche una testa di satiro scolpita da Antonio
Canova in un blocco di marmo di Carrara
nel quale vi è un limpidissimo cristallo
di quarzo stretto tra le fauci, donato dall’artista
con il quale il Monticelli era legato da profonda
e sincera amicizia, come dimostrato dalla vasta
corrispondenza tra i due.
Nella dimora napoletana lo scienziato brindisino
ha ospitato numerose personalità internazionali,
come il noto chimico inglese Humphrey
Davy, già presidente della Royal
Society, che definì Monticelli “l’illustre
filosofo del Vesuvio” e il principe ereditario
di Danimarca Cristiano Federico
(futuro Cristiano VIII), con lui condivideva
lo spirito e le idee progressiste e instaurò
una lunga collaborazione.
Testa di satiro scolpita
da Antonio Canova con cristallo di quarzo donata
a Teodoro Monticelli
All’abate
celestino, dal 1826 nominato anche Rettore dell’Università
di Napoli, si rivolgevano infatti appassionati,
nobili, letterati e un gran numero di studiosi
europei ed extraeuropei quando si recavano a
Napoli per visitare Pompei e il Vesuvio. Teodoro
Monticelli oltre ad essere riconosciuto come
referente principale della comunità scientifica
internazionale, era anche il riferimento di
un’ampia ed efficiente rete nella quale
si muovevano minerali, strumenti e nuove teorie
scientifiche, ma anche idee innovatrici e democratiche:
era convinto che il sapere doveva essere condiviso
e applicato al progresso del Paese.
Il coraggio
e la sensibilità politica gli permisero
di assumere un ruolo di protagonista nella vita
culturale e governativa del regno borbonico
post restaurazione, e grazie alla sua influenza
alla corte del Regno, riuscì ad evitare
l’irrazionale provvedimento di escludere
la città di Brindisi dai nuovi collegamenti
stradali (l’attuale S.S.16) bloccando
il trasferimento dei fondi destinati ai lavori
di sistemazione urbana a favore del rifacimento
del porto di Gallipoli, che avrebbero causato
un pericoloso isolamento o persino il completo
abbandono della città. Grazie a lui,
e all’opera portata avanti dal nipote
Giovanni Monticelli insieme
a Benedetto Marzolla, fu anche
possibile riprendere i lavori per la riapertura
del porto quasi completamente interrato (leggi
la storia).
Si interessò
anche di speleologia, con un saggio sulla grotta
della Zinzulusa, e di idrologia e idrogeologia,
con un importante trattato sull’economia
delle acque, in cui descrisse la corretta gestione
delle acque sotterranee e superficiali nel regno,
suggerendo di raccoglierla in grotte e canali
sotterranei come si faceva nei tempi antichi.
Propose inoltre interventi innovativi e strutturali
per evitare i dissesti idrogeologici, tipo la
bonifica delle aree paludose e il rimboschimento,
teorie sempre finalizzate ad un miglioramento
delle condizioni di vita nell’Italia meridionale.
Grazie ai suoi studi ottenne numerose onorificenze
e fu nominato membro di diverse società
e accademie italiane e straniere. Al naturalista
brindisino è anche dedicato un minerale
scoperto nel 1831 dal cristallografo Henry
J. Brooke, chiamato appunto monticellite.
Monticellite (fonte dal
web)
Dopo la sua
morte, avvenuta a Pozzuoli il 5 ottobre del
1845 al compimento esatto degli 86 anni, la
ricca biblioteca e la collezione di minerali
vennero venduti all’Università
di Napoli per 3500 ducati, una parte dei reperti
furono poi rivenduti all’Osservatorio
Vesuviano e, nel 1851, al Museo
Mineralogico di Napoli dove oggi si
trovano esposti.
Brindisi gli ha intitolato il Liceo Scientifico
e una strada del rione Casale.
Real Museo Mineralogico
Napoli
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n.78
del 21/12/2018
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