Brindisini illustri - UMBERTO CHIONNA
Umberto
Chionna, combattente per la libertà e
vittima del nazifascismo
Morto a soli trentaquattro anni in un campo
di concentramento austriaco, già da adolescente
si eradistinto nella lotta contro la dittatura
fascista
L’opposizione
politica e sindacale al regime fascista è
stato un fenomeno molto attivo che vide coinvolto
in maniera trasversale ogni ceto sociale di
qualsiasi ideologia politica. Uomini e donne
di ogni età, dai semplici operai agli
insegnati, dai liberali dicattolici, dai militari
agli anarchici hanno partecipando alla resistenza
accomunati dal desiderio di porre fine alla
dittatura mussoliniana, lottando senza sosta
per gli ideali che stanno alla base della nostra
Costituzione. La decisa, ferma e concorde volontà
di opposizione al regime ha visto la partecipazione
operosa anche di molti giovani brindisini, divenuti
protagonisti del movimento antiautoritario e
libertario che si manifestò con forza
durante tutto il periodo fascista.
Foto segnaletica di Umberto
Chionna
Una importante
e complessa ricerca finalizzata al recupero
della memoria e delle personalità più
significative di questo movimento giovanile
del territorio brindisino è stata svolta
da Elena Lenzi, autrice di
uno studio che continua ancor’oggi ad
essere approfondito insieme al gruppo di lavoro
dell’Archivio di Stato di Brindisi e all’Anpi,
con l’intento di ricostruire le vicende
politiche e sociali di quegli anni. Tra i tanti
interpretidella lotta antifascista brindisina
emerge la figura e la storia di Umberto
Chionna, un ragazzo che già
all’età di quindici anni venne
arrestato dalla polizia, deferito al tribunale
speciale per la difesa dello Stato e condannato
a “soli” tre anni di carcere per
il reato di cospirazione, una pena interamente
scontata nel carcere di Pesaro. La richiesta
di grazia avanzata dal padre non fu accolta
poiché “nel pubblico farebbe
cattiva impressione l’accoglimento della
domanda” inviata da un elemento ritenuto
“di sentimenti sovversivi”:
più grande di sei anni rispetto a Umberto
era suo fratello Tommaso, già
noto alla Polizia per la militanza nel circolo
giovanile comunista fondato da Giuseppe
Prampolini, pioniere del comitato brindisino
del Partito Comunista d’Italia.
Brindisi, vico dè
Florenzia (la falegnameria della famiglia Chionna
era sul lato destro della strada)
Umberto Chionna
nasce il 28 gennaio del 1911 da Giacinto
e Addolorata Camposeo, sin
da piccolo viene avviato al lavoro, come tutti
i suoi quattro fratelli maggiori, nella falegnameria
di famiglia situata sotto l’abitazione
di vico de’ Florenzia, la strada che da
Largo Palumbo termina con la scalinata prospiciente
le scuole elementari maschili “Perasso”
di Corso Roma. Probabilmente proprio in questo
laboratorio artigianale,la tipica “casa
e putea”, il ragazzo ascolta i discorsi
degli adulti e “si avvicina agli ideali
di giustizia e solidarietà dei lavoratori
organizzati”. Nel luglio del 1926
è tra gli organizzatori di una sezione
giovanile comunista segreta alla quale fece
iscrivere alcuni suoi amici, il circolo si riuniva
“all’aperto in campagna”,
ma pochi mesi dopo, nella notte tra il 29 e
il 30 ottobre, gli agenti di polizia procedono
all’arresto di sedici giovani operai ed
artigiani: insieme ad Umberto vengono fermati
“i più anziani” Domenico
Conchiglia, Teodoro Ostuni
e Giuseppe Ribezzi, condannati
poi a 8 e 6 anni di detenzione e due anni di
vigilanza speciale, e i giovanissimi Guglielmo
Carella, Gaetano Liuzzi,
Giuseppe Trastevere, Pietro
Vacca e Vincenzo Battista,
quest’ultimo, garzone barbiere di soli
quattordici anni, sconterà la pena detentiva
nel carcere di Pesaro insieme al Chionna. Il
14 novembre del 1929 entrambi escono dal penitenziario
per “pena espiata” e rientrano a
Brindisi dove vengono diffidati dal Prefetto
e sottoposti a vigilanza della Questura, tutto
ciò non impedisce loro di riorganizzare
il movimento giovanile insieme al meccanico
Giuseppe De Tommaso, l’allora
fiduciario del Partito Comunista, i tre divengono
gli elementi più attivi nell’attività
politica contro il regime.
