LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
IL
TEATRO MARCO PACUVIO
Il primo teatro stabile brindisino
Mezzo secolo di storia del
primo teatro comunale nato in una cantina e poi demolito
ai primi del ‘900
Sin dai tempi più
remoti la funzione primaria del teatro è stata
quella educativa e formativa, un mezzo di propaganda
e di informazione per istruire il popolo, non limitata
al semplice intrattenimento.
Della tradizione teatrale locale non si hanno notizie
documentate sino alla formazione del primo teatro stabile
avvenuta nella prima metà dell’800, ma
già da prima a Brindisi si esibivano compagnie
di attori che portavano le proprie rappresentazioni
in luoghi di spettacolo improvvisati, nelle piazze e
nelle case dei signori più facoltosi. Un editto
dell’arcivescovo Annibale De Leo
emesso nel settembre del 1800, vietava agli ecclesiastici
di assistere alle recite di una compagnia di comici
“capitata in questa città”,
pena la sospensione dei sacri ordini. Agli stessi si
vietava anche “di assistere ai giuochi che
si fanno nelle botteghe, spezierie, ad altri ridotti,
ove concorre ogni sorta di gente”, ciò
lascia intendere quali fossero gli svaghi dei brindisini
tra il XVIII e il XIX secolo. Nel 1836 in una lettera
indirizzata al sindaco Stefano Palma
è documentata la presenza in città di
un’altra compagnia comica con a capo un certo
signor Centofanti.
Brindisi, piazza Duomo. A sinistra
lo stabile dell'ospedale vecchio
La costituzione di
una società per l’allestimento di un teatro
in una sala nel palazzo dello “Spedale
Vecchio”, in piazza Duomo, proprio
dove ora è situato il Museo provinciale, fu certamente
un atto di coraggio e di intraprendenza di sei “possidenti”
brindisini, che il 3 agosto 1838 firmarono una semplice
scrittura privata con la quale si impegnarono a dotare
il teatro di tutto il materiale scenico necessario.
La città all’epoca contava solo 7.504 abitanti,
quasi tutti contadini, pescatori e marinai che vivevano
in un ambiente insalubre e dove era molto alto il tasso
di mortalità per malaria e per altre malattie
endemiche.
Nel 1842 le mutate esigenze di un pubblico divenuto
sempre più numeroso, convinsero il barone Francesco
Monticelli e il nobile Raffaele Monticelli
Cuggiò ad acquisire tutto il materiale
scenico del “passato teatro” al
fine di allestire un nuovo teatro in un locale più
capiente situato su una via a maggiore traffico qual’era
la Strada Angioli, divenuta poi via Ferrante Fornari.
All’epoca la strada era particolarmente animata
in quanto prolungamento della via Maestra e prossima
alla frequentatissima piazza dei Nobili, oggi rispettivamente
via Filomeno Consiglio e piazza della Vittoria. Il locale
scelto dai due imprenditori era una cantina adibita
a deposito, con un piccolo “ortale”
sul retro, di proprietà di Giovanni Sala,
confinante su un lato con la dimora della famiglia Palma,
ora Palazzo Fornari.
Brindisi, via Ferrante Fornari,
a dx il Palazzo Palma, tratteggiata l'area dove insisteva
il Teatro Pacuvio
Una volta liberato
da “botti e botticelle” il locale fu “modellato
a teatro” apportando le necessarie innovazioni
e iniziò a funzionare nell’ottobre del
1843 con una serie di “produzioni in musica”
eseguite dalla compagnia di Antonio Candalisi,
come emerge dall’interessante ricerca curata e
pubblicata nel 1986 da Maria Ventricelli,
dal quale è stato possibile attingere numerose
notizie utili a redigere la presente nota. Il teatro,
del quale però non si conosce l’intitolazione,
era coperto da una tettoia ma sprovvisto di pavimentazione,
aveva le dimensioni di 16.53 m. di lunghezza per 10.90
m. di larghezza media, con i “palchi intorno
abbelliti da carta di Francia, i sedili in legno, un
palcoscenico con scenario fisso ed un cielo appeso decorato”.
Qui si eseguirono rappresentazioni di opere “serie
e buffe”, spettacoli musicali, festeggiamenti
per le grandi ricorrenze e in onore della monarchia
borbonica. Divenne un importante punto di riferimento
per la città, dove si organizzavano anche i tanto
attesi veglioni con balli di carnevale, durante i quali
era espressamente vietato mascherarsi con abiti religiosi
e di pubblici funzionari, l’uso di “maschere
indecenti e clamorose ed in generale tutte quelle che
possono offendere il buon costume”. Tale
ordinanza, che proibiva anche l’uso di bastoni
ed armi, fu ulteriormente inasprita e rimase valida
per molti anni.
Dopo l’unità
d’Italia il teatro di Strada Angioli era “andato
soggetto a tali degradazioni e nella sala e nei palchi,
e nello insieme di cui si compone, da essere poco decoroso
per una città” pertanto, su iniziativa
del sindaco Antonio Balsamo (1862),
venne ceduto al Comune con un atto sottoscritto da tutti
i ventiquattro azionisti della società teatrale
del quale facevano parte anche i soci del precedente
“Spedale Vecchio”, lo stesso primo cittadino
e altre figure di spicco delle famiglie più facoltose
della città, che sacrificarono “all’amor
di patria un interesse improduttivo”. Solo
in questo modo l’ente poteva procedere con i propri
mezzi ad ingrandirlo e “portarlo ad uno stato
di decoro e di abbellimento da quello di abbandono in
cui si trova”. I locali furono espropriati
per pubblica utilità e pagati la somma di 4.590
lire, i lavori di restauro furono avviati però
solo dopo due anni durante i quali il Comune fu impegnato
prima a contrastare l’epidemia di colera e poi
per ultimare i lavori di bonifica al porto e di selciamento
delle strade.
