Monumenti - CALVARIO
IL CALVARIO DI
BRINDISI
Il luogo sacro, simbolo dei rituali liturgici e
tradizioni del periodo pasquale,fu eretto nel 1830
Per tradizione durante
il periodo pasquale si ripete la suggestiva processione
dei Misteri che si svolge il Venerdì Santo. Il
rito negli ultimi anni era stato ridotto ad un'unica
cerimonia serale, mentre nel passato le processioni
erano più numerose e muovevano in ordine, dal
primo pomeriggio, della chiesa del Cristo, dalla parrocchia
della SS. Annunziata, della Pietà e in tarda
serata dalla chiesa di San Paolo Eremita. Il sabato
pomeriggio la sacra rappresentazione di accompagnamento
delle statue della Madonna Addolorata e del Cristo Morto
sul “cataletto”si concludeva con il rito
della Chiesa delle Anime.
Le processioni erano sempre contraddistinte da una folta
partecipazione popolare, nella preghiera e nella meditazione,
tutte sfilavano per le strade principali della cittàal
suono della banda musicale fino a giungere al Calvario,luogo
simbolico dellatumulazione e della resurrezione del
Cristo.
Secondo la narrazione dei vangeli, il Calvario
è la collina poco oltre le mura di Gerusalemme
dove Gesù fu condotto e crocifisso, il termine
deriverebbe dal latino “Calvariae
locus” ovvero “luogo del
cranio”, che traduce il nome aramaico gulguta
”cranio, teschio” da cui l’italiano
Gòlgota (Vocabolario Treccani),
in quanto sul luogo vi era la presenza di alcuni teschi
dei condannati non seppelliti o forse per la somiglianza
del vertice roccioso del colle con la forma di un teschio.
Il Calvario di Brindisi,
sito in via Santa Margherita ad angolo con via Carmine,
è un piccolo santuario popolare che raccoglie
e raffigura i vari momenti cruciali della Passione di
N.S. Gesu’ Cristo, con al centro una collinetta
a simboleggiare la topografia del Golgota di Gerusalemme,
come solitamente avviene in quasi tutti i complessi
architettonici del genere. Questi luoghi di culto, ritenuti
tipici esempi di arte popolare a testimonianza della
profonda e radicata devozione, venivano in genere collocati
vicino ad una chiesa o un monastero, e si moltiplicarono
nei primi dell’Ottocento in tutta la nostra zona
“come proposta alla popolazione che non accettava
necropoli extramurali dopo che per secoli le sepolture
si erano avute nelle chiese cittadine, sull’esempio
di Cristo il cui sepolcro si propone lontano dall’abitato”
(G. Carito, 1994).
In precedenza a Brindisi
vi erano altri due calvari, entrambi edificati in relazione
alle localizzazioni di aree cimiteriali, il primo era
poco fuori Porta Mesagne, l’altro, nei pressi
di Porta Lecce, è esistito sino agli anni ’30
del Novecento. Quest’ultimo fu realizzato “come
quasi tutti quelli della provincia, in opposizione topografica
rispetto all’Osanna”, di esso rimane
il bel altorilievo in cartapesta policroma della Stabat
Mater (Addolorata) realizzato dalla bottega Gallucci
di Lecce, oggi visibile all’interno dell’edicola
al limite di via Porta Lecce.
Il Calvario di via
Santa Margherita venne eretto al centro di quello che
è stato un antico complesso religioso e monastico:
affianco vi era il convento di Santa Maria delle Grazie,
i cui resti delle arcate del chiostro sono visibili
in un cortile adiacente, alle spalle c’era l’antico
Monastero degli Agostiniani, fondato nel 1193, e non
lontano la chiesa di San Rocco, in uso ai Carmelitani,
e quella della dedicata alla Madonna del Carmine con
annesso monastero, di cui resta un frammento di architrave
in marmo a motivi vegetali, conservato proprio nell’area
interna del Calvario.
