BRINDISI ATTRAVERSO LA STORIA
GLI
ANTENATI DEI BRINDISINI
GLI ARAGONESI (7^ parte)
L’Aragona
era una regione della Spagna nordorientale; nel 1137
le si unì la confinante Catalogna. Nel XIII e
XIV secolo il regno di Aragona fu una delle maggiori
potenze commerciali del Mediterraneo. Nel 1282 gli Aragonesi
sostituirono gli Angioini sul trono di Sicilia, e nel
1323 occuparono la Sardegna. Alfonso V il Magnanimo
(1396 circa – Napoli 1458), re di Spagna, Sicilia
e Sardegna, dopo la morte di Giovanna II regina angioina
di Napoli, conquistò nel 1442 - dopo alterne
vicende - il regno meridionale, e stabilì a Napoli
la sua corte.
Alfonso d’Aragona
aveva rapporti privilegiati con i Medici di Firenze,
con la Roma dei Papi, la Milano degli Sforza, e soprattutto
con la Repubblica di Venezia. Nella concezione dello
Stato fece un grande salto di qualità, perché
creò la figura del Primo Ministro Segretario
di Stato. Gettò le basi dello Stato moderno,
e il figlio Ferdinando I , detto Ferrante (Catalogna
1427 circa – Napoli 1494), che gli successe nel
1458, lo rafforzò, nonostante l’opposizione
dei feudatari. Ammodernò le strutture amministrative
e organizzò la difesa contro la minaccia turca.
Al tempo di Alfonso,
cresciuto nella cultura mercantile della sua Barcellona
prima di trasferirsi a Napoli, il commercio s’incrementò
sensibilmente in un circuito che interessava i pugliesi,
i veneziani, i fiorentini e i catalani.
Alla città
di Brindisi che chiedeva aiuto per agevolare i commerci,
riaprire il porto che era stato occluso da Giovanni
Antonio Orsini del Balzo, riattivare l’arsenale,
oltre che per l’industria dei saponi, Ferdinando
d’Aragona rispose positivamente, promuovendo –
tra l’altro – mercati e fiere. Le fiere
erano quelle del Corpus Domini, di S. Antonio e di San
Leucio, l’antico patrono.
L’usura, che
era praticata dagli Ebrei in concorrenza coi Fiorentini,
fu gradualmente sostituita dagli Aragonesi con il Monte
di Pietà e con l’adozione dell’equo
interesse, così che il Monte di Pietà
divenne Banco di Credito.
Dalla metà
del XIV secolo, subito dopo la conquista di Costantinopoli
e dello stato bizantino da parte dei Turchi di Maometto
II (1453), avvennero frequenti migrazioni di soldati
albanesi e delle loro famiglie, richiamati in Italia
dal principe Giorgio Castriota Scanderberg; si rifugiarono
nel Salento, oltre che in Calabria e Sicilia, per sfuggire
al dominio degli invasori.
La peste colpì
duramente il Salento in più occasioni: nel 1428,
1448, 1466, 1470, 1498. Ostuni, in particolare, fu quasi
interamente spopolata.
A Brindisi nel 1445
fu costruito il Castello Alfonsino (o Aragonese) sull’isola
di S. Andrea, dopo l’abbattimento dell’omonimo
monastero benedettino; castello che in seguito fu più
volte potenziato per far fronte alle continue incursioni
turche.
Nel 1449 Giovanni
Antonio del Balzo Orsini, principe di Taranto, per evitare
che Venezia s’impadronisse del porto brindisino,
lo fece ostruire facendo affondare alla sua imboccatura
una feluca carica di pietrame; ostruzione che provocò
danni enormi per molto tempo.
Nel 1456 Brindisi,
che era popolatissima, subì un terremoto che
la semidistrusse. L’anno dopo fu colpita da una
grave pestilenza, che decimò ulteriormente la
popolazione. Altri terremoti si verificarono nel 1667,
1694, 1729, 1743, 1777, 1833, 1886. Quello più
noto, che avvenne nella notte tra il 19 e il 20 febbraio
1743, provocò il crollo dell’antica cattedrale
romanica, in piazza Duomo.
Nel 1496, durante
la guerra contro Carlo VIII di Francia, gli Aragonesi
cedettero Brindisi ai Veneziani, che la tennero per
13 anni. I nuovi padroni ostruirono ancor più
il porto, affondandovi bastimenti carichi di pietrame,
che bloccarono il passaggio al porto interno. Per tenere
in funzione il porto esterno utilizzavano ponti di barche.
In epoca agioina-aragonese
nacquero, intorno ai centri abitati, i giardini mediterranei,
che fornivano ai cittadini frutti d’immediato
consumo. La campagna tra Ostuni e Conversano, e quella
tra Brindisi e Otranto, erano già coperte di
uliveti; oltre a vigneti e a campi coltivati a grano,
legumi, orzo avena. Brindisi produceva anche cotone,
lino, fave, ceci e zafferano. Le masserie tornarono
ad essere i centri vitali dell’economia primaria,
ed erano estese sino a cento tomoli di terreno.
Fu - in particolare
- con gli Aragonesi che si diffusero nei centri della
provincia i giardini suburbani, le campagne con più
coltivazioni e gli orti casalinghi, così che
la popolazione poteva alimentarsi di più e meglio.
Nelle famiglie di
contadini e artigiani un ruolo importante era svolto
dalla massaia, che aveva il compito di gestire
in modo oculato il prodotto o il reddito fornito dal
lavoro maschile.
Può interessare
conoscere il giudizio che il Galateo (Antonio de Ferraris,
nato a Galàtone nel 1448 e morto nel 1517, medico
e filosofo, oltre che scrittore) diede dei salentini:
“Sinceri e fedeli, frugali, contenti di ciò
che hanno, e concordi tra loro”.
Al tempo degli Aragonesi
un’industria brindisina d’importanza internazionale
era quella delle tre saponerie (di cui due gestite da
genovesi e l’altra da albanesi), alimentate dall’olio
locale. I “savoni” erano esportati a Costantinopoli
e ad Alessandria; ma pure a Venezia, dov’erano
raffinati e profumati; e da dove tornavano a Brindisi
per essere venduti a prezzi superiori. La Repubblica
veneziana è stata sempre un partner commerciale
privilegiato per i salentini, e i brindisini in particolare.
Un’altra
industria era quella della lavorazione della terracotta,
impastata sia nelle botteghe che nelle fornaci che producevano
laterizi per le costruzioni edili: case palazziate,
chiese e i primi hospitali. Nei centri più
antichi come Oria, Ostuni, Carovigno, Ceglie Messapica,
le vie interne erano strette e tortuose, collegate spesso
da archi che univano i muri vicini due-tre metri.
(fine settima parte)
Testo di Roberto
Piliego
ottava parte: i
Veneziani
|