LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
IL BRIGANTE CIRO
ANNICCHIARICO A PALAZZO MONTENEGRO
Gennaio 1818. Un temuto
brigante ed un coraggioso nobile brindisino sono i protagonisti
di una storia romantica di audacia e di coraggio, dove
alla disperazione di un bandito braccato si contrappone
la fermezza e la dignità di un gentiluomo che
si rivela un abile mediatore e uomo di parola.
Teatro della vicenda
è Palazzo Montenegro, il noto
edificio del lungomare che meglio rappresenta l’edilizia
civile barocca della città, oggi residenza del
Prefetto. All’epoca dei fatti dimora del cinquantacinquenne
don Giacomo Montenegro, negoziatore
di grano e maggiore esponente della famiglia di origini
montenegrine, identificabili probabilmente come Petrovich,
che si stabilirono in città verso la fine del
seicento.
Palazzo Montenegro
Una delle ultime
sere di quel lontano gennaio, il ricco mercante fumava
il suo sigaro pacificamente seduto a scaldarsi davanti
ad un caminetto in una delle sale del palazzo, in attesa
dell’illustre ospite per la cena, il generale
irlandese Richard Church, incaricato
dal re Ferdinando I di risolvere l’annoso
problema del brigantaggio in Puglia.
Don Giacomo si accorse di una presenza estranea alle
sue spalle: una figura avvolta in un ampio mantello
gli si avvicinava in punta di piedi. Grande fu lo spavento
quando riconobbe il prete-brigante grottagliese Ciro
Annicchiarico, noto come Papa Ciro,
uno dei più spietati e ricercati banditi dell’epoca
che da quindici anni spadroneggiava con la setta dei
Decisi - da lui fondata - nelle campagne tra Martina
Franca, Grottaglie e Francavilla.
Il fuorilegge, incalzato dalle truppe britanniche, era
riuscito ancora una volta a sfuggire alla cattura e
a giungere a Brindisi per tentare di espatriare via
mare. Non riuscendo a trovare un natante disponibile
(il popolo era timoroso delle severe sanzioni minacciate
da Church nei confronti di chi aiutava i malviventi),
come ultimo disperato tentativo cercò rifugio
nella residenza dei Montenegro, ignaro dell'imminente
arrivo del rivale.
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Il brigante Ciro Annicchiarico
in una tavola di Gaspare Maestro |
Sir Richard Church in abito
tradizionale greco
da "Brigantaggio e società segrete
nelle Puglie" |
Senza preamboli l’Annicchiarico,
tra minacce e l’offerta di duecento ducati, chiese
protezione al nobile brindisino: un imbarco verso una
qualsiasi destinazione o un nascondiglio nell’elegante
dimora. Il Montenegro rifiutò con decisione ed
intimò al brigante di lasciare la casa al più
presto, in quanto da un momento all’altro sarebbe
giunto il temuto generale con il suo stato maggiore.
Per convincerlo del pericolo gli mostrò la tavola
imbandita nella sala adiacente.
Lo scalpitio dei cavalli confermava l’arrivo dei
primi soldati che a breve occuparono il Palazzo e l’intorno,
pertanto si rese necessario nascondere il fuggitivo
in uno stanzino. Dopo aver accolto gli ufficiali inglesi
don Giacomo ritornò al nascondiglio con alcuni
abiti femminili, proponendo a Papa Ciro di indossarli
per passare inosservato ed uscire dalla casa. Lo avrebbe
fatto accompagnare da un ragazzo, in barca, sino ai
piedi del castello Alfonsino e lasciarlo “alla
sua astuzia”.
Immagine d'epoca del Palazzo
Montenegro
Il piano di fuga riuscì
grazie anche al velo che copriva in parte il viso del
brigante e che gli permise di attraversare la schiera
dei soldati incuriositi. Solo uno di essi ebbe l’impressione
di riconoscere - dallo sguardo - gli occhi che potevano
“appartenere solo a Ciro o al Diavolo!”.
Se da una parte Giacomo Montenegro non voleva venir
meno “al tradizionale costume della gente
nostra che considera sacra l’ospitalità,
sia pure quella concessa ad un brigante”,
dall’altra desiderava non tradire la vecchia amicizia
con l’ufficiale irlandese. Infatti subito dopo
narrò l’intera storia al generale chiedendo
comprensione. Questi cavallerescamente lo rassicurò:
“come avreste potuto consegnarlo quando avevate
dato la vostra parola di non farlo? Se foste stato capace
di una cosa simile, non sareste mio amico”.
Per esprimere la propria riconoscenza don Giacomo gli
baciò le mani.
Il salone principale di Palazzo
Montenegro in una foto d'epoca
Il fuggiasco, che
era riuscito a dileguarsi per le campagne con un cavallo,
fu comunque catturato pochi giorni dopo dagli uomini
dell’irlandese e fucilato l’8 febbraio nella
piazza principale di Francavilla d'Otranto,
oggi Francavilla Fontana, non prima di aver confessato
ben 70 omicidi.
L’intero episodio
è stato dettagliatamente descritto dallo stesso
generale Church nel suo memoriale sul brigantaggio,
sebbene rappresenti uno smacco subito durante l’efficace
lotta ai fuorilegge.
Al brigante Annicchiarico, che nella sua epopea eversiva
aveva colpito ed ispirato l’immaginario collettivo,
sono stati dedicati alcuni libri, diversi scritti e
persino un film documentario girato nel 2006.
Testo di Giovanni
Membola
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