LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
LA FIERA CAMPIONARIA
AGRICOLO INDUSTRIALE DI BRINDISI
1924
Nella prima metà degli anni venti ottenne un
grande successo di pubblico e di espositori, sino a
quando Bari non decise di investire ed inaugurare la
Fiera del Levante
La straordinaria manifestazione
commerciale organizzata nel centro della città
di Brindisi, sembrava destinata a diventare una importantissima
istituzione nell’interesse generale della produzione
e del commercio salentino e regionale. Una affermazione
che lasciava presagire un ampliamento del contesto ad
un livello internazionale, ma come spesso accade nella
nostra realtà, l’idea venne fatta propria
e concretizzata da altri intraprendenti impresari pugliesi
che grazie alle loro capacità manageriali portarono
la rassegna campionaria a Bari, dove ancora oggi continua
a rappresentare l’appuntamento fieristico di riferimento
e di eccellenza dell’intero meridione.
Il tutto prese origine da Brindisi, quando nel 1923
venne ottimamente organizzata la “Prima
Grande Mostra Campionaria dell’uva”,
una manifestazione fortemente voluta dal prof. G.
D’Ambrosio, direttore della locale “Cattedra
Ambulante di Agricoltura”, che riscosse
un notevole successo, tanto da coinvolgere maggiormente
l’Unione fra Commercianti di Brindisi nel programmare,
questa volta in grande stile, una seconda fiera campionaria,
coinvolgendo la prefettura di Lecce e tutti i comuni
della provincia. La coraggiosa iniziativa fu ulteriormente
sensibilizzata dal presidente dell’Unione Commercianti,
Francesco Carbone, che nelle sue missive
manifestava la lungimiranza dell’iniziativa e
l’importanza di tale evento in tutto il bacino
del Mediterraneo, “data la posizione geografica
di Brindisi”.
La seconda “Fiera
Campionaria Agricolo – Industriale Salentina”
venne così inaugurata il 4 settembre del 1924
sotto l’Alto Patronato del Sottosegretario di
Stato per l’Agricoltura l’on. prof. Vittorio
Peglion. L’esposizione divenne una vera
e propria vetrina d’eccellenza della nostra economia,
comprendeva i principali prodotti agricolo industriali
della province di Lecce, di cui Brindisi faceva parte,
e Taranto, ed è proprio grazie alla collaborazione
tre diverse forze - amministrazioni pubbliche e del
tessuto socio economico e culturale - che la rassegna
superò tutte le più liete speranze degli
organizzatori: il presidente Carbone, principale artefice
della sorprendente iniziativa, volle inviare al Presidente
del Consiglio dei Ministri Benito Mussolini,
una lettera dove, oltre a descrivere il “brillante
successo” e la “riuscita della manifestazione
commerciale veramente importante […] completa
della vasta e svariata produzione della nostra Regione
Salentina, la quale ha dimostrato così di potere
stare degnamente a fianco delle regioni d’Italia
più variamente ed intensamente produttive”,
invitava il Capo del Governo a “voler portare
ogni più benevola attenzione” all’imponenza
e all’importanza del porto brindisino “quando
di esso si vaglieranno con tutta serenità i pregi
e la indiscutibile importanza nazionale”.
La fiera comprendeva
la mostra zootecnica, adibita su “piazzale Pietà”,
area all’epoca molto ampia e priva degli attuali
edifici e del cavalcavia, la mostra dei prodotti caseari
(formaggi e altri latticini), quella di viti, uva e
vini, la mostra olearia (olii mangiabili e industriali),
dei cereali e leguminose, di ortaggi e frutta, del tabacco,
dei fiori (recisi ed in vaso), dei prodotti anticrittogamici,
insetticidi e fertilizzanti, dei bozzoli (compresa la
seta filata dai bozzoli), del miele in barattoli (era
ammessa l’esposizione di cera e del tipo di arnia
adottata per la dimostrazione della razionalità
dell’allevamento) e della macchine agricole ed
industriali, che dovevano essere custodite anche di
notte da un rappresentante della ditta, disponibile
all’occorrenza a dare una prova di funzionalità
delle stesse. Potevano esporre elusivamente i produttori
e commercianti delle due provincie, eccetto per i fitofarmaci,
concimi e macchine agricole, per i quali il diritto
veniva esteso a tutte le ditte del regno d’Italia.
