BRINDISI ATTRAVERSO LA STORIA
GLI
ANTENATI DEI BRINDISINI
GLI SVEVI (5^ parte)
La
Svevia era una regione della Germania sud-occidentale.
Il ducato di Svevia emerse nel 917; e nel 1079, allorché
comprendeva l’Alsazia e parte della Svizzera,
andò a Federico I della casa degli Hohenstaufen,
che divenne imperatore nel 1138 (la casata si sarebbe
estinta 130 anni dopo, nel 1268, quando gli Angioini
fecero giustiziare a Napoli l’ultimo discendente
svevo, il sedicenne Corradino).
Sceso in Italia, Federico
I detto il Barbarossa distrusse Crema nel 1160 e Milano
nel 1162, ma subì una completa disfatta a Legnano
nel 1176 ad opera della Lega lombarda, composta da milizie
cittadine. Ottenne il riconoscimento dell’autorità
imperiale, ma a sua volta dovette riconoscere le autonomie
dei Comuni.
Nel 1186, il figlio
di Federico I, Enrico VI, assunse il controllo del Mezzogiorno
d’Italia, attraverso il matrimonio con l’erede
al trono normanno Costanza d’Altavilla.
Gli Svevi diedero
un forte impulso all’architettura militare in
tutta la Puglia. Una fitta rete di torri e castelli
disseminati ovunque nella regione, dalla Capitanata
all’estremo Salento, furono fatti costruire da
Federico II: imponenti quelli di Oria, Castel del Monte
presso Andria, e Lucera.
I castelli erano eretti
vicino alle città per controllarle, come quello
preesistente di Brindisi, che Federico II (1194 –
1250), figlio di Enrico VI, rafforzò notevolmente
e che fungeva pure da luogo provvisorio di soggiorno
(aveva un palazzo attiguo); altri, come quello di Oria,
che è un poderoso castrum di forma triangolare,
assecondavano la passione per la caccia dell’Imperatore;
torrioni erano edificati vicino ai borghi dell’interno
per difesa dagli avversari. I tecnici e gli architetti
di Federico II si chiamavano protomagistri.
Federico II restaurò
il porto di Brindisi e lo fornì di un arsenale,
il quarto del Meridione. Il mercato di città
era sempre attivo: nei suoi dintorni c’erano banche,
logge, fondachi; qui vivevano mercanti veneziani, pisani,
genovesi, amalfitani. Le soste dei crociati e dei pellegrini
davano impulso all’economia della città
e dei dintorni; stimolavano la produzione agricola e
le attività artigianali delle varie rughe,
o strade, ad esse dedicate.
In età normanna-sveva
sorsero casali e borghi; alcuni si sono sviluppati ed
esistono ancora, come San Donaci, Tuturano, Latiano,
San Pietro Vernotico, Torre Santa Susanna: Altri sono
scomparsi, come Valerano, Pezzano, Petrolla (presso
Ostuni), Neritone.
Si coltivavano cereali
come l’orzo e l’avena; nei terreni vicini
ai centri abitati si coltivavano alberi da frutto, e
alcuni tipi di agrumi. Di antico uso romano erano gli
orti adiacenti alle case di pietra dei casali, ma presenti
anche nella città di Brindisi (ortaggi e legumi
vari). Nel territorio della provincia prevalevano le
foreste, i boschi cedui, la macchia e la palude. La
foresta di Oria (l’antico ager uritanus
dei Romani) era la più vasta, e si allacciava
alle foreste di Brindisi e Lecce. Boschi di vari fusti
arborei, da Mesagne a Cerano, a sud, e ad Apani a nord,
si alternavano a vaste zone paludose.
Federico II
faceva sperimentare nuovi tipi di uve nei vigneti di
Brindisi e del Tarantino, a Massafra. Il denaro
apuliense in argento era la moneta circolante di
maggiore uso; ed era coniato a Brindisi, che con Messina
era la più importante zecca del regno.
(fine quinta parte)
Testo di Roberto
Piliego
sesta parte: gli
Angioini
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