LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
LE
COLONIE EBRAICHE A BRINDISI
Storia e vicissitudini delle
comunità di ebrei, da sempre protagonisti della
vita sociale ed economia della città. Attualmente
non rimangono tracce del loro lungo e controverso insediamento
Le colonie di ebrei hanno vissuto
a Brindisi alterne vicende che li hanno visti talvolta
scacciati dalla città e altre volte invocati
e favoriti, seguendo la logica economica che da sempre
li vede protagonisti nella storia. Possessori di cospicui
capitali liquidi (non potevano avere beni stabili) assumevano
ruoli importanti per le sorti economiche del popolo
grazie ai loro prestiti, che concedevano con forti interessi,
un mercato che contendevano ai banchieri veneziani,
genovesi e fiorentini.
Quando l'usura raggiungeva importi troppo elevati, il
popolo - per evitare il pagamento dei debiti contratti
- spesso si ribellava alla presenza di queste comunità
che venivano quindi allontanate, celando i reali motivi
dietro alle secolari argomentazioni religiose, per poi
richiamarli quando subentrava una crisi economica.
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Stele sepolcrale ebraica dedicata
a Lea, figlia di Yafeh Mazal
risalente al 832 d.C.
scoperta a Brindisi nei pressi di via Tor Pisana
(Museo Provinciale)
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Una fiorente e numerosa comunità
ebraica era presente a Brindisi, unica città
pugliese citata nella Mishnàh, confermata
dai ritrovamenti archeologici e da diversi documenti,
anche se non viene esclusa una loro presenza antecedente.
Il più antico ritrovamento ebraico in città
sembra essere quello risalente all'832, si tratta di
una epigrafe sepolcrale ritrovata nel 1870 nella zona
tra via Tor Pisana e l'attuale stazione ferroviaria,
una zona all'epoca destinata a necropoli. L'interessante
stele è oggi conservata nel Museo Provinciale
e riporta un lungo epitaffio in lingua ebraica dedicata
a Lea, figlia di Yafeh Mazal, una bella
e giovane fanciulla morta all'età di 17 anni,
al quale viene chiesto che per lei si aprano le porte
dei giardini dell'Eden.
Queste comunità, che esercitavano
principalmente il commercio di spezie, di preziosi,
di sete e cotone ed anche di schiavi, vivevano in un
agglomerato di abitazioni nel rione Giudea, non un ghetto
confinato ma un quartiere a loro riservato e separato
dalla popolazione cristiana, sull'area collinare di
levante che va dall'attuale chiesa dell'Annunziata sino
al canale della Mena, l'antico alveo poi divenuto Corso
Garibaldi. La strada principale che attraversava il
rione nel 1321 era denominata "Ruga Lame Judayce",
corrispondente all'attuale via Giudea, toponimo ripristinato
dopo le leggi razziali fasciste che l'avevano trasformata
per decenni in via Tunisi. Al centro del rione, probabilmente
sempre sulla stessa ruga, vi era la chiesa dei SS. Simone
e Giuda, forse potrebbe trattarsi dell'antica sinagoga
dell'insediamento, successivamente consacrata al culto
cattolico. Nel 1565 l'edificio religioso risultava già
in rovina. Nel quartiere vi era anche una fontana di
esclusivo utilizzo degli ebrei affinché "nè
anche con l'acque si mischiassero con i Cristiani".
Tintori al lavoro (The British
Library)
Dopo il periodo difficile patito durante
la dominazione bizantina, la loro condizione migliorò
decisamente con l'avvento dei Normanni, in questo epoca
vi fu il passaggio degli ebrei dal dominio diretto dei
principi a quello dei vescovi, a cui era dovuto il pagamento
delle imposte. Un documento del 1199 riporta un accordo
tra Isacco, giudice e probabile capo ebraico
locale, insieme ad importanti cittadini e al comune
di Brindisi, con i capitani delle Repubblica di Venezia,
al fine di non concedere ospitalità nel porto
alle navi dei pisani e dei genovesi, concorrenti dei
veneti. Lo stesso Isacco è uno dei seguaci locali
dell'ammiraglio Margherito (leggi)
ed esponente di spicco del gruppo antifedericiano che
tenne il controllo della città durante il periodo
anarchico, partecipando in prima persona al saccheggio
della chiesa di Santa Maria del Ponte (leggi).
In epoca sveva fu concessa maggiore
libertà alle colonie ebraiche per espressa volontà
dell'imperatore Federico II, limitata poi nel 1221 da
alcune ordinanze. Lo stesso sovrano nel 1231 difese
la colonia ebraica concedendo loro "la facoltà
di concedere il pegno e il cambio" per dare
maggiore sviluppo all'economia, permettendo ai giudei
anche l'esercizio dell'industria e delle arti, in particolare
quello della tintoria dove la colonia era particolarmente
esperta, come dimostrato da una testimonianza risalente
al 1165 che informa della presenza in città di
dieci famiglie ebree che esercitavano quest'arte. Secondo
alcuni storici questo numero era esiguo se confrontato
ai duecento membri della comunità tranese e ai
cinquecento che vivevano a Otranto.