Foto segnaletica di Vincenzo
Battista
Il 18 aprile
del 1931 un gruppo di giovani comunisti, in
un atto di vera sfida alla dittatura, riescono
a trasformare il funerale dell’operaio
edile Ferruccio Mauro, deceduto
in seguito ad un infortunio sul lavoro, in una
manifestazione antifascista: Umberto Chionna
porta a spalla una corona di fiori fatta di
garofani rossi, poi definita dall’accusa
“di intonazione sovversiva”,
sul quale è apposto un nastro con la
scritta “I compagni alla cara vittima
del lavoro”. Per questo episodio il 5
maggio viene arrestato insieme agli altri compagni
con l’accusa di associazione e propaganda
sovversiva e condannato a tre anni di confino,
da scontare a Lipari. Liberato già nel
1932 in occasione del decennale del fascismo
e obbligato ad assolvere all’obbligo militare
(due anni in Marina), resta sempre sottoposto
a continua sorveglianza vigilata e al controllo
della corrispondenza, misure adottate anche
quando rientra a Brindisi, nonostante ciò
riesce a riprendere l’attività
clandestina per il partito unitamente all’inseparabile
amico Vincenzo Battista.
Umberto Chionna e la
moglie Jolanda Taurisano a Milano, in braccio
la figlia Dorina, nella foto a destra nel 2019
Nel 1936
sposa Jolanda Taurisano e decide
di emigrare a Milano, dove si erano già
trasferiti i suoi fratelli, qui,dopo un periodo
di lavoro alla Gondrand, viene assunto come
falegname alla Pirelli Bicocca ed entra a far
parte della cellula comunista interna alla fabbrica.
Torna a Brindisi in una sola occasione, nel
febbraio 1938, ufficialmente per vendere le
attrezzature del laboratorio del padre, in realtà
per mettersi in contatto con i suoi vecchi compagni
per conto del partito.
La sua partecipazione attiva agli scioperi generali
delle fabbriche milanesi organizzati nel marzo
1944 gli costano l’ennesimo e definitivo
arresto: la notte del 17 marzo viene condotto
a San Vittore insieme a un centinaio di lavoratori,
alcuni giorni dopo è deportato dalla
Gestapo nel triste campo di concentramento austriaco
di Mauthausen, dove solo il due per cento dei
prigionieri riuscìa sopravvivere ai lavori
forzati nella vicina cava di granito e aldeperimento
per denutrizione e stenti.
Umberto Chionna, associato al numero di matricola
61606, per la sua indole e per il suo consueto
atteggiamento solidale verso gli altri internati,
è preso di mira dalle guardie naziste
e fatto oggetto di violenze con gravi ripercussioni
sul suo stato di salute. Uno dei pochi superstiti
del campo, Aldo Marostica,
è stato testimone dell’episodio
che vide Chionna difendere un confinato dalle
prepotenze di un sorvegliante, le guardie tedesche
richiamate dalle grida del Kapò gli aizzarono
contro i cani che lo azzannato alle gambe a
più riprese, da questo episodio Umberto
non si è mai più ripreso, morì
per le sofferenze il 23 aprile 1945, dodici
giorni prima della liberazione del campodalla
3ª Armata americana.
Elena Lenzi e i rappresentandi
dell'ANPI a Milano il 25 gennaio 2019
Il 25 gennaio
del 2019 a Milano è stata inserita una
“pietra d’inciampo”
davanti al portone della casa dove risiedeva
la famiglia Chionna, in via Farini 35, con una
piccola targa sul muro, presenti alla cerimonia
la figlia Dorina, i rappresentanti
del Comune di Milano e la ricercatrice brindisina
Elena Lenzi.
Il piccolo blocco quadrato di pietra con lato
di dieci centimetri, ricoperto di ottone lucente
sul quale sono riportati i dati del deportato
brindisino, è uno dei 1.342 “Stolpersteine”
italiani tra gli oltre settemila presenti in
Europa, ideate dall'artista tedesco Gunter
Demnig per ricordare le vittime della
repressione nazista.
Il nome di Umberto Chionna è inoltre
inciso con quello di altri Patrioti caduti nella
lotta di liberazione, sul monumento ai Caduti
dell'Isola (un quartiere di Milano
un tempo abitato da famiglie operai e partigiani),
un’opera realizzata da Carlo Ramous
che rappresenta bandiere al vento, oggi collocato
in piazza Segrino.
La pietra d'inciampo
e la targa in ricordo di Umberto Chionna in
via Farini 25 a Milano
Milano, Monumento ai
Caduti dell'Isola, a sx il particolare dei nomi
Giovanni
Membola
per Il 7 Magazine n.145
del 24/04/2020
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