Monumenti - TORRI COSTIERE
BRINDISINE
TORRE GUACETO
di Gianluca Saponaro
Torre Guaceto è
collocata su un basso promontorio a circa 15 Km a Nord
di Brindisi, e sovrasta una rilevante zona paludosa,
che oggi costituisce una delle riserve naturali dello
Stato più famose. La denominazione Guaceto deriva
dall'arabo "Gawsit" (acqua dolce),
infatti, la torre sorge nei pressi di un fiumiciattolo
di piccole dimensioni, di acqua sorgiva, tuttora esistente,
che attraversa l’intera zona umida fino ad inoltrarsi
nell’entroterra. La veridicità dell'origine
araba del nome è confermata anche dal fatto che
una delle prime testimonianze topografiche della zona
risalgono ad una mappa araba del XIII secolo, dove la
zona viene indicata come "Gaucito".
Vasellame, ceramiche ed urne cinerarie risalenti all'Età
del Bronzo e del Ferro (XII – VIII sec a.C.) ci
fanno capire che la zona era abitata già nella
Protostoria da popoli dediti alla caccia ed alla pastorizia,
capaci di modellare l’argilla, materiale di cui
la zona abbonda, su alcuni scogli si possono notare
ancora buche per fissare i pali in legno di costruzione
delle capanne. Sul promontorio sono stati individuati
anche tracce di strutture abitative (muretti a secco,
piani di calpestio in argilla) una fornace ed una sepoltura
in fossa. Vicino è anche l’altro insediamento
dell’Età del Bronzo sugli isolotti di Lapani.
Successivamente frequentata anche dai Romani, come testimoniato
dal rinvenimento in mare di ancore in piombo.
Alla caduta di Roma perse la sua importanza per riacquistarla
con i Saraceni, che si servirono del suo porto come
base di scorrerie per mare e per terra e per il commercio
di vino ed olio. Nell’838 una flotta araba fu
segnalata al largo delle coste brindisine, la zona di
Guaceto fu occupata, ed immediatamente indicata col
nome di Saracinopoli. Fu costituito subito
un campo trincerato denominato "ribat"
che doveva servire come base di scorrerie per mare e
per terra; di esso si scorgevano ancora le rovine fra
il XVI ed il XVII secolo. Poco prima dell’anno
1000, con la caduta dell’Emirato di Bari e con
il successivo tentativo dei Bizantini di ricostruire
Brindisi, si concluse la fortuna di Guaceto.
Attorno alla metà del XIV sec la Regina
Giovanna I d'Angiò concesse l'utilizzazione
dello scalo ai mercanti di Mesagne. Sempre in quel periodo,
il Principe di Taranto Roberto d’Angiò
fece in modo che del porto di Guaceto, che pare rivestiva
un ruolo importante nel commercio dell’epoca,
potesse usufruirne la sola città di Mesagne.
I mesagnesi, erano gli unici ad avere il diritto di
riscuotere denaro a titolo di tassa da chi esportava
o importava merce utilizzando quel porto come scalo.
Ai brindisini ed ai carovignesi era perfino preclusa
la possibilità di poter smerciare olio, vino
ed altri prodotti attraverso lo scalo di Porto Guaceto.
Nella seconda metà del 1400 accadde che il Duca
di Ferrara decise di attaccare per mare l’alto
Salento sbarcando a Torre Guaceto, da qui si diresse
verso Carovigno, saccheggiandola, poi tentò di
attaccare anche Brindisi, ma fu respinto. Pochissimi
anni dopo una flotta di Veneziani, si appostò
qui, le truppe si spinsero fin sotto le mura di Brindisi,
ma furono sconfitte dalle locali milizie capitanate
da Pompeo Azzolina ed inseguite sino
alla loro base di Guaceto.
Già nel 1531 il Marchese d’Alarçon
volle che la rada, fosse guardata da una torre che fu
così costruita, per evitare un suo utilizzo da
parte dei Turchi.
Nel 1563, le disposizioni vicereali consistettero in
un sostanziale riadattamento delle strutture, con lavori
affidati al maestro muratore brindisino, Giovanni
Lombardo.
Torre Guaceto - ph. WWF sez.
Brindisi
Caratteristiche:
- E’ la più grande delle Torri tipiche
del Regno in Terra d'Otranto, pianta troncopiramidale
16 x 16 metri all'esterno e 9,50 x 9,50 metri all'interno;
- Pareti a scarpa all’esterno e verticali all’interno;
- Munita di archibugiere e di larghe caditoie, tre
sul prospetto mare, due sulle pareti laterali ed una
sul prospetto interno;
- Comunica visivamente con Torre Santa Sabina a Nord
e con Torre Testa a Sud ma anche con la vicinissima
Torre Regina Giovanna.
Frequentato da Veneziani
e poi dagli Spagnoli, lo scalo ritrovò un'effimera
ripresa dei traffici mercantili nel XVIII secolo.
I motivi per cui questa torre fa parte del territorio
di Carovigno e non di Mesagne come lo era nel Medioevo,
risale ad una serie di controversie giudiziarie, fra
Brindisi, Carovigno e San Vito degli Schiavoni (oggi
"San Vito dei Normanni"). Infatti agli inizi
del 1700 queste tre città rivendicarono il possesso
del porto ai danni della dominatrice Mesagne. La controversia
dibattuta di fronte alla Regia Curia vide vincitori
i Carovignesi, i quali riuscirono a dimostrare, tramite
antichi documenti, che la costa carovignese si estendeva
da Lamaforca (a nord di Santa Sabina) fino a Guaceto,
che risultò essere per metà carovignese
(la parte nord) e per metà brindisina (la parte
sud).
Il quadro mutò radicalmente e definitivamente
nel XIX secolo, anche in concomitanza dell'abbandono
della Via Appia, per la nuova via consolare borbonica
che collegava Brindisi a Monopoli, attraverso Carovigno,
Ostuni e Fasano. Fu allora che Guaceto divenne un porto
deserto, piccolo e mal sicuro, adatto solo ai contrabbandieri.
Alla fine del 1800, fu poi Ernesto Dentice di
Frasso, proprietario della zona, a modificare
definitivamente la località con la costruzione
di un grande canale di bonifica e con la messa a coltura
di circa cento ettari di macchia mediterranea e trenta
ettari di palude, con l'asportazione di sabbia che serviva
al costruendo porto di Brindisi: l'area umida veniva
quindi definita nei limiti attuali.
Nel XX secolo è stato edificato uno stabile addossato
alle mura che ha un po’ alterato l’intera
struttura. La torre nel 2008 è stata restaurata.
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