BRINDISI ATTRAVERSO LA STORIA
GLI
ANTENATI DEI BRINDISINI
GLI ANGIOINI (6^ parte)
Gli
Angioini provenivano dalla regione di Anjou, nella Francia
centro-occidentale. Fu Carlo I (1226-1285) a sconfiggere
e a uccidere a Benevento – il 26 febbraio 1266
- Manfredi, figlio di Federico II. Conquistato il regno
meridionale, trasferì la capitale a Napoli. Conservò
l’apparato amministrativo-giuridico di Federico
II, e trasferì qui la mentalità di un
feudalesimo tipico della sua terra di origine, la Provenza,
fondato non tanto sulle leggi quanto sulla responsabilità
personale degli uomini preposti.
I primi angioini portarono
dalla Francia la lingua e la letteratura provenzale.
Sotto Roberto d’Angiò, sovrano dal 1309
al 1343, la corte riuniva le maggiori intelligenze del
Paese; e Napoli ebbe una biblioteca, che fu messa a
disposizione di tutti. Dopo la sua morte, Napoli declinò
e si riprese solo con gli Aragonesi. Altrettanto gli
Angioini fecero per l’arte francese filo-gotica,
che s’impose sullo stile romanico.
Nell’ordinamento
amministrativo delle province restarono i giustizieri,
i secreti, i portulani, i mastri giurati, gli zecchieri,
ecc.
Carlo I e Carlo II
d’Angiò resero il porto di Brindisi più
agibile; potenziarono l’arsenale per metterlo
in grado di costruire e riparare navi anche di grossa
portata. Rafforzarono il castello svevo e ne costruirono
uno nuovo, non più esistente, a sud della città.
Vennero mercanti genovesi, veneziani, fiorentini, ebrei,
schiavoni, albanesi, oltre a nobili greci, attratti
dalle franchigie concesse dagli Angioini.
Verso il 1280 si verificò
nel Salento un grande sviluppo dei complessi agrari;
280 nella sola provincia di Lecce. La loro esistenza
è provata dalle piccole chiese, spesso affrescate,
sparse nelle campagne o inglobate dai centri abitati.
Nel 1315 re Roberto
d’Angiò ordinò di usare in ogni
parte del regno, come unità di peso e di misura
in ogni transazione, il tomolo brindisino.
Fece emettere dalla zecca la nuova moneta in argento
del carlino, per le esigenze delle imprese
estere presenti sulla piazza di Brindisi.
In epoca sveva-angioina
l’artigianato era molto qualificato a Brindisi.
I mastri ferrari, falegnami, confectieri, conciatori
di pelli, argentieri, ecc., compravano cuoio, pellami,
lana, ferro, oro, argento, rame, seta, legname, e ne
ricavavano prodotti di pregio.
Le frequenti
pestilenze provocavano improvvisi cali demografici:
la peste nera del 1348 (dovuta al proliferare dei topi
neri vaganti tra le sporcizie delle città) ebbe
pesanti riflessi di morte nei centri della provincia
di Brindisi. Ma altri flagelli erano dovuti al proliferare
dei bruchi nelle campagne, che divoravano tutto; e alla
tarantola, altrettanto dannosa.
(fine sesta parte)
Testo di Roberto
Piliego
settima parte: gli
Aragonesi
|