Gli espositori pagavano il noleggio degli spazi riservati
secondo una tabella prestabilita, era a carico del comitato
organizzatore l’addobbo e l’illuminazione
degli stand, che comunque potevano essere decorati a
spese degli espositori “nel modo che meglio
credono … con i propri prodotti”. Solo
per i cereali la mostra era gratuita.
Gli espositori, gli
speditori, gli operai ed i visitatori usufruivano di
una riduzione sui prezzi dei biglietti ferroviari, inoltre
gli articoli da mettere in mostra venivano esentati
dal pagamento del Dazio Consumo. Le merci deperibili
e i fiori recisi potevano essere venduti e consegnai
già da subito, mentre per tutti gli altri beni
era permessa la vendita ma non la rimozione dall’esposizione
sino al temine della fiera.
I componenti delle giurie, nominati dagli organizzatori,
procedevano alla valutazione della qualità dei
prodotti presentati e, tenendo anche conto delle modalità
e dell’originalità dell’esposizione,
assegnavano diversi premi per ogni categoria merceologica:
“medaglie di oro, di argento e di bronzo,
diplomi di benemerenza ed altri svariati doni offerti
dal Governo, Camera di Commercio, Enti Commerciali ecc.”.
Anche per questa edizione
piazza Cairoli divenne il fulcro della manifestazione
e meta di una folta partecipazione popolare: cassette
e cestini di uve nostrane, covoni di frumento, orzo,
avena e segale, foglie di tabacco imballate ad hoc,
piante e fiori confezionati artisticamente, tutti i
principali prodotti della nostra terra venivano degnamente
esposti e valorizzati nei vari stand, non mancarono
le dimostrazioni tecnico pratiche dei vari sistemi di
innesto arricchite da note illustrative sulle varietà
di vite e i diversi tipi di lavoro.
Nonostante l’entusiasmo per la grande riuscita
della manifestazione, la durata dell’edizione
successiva venne ridotta drasticamente, dagli undici
giorni del 1924 si passò a soli cinque giorni
(dal 3 al 7 settembre) della terza edizione, un primo
allarmante segnale dopo le critiche rivolte agli organizzatori
ai quali si rimproverava la scelta del luogo poco adatta
allo svolgimento della fiera, ovvero la parte centrale
della città, ritenuta non idonea allo scopo.
Il presidente Carbone aveva anche chiesto al sindaco
Serafino Giannelli un ulteriore contributo finanziario
oltre ad “offrire spazi più ampi di
quelli limitatissimi messi a disposizione”
per l’evento, il tutto per evitare che l’iniziativa
venisse “attuata da altra città”.
La preoccupazione
di Francesco Carbone divenne purtroppo realtà,
così come la sua straordinaria idea proiettata
nel futuro di “istituire una fiera internazionale
che presentasse in sezioni merceologiche i prodotti
italiani e stranieri e che alimentasse le esportazioni
dei paesi occidentali e le importazioni dei paesi orientali”,
un concetto portato avanti con successo nella città
di Bari, dove venne progettata e realizzata in pochi
anni una vasta area espositiva estesa più di
115mila metri quadrati, con viali, palazzine e padiglioni,
e dove il 6 settembre 1930 fu inaugurata dal re Vittorio
Emanuele III la prima edizione della Fiera del
Levante, con ben 1355 espositori e un enorme
successo di pubblico e di affari.
Si
ringrazia per la preziosa collaborazione il prof. Giuseppe
T. Andriani
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n.118 del 11/10/2019
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