Fu costruito a devozione della famiglia Tedesco,
come si legge sull’epigrafe apposta nella parete
di destra guardando l’ingresso, e consacrato dall’arcivescovo
di Brindisi Pietro Consiglio il 12
marzo del 1830 al termine della missione dei padri Redentoristi,
evento ricordato dal testo latino inciso sull’altra
epigrafe lapidea, murata all’angolo tra le due
vie. I lavori per la costruzione del monumento, avviati
l’1 marzo – ricorda ancora il prof. Carito
– furono completati il 3 aprile, ovvero alcune
settimane dopo l’avvenuta benedizione; le opere
furono eseguite sotto la direzione di Francesco Bruni
e videro l’impiego di “16 muratori la
prima settimana, 22 la seconda, 20 la terza, 21 la quarta
12 la quinta; dai 5 agli 11 manipoli per settimana;
5 ragazzi ‘per la terra’ e galeotti in numero
imprecisato”.
All’interno
del recinto, davanti alla collinetta del sepolcro sopra
al quale si innalza una croce, spicca il piccolo tempietto
circolare, sovrastato da una cupoletta sorretta da quattro
colonne, sul quale è indicato il nome di Teodoro
Gioia, a ricordo dell’autore del riuscito
intervento di restauro avvenuto nel 1921 e che meritò
diversi apprezzamenti per l’iniziativa e per la
qualità delle opere. Il sig. Gioia dopo aver
acquistato l’intero palazzo ubicato in via Carmine,
decise di ridare lustro e prestigio a quel semplice
"angulus" caduto da anni nell’oblio
e nell’abbandono, riportandolo all’aspetto
originale senza alterare la veste architettonica.
Nell’occasione la Premiata ditta Longo
di Lecce realizzò l’altorilievo in cartapesta
dell’Addolorata, collocata nell’edicola
nei pressi del Calvario, e le due statue, sempre in
cartapesta e a grandezza naturale, della Vergine Addolorata
e del Cristo Morto poste all’interno del monumento
sacro, che vengono esposte alla adorazione popolare
il giovedì e il venerdì santo.
Successivamente il Calvario venne arricchito con i cinque
Misteri in ceramica realizzati dello scultore nativo
di Bassano del Grappa, ma brindisino d’adozione,
Bepi Zanchetta, che sostituirono sulla
parete di fondo le pitture di analogo tema visibili
su alcune immagini fotografiche di inizio Novecento.
Da quegli anni il luogo acquisì un ruolo centrale
nei rituali liturgici e nelle tradizioni sacre del periodo
pasquale, sia come meta obbligata del pellegrinaggio
del Giovedì Santo che delle processioni del giorno
successivo.
Un ulteriore intervento
di risistemazione e di restauro conservativo venne effettuato
nei primi mesi del 2009 grazie all’iniziativa
dei proprietari, la famiglia Gioia-Caforio,
e all’idea di Luca Di Giulio
di dar vita a un comitato per finanziare i lavori “come
dono di amore alla propria città”.
Nella circostanza vi fu una attenta campagna divulgativa
utile alla riscoperta di questo bene di grande portata
storica per i costumi e gli usi del nostro vivere civile
e sociale, un modo per ritrovare l’identità
storica e culturale attraverso una opera che offre spunti
di riflessione e di preghiera quotidiana.
Uno dgli interpreti del restauro conservativo del 2009
fu il Maestro Nicola Serinelli da Torchiarolo, il quale
si prese l'onere di restaurare le due statue in cartapesta
in onore e memoria del padre. Attività svolta
in maniera davvero pregevole e minuziosa.
Un anno fa l’ultima azione di sistemazione dell’area
per volontà di Francesco Viola.
I più piccoli,
da sempre, restano affascinati e suggestionati dal luogo,
impressionati dalla sua atipicità e dalla presenza
di quei simulacri all’interno del sepolcro: nel
passato, durante il periodo pasquale, i ragazzini evitavano
di passare da quelle parti, e se dovevano farlo cercavano
di non guardare quelle immagini di dolore e sofferenza
che poi restavano impressi nella memoria per alcuni
giorni
Testo
di Giovanni Membola
Pubblicato sul settimanale "Il 7 Magazine"
n. 143 del 10/04/2020
Fotogalley
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Il Calvario (2018) |
Il Calvario ai primi del '900 |
Calvario, statue e croce |
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Il frammento di architrave della chiesa del Carmine |
Epigrafe lato destro |
Epigrafe lato sinistro |
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