Brindisi. L'attuale piazza Mercato
(in rosso la posizione approssimativa del Teatro Pacuvio)
Il Teatro Comunale,
che su esplicita richiesta del sindaco Balsamo venne
intitolato a Marco Pacuvio, in onore
del poeta tragico latino nato a Brindisi nel 220 a.C.,
disponeva di una nuova pavimentazione, di un palco prolungato
“munito di quattro quinte” con
un nuovo telone di sipario, una nuova orchestra e “camerino
dè coristi” e di una sala di spettacolo
con pianta a ferro di cavallo avente capienza complessiva
di circa 200 persone: in platea vi erano solo 60-68
posti a sedere, il resto del pubblico si disponeva nei
due ordini di palchi, rispettivamente di dieci e tredici
palchi, tutti “rivestiti con Carta di Francia
damascata di color cremisi”, e nel loggione.
Le sale erano illuminate da una serie di lumi a petrolio
“con fonti di cristallo azzurro e tubi a campana”
su basamenti in legno.
Planimetria del Teatro Pacuvio
redatta sulla base dei documenti del 1880
(clicca sull'immagine per ingrandirla)
L’attività
riprese nel settembre del 1867 con un’opera in
musica di Raffaele Grazioli e per i
primi anni rispose bene alle esigenze culturali della
città, che nel frattempo cresceva in numero di
abitanti (da 9mila del 1861 a 20mila del 1890) e nella
condizione economica grazie alla forte ripresa delle
attività commerciali legate al porto. Le rappresentazioni
teatrali riscontrarono un grande successo, infatti dopo
un inizio stentato, le compagnie – che per i primi
anni pagavano un affitto di circa 4 lire a serata, con
l’impegno di portare in scena da 20 a 60 recite
diverse, spaziando dal genere comico al drammatico -
registravano buoni affari proponendo opere in prosa
di Goldoni, Alfieri,
Pellico, Ferrari,
Dumas e altri autori oggi dimenticati,
“vaudevilles”, spettacoli più
popolari con accompagnamento musicale divenute poi le
famose operette, manifestazioni di illusionismo, veglioni
e circa dodici balli in maschera per stagione.
L’impresario stabiliva il prezzo degli abbonamenti
alle recite in funzione dei posti (i palchi frontali
costavano più di quelli laterali e quindi della
platea), e del numero di ingressi. Le ridotte dimensioni
del palco e l’acustica inadeguata non permisero
però la programmazione di opere liriche. Al Pacuvio
si esibirono per alcuni anni anche due compagnie locali,
la più famosa è quella di Pio
Desantis, con un repertorio di drammi, commedie
e farse, del quale faceva parte il figlio, il grande
Alfredo De Sanctis (il cognome cambiò
nel corso degli anni) che su questo palco avviò
la sua grande carriera teatrale, l’altra è
quella dei coniugi Antonio e Rosa Guarini.
Brindisi. L'attuale piazza Mercato
(in rosso la posizione approssimativa del Teatro Pacuvio)
Già nel 1881
il teatro risultava insufficiente ed inadeguato alla
richiesta crescente, ma soprattutto vi erano evidenti
carenze strutturali che contrastavano fortemente con
le nuove norme di sicurezza approvate del Ministero
a tutela della pubblica incolumità, pertanto
fu dichiarato “pericolosissimo”
da un’apposita commissione e venne definitivamente
chiuso nel 1888.
Prima di essere demolito per l’ampliamento del
nuovo “mercato dei commestibili” (l’attuale
piazza mercato), i locali furono liberati dai palchi
e ceduti in fitto per alcuni anni, una parte di questi
furono utilizzati dal 1898 al 1903 come redazione del
giornale l’Indipendente diretto da Giustino
Durano. Nel frattempo era stato concretizzata
la costruzione di un nuovo grande teatro comunale in
una posizione ancora più centrale, ma questa
è un’altra storia.
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n.80 del 11/01/2019
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Bibliografia
- Maria Ventricelli.
Dai teatri privati del periodo borbonico
al teatro comunale Pacuvio, in La fabbrica
del teatro. Cent’anni di spettacolo a
Brindisi,catalogo della mostra documentari
a cura di E. Lenzi e M. Ventricelli, Brindisi,
s. e., 1986, pp. 18 -3
- Elena Lezzi e Maria Ventricelli. Attività
del teatro Pacuvio (1861-1887) e del teatro
Verdi (1903-1940): tavole di sintesi, in
La fabbrica del teatro. Cent’anni
di spettacolo a Brindisi,catalogo della
mostra documentari a cura di E. Lenzi e M. Ventricelli,
Brindisi, s. e., 1986, pp. 215 -220
- Rosario Jurlaro, Cronaca di sindaci di
Brindisi, volume II°: 1787-1860 continuata
su quella di Cagnes e Scalese. 2001, pg 175
- Nadia Cavalera.
I Palazzi di Brindisi, 1986, pg 85-86
- Verbale del Consiglio
comunale del 5 dicembre 1862, intervento del
consigliere Carrasco
- Archivio di Stato di
Brindisi.Archivio Storico del Comune di Brindisi,
sez. VI cat. 15, class 2 fascicoli 1 - 11
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