Gli angioini, al contrario delle dominazioni precedenti,
instaurarono una politica antigiudaica: fu fatto obbligo
per gli uomini di indossare sul petto un cerchio di
panno di colore giallo tagliato orizzontalmente nel
mezzo, mentre per le donne era obbligatorio un copricapo
color indaco. Vi furono persecuzioni e aggressioni da
parte dei cristiani: gli ebrei venivano obbligati a
convertirsi al cattolicesimo e a pagare forti tributi;
i loro figli inoltre venivano strappati violentemente
alle famiglie per essere forzatamente battezzati. Una
situazione voluta ed appoggiata anche dalle gerarchie
ecclesiastiche che portò all'inevitabile spopolamento
delle giudecche con conseguente riduzione degli incassi
tributari. Nel 1409 le popolazioni locali, che avevano
sino ad allora sopraffatto in ogni modo le comunità
ebraiche, chiesero al re Ladislao, detto il Magnanimo,
di permettere agli ebrei di prestare il denaro senza
incorrere nelle sanzioni imposte da Stato e Chiesa,
con interessi del 40-45% annui. Questa innovazione portò
un grande benessere alle colonie ebraiche pugliesi e
di tutto il meridione per l'intero XV secolo, che contrastava
con le condizioni sempre critiche presenti nel resto
d'Europa, tanto che vi fu un grosso afflusso di ebrei
stranieri.
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Via Giudea e via Annunziata,
zone dell'area collinare del rione Giudea
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Anche gli aragonesi adottarono una
politica favorevole alla comunità, fu permesso
loro di avere sinagoghe e scuole. A Brindisi alcuni
documenti confermerebbero la presenza di una scuola
ebraica attiva sino al '500. Il re Ferrante d'Aragona,
spinto dai cittadini, nel 1469 emanò un ordine
di protezione degli ebrei poveri presenti a Brindisi,
ma alla sua morte si scatenò in tutto il regno
l'odio nei loro confronti: ovunque le popolazioni si
rifiutavano di restituire il denaro avuto in prestito,
tanto da scatenare violenze e saccheggi. Per evitare
la stessa sorte gli ebrei brindisini giocarono d'anticipo
e d'astuzia: con un atto pubblico del notaio Nicola
De Lacu del 1495 rinunciarono al denaro prestato
come segno di riconoscenza ai cittadini per i favori
da essi ricevuti. Due anni più tardi l'intera
colonia ebraica brindisina, che contava 240 anime su
una popolazione di 4000 persone, sospettando una nuova
sommossa nei loro confronti, decise di trasferirsi a
Gallipoli mantenendo i privilegi e le franchigie di
cui godevano a Brindisi, nel frattempo passata sotto
la dominazione veneziana. Una volta stabiliti nella
cittadina ionica pretesero il pagamento dei debiti contratti
dai brindisini, rinunciando all'accordo stipulato nel
1495, accendendo un contenzioso durato circa dieci anni.
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Via Giudea negli anni '60 e'70
delNovecento
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Le alternanti vicende tra accoglienza
ed inasprimento proseguirono negli anni, con editti
di espulsione intervallati a richiami resi necessari
per mancanza di denaro. Dopo il 1541, con l'allontanamento
definitivo delle comunità da tutto il Regno di
Napoli, anche a Brindisi non vi fu più traccia
di presenza ebraica sino al 1891, quando con l'esodo
dalla Russia e da altri paesi orientali, nella nostra
città giunsero molti ebrei ai quali furono concessi
alcuni suoli per edificare le proprie case "sia
per senso di ospitalità, sia perché si
sperava un incremento economico dalla presenza in città
di ricchi ebrei". Nel 1945 in località
Bocche di Puglia venne istituito un campo di concentramento
e smistamento degli ebrei superstiti provenienti da
tutta l'Europa, in attesa di partire per il loro nuovo
stato d'Israele. Nello stesso luogo il 29 novembre del
1956, dalla motonave Achylleos sbarcarono a Brindisi
86 profughi ebrei, in prevalenza italiani, provenienti
dall'Egitto dopo l'espulsione voluta dal governo di
Nasser con la "crisi di Suez". Furono ospitati
nel campo di "Bocche di Puglia" dove furono
accolti con solidarietà e calorosa amicizia.
Molti di loro si erano imbarcati con i soli oggetti
personali e pochi soldi, lasciando tutti i beni accumulati
in anni di lavoro. Ripartirono nelle settimane successive
e in tanti rimasero in Italia. Di questa esperienza
parla Carolina Delburgo, all'epoca profuga di 10 anni
proveniente dal Cairo, nel suo libro di memorie "
Come
ladri nella notte
".
Una targa al porticciolo turistico ricorda l'evento.
La targa che ricorda l'arrivo
degli 86 ebrei al porticciolo Marina di Brindisi
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n.331 del 22/12/2023
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Documenti
correlati
» Brindisi
Porto di accoglienza nel Mediterraneo
Riferimenti
bibliografici
» Giacomo Carito - Brindisi - Nuova Guida,
1993
» Nicola Vacca - Brindisi ignorata,
1954
Sitografia
» Gli ebrei
a Trani e in Puglia nel medioevo - Tesi di laurea
di Emanuele Gianolio (web
link)
» Una nuova
Sion sulle rive dell'Adriatico (web
link)
Libri
sull'argomento:
» Angela
Frascadore, Gli ebrei a Brindisi nel '400.
Da documenti del Codice Diplomatico di Annibale
De Leo. 2002
» Carolina
Delburgo,
Come ladri nella notte
2006 |
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