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Monumenti - TORRI COSTIERE BRINDISINE

TORRE CAVALLO

di Gianluca Saponaro

La particolare conformazione a sud del porto di Brindisi e gli isolotti delle Pedagne, rappresentavano, fin dagli inizi della navigazione commerciale un problema per l’avvicinamento al porto; il ricorrere di naufragi in questo tratto di costa, doveva essere sentito anche dalla popolazione locale, infatti dal <<Registro Angioino>> risulta che nel 1275 un tal Pasquale Facciroso, cittadino di Brindisi, morendo, lasciava con atto testamentario la cifra di 50 once d’oro perché nel luogo detto “scoglio del Cavallo” fosse costruita una Torre con Faro “onde i naviganti potessero evitare gli infortuni navigando in quei paraggi”.


Punta Cavallo: in basso i resti della vecchia torre, in alto postazione costiera risalente alla 1a Guerra Mondiale
(ph. BAD, Fototeca Briamo)

Proprio qui nel 1250 il Re Luigi IX di Francia, futuro santo, insieme con due fratelli, aveva rischiato il naufragio. Era di ritorno dall’Egitto durante la settima crociata. Il sovrano, dopo la conquista della città di Damietta in Egitto, decise un attacco al Cairo, ma venne sconfitto e fatto prigioniero durante la battaglia di El-Mansura. Per il suo rilascio dovette restituire la città conquistata e versare un milione di scudi di riscatto, e, secondo il racconto popolare, avrebbe lasciato in pegno l'Eucarestia.
Di ritorno in Italia il sovrano sarebbe approdato a Brindisi dove ottenne la somma necessaria da Federico II, quindi tornato dal Saladino, questi gli avrebbe reso il sacro pegno rinunciando al riscatto, come premio della sua fede e lealtà. Nel rientro in Italia (1250) la sua nave sarebbe stata sospinta da una tempesta, sullo "scoglio" di un promontorio della costa a circa 3 miglia a sud di Brindisi. Dalla cronaca di S. Antonino di Firenze si legge: "… dopo la terza notte di navigazione, alle prime luci del giorno, la nave che conduceva il Re andò ad urtare ripetutamente contro uno scoglio o lingua di terra, e così violentissimamente che i marinai e tutti gli altri che erano a bordo ritennero per certo di essere sul punto di naufragare. Atterriti dal fortissimo e rovinoso urto, i Sacerdoti e tutti gli altri trovarono invece che il santissimo Re era tranquillamente assorto a pregare innanzi al Corpo di Cristo: e fu ferma convinzione di tutti che soltanto per i di lui meriti e per le di lui preghiere, l'onnipotente Iddio li aveva scampati da quel pericolo mortale". Il re dei francesi, portava con sé, privilegio unico nella storia della Chiesa, l’Ostia Consacrata. Per ricevere il sovrano e la SS. Eucarestia si mosse dalla città l'Arcivescovo Pietro III, che essendo molto vecchio montava su un cavallo bianco; ricevuta l'Eucaristia l'avrebbe portata in processione verso la città, sul destriero tenuto dalle briglie dai reali Federico II e Luigi IX con il seguito del clero e del popolo, e terminò alla Cattedrale; questo episodio però è avvolto nella leggenda.
Pasquale Camassa nella sua Guide to Brindisi (1897) ci dice che secondo la credenza popolare, sul punto della spiaggia dove il cavallo pose le zampe durante il trasporto dell'Eucaristia, erano rimaste delle fossette con la forma tipica dell'orma, da dove sgorgava acqua dolce.
Da qui, l’abbreviazione popolare latina “caput valli”, capo di difesa, si trasformò in Lu Caballu e poi in Punta Cavallo. Ancora oggi nel mese di giungo, viene celebrata l’antichissima processione del Corpus Domini che ricorda quell’evento (scheda storica).


Processione del Corpus Domini, incisione di Giuseppe Maddalena 1984 (da Aleph 12 - 1986)

Ritornando al Facciroso, egli costituiva esecutori testamentari dell’opera due sacerdoti operanti in città, Giovanni di S. Martino e Giovanni da Messina. Fu una scelta ben precisa, non volle che si interessassero le varie istituzioni pubbliche del tempo, proprio perché l’opera doveva essere, non solo a protezione dei naviganti, ma anche a “divozione” per lo straordinario avvenimento ivi accaduto venticinque anni prima. La Torre-Faro infatti, fu dedicata alla SS. Eucarestia. Ed il fratello di S. Luigi, Carlo I d’Angiò, mostrò un fortissimo impegno “personale”: dalla lontana Napoli, non aveva altro pensiero se non quello della “sollecita e duratura” costruzione della Torre. Ma i due sacerdoti, nominati dal Facciroso dopo averla cominciata, indugiavano a portarla a compimento, forse anche perché le 50 once non erano sufficienti. Constatato che il progetto era aderente ai piani di difesa costiera, Il Re ordinò al Giustiziere di Terra d’Otranto che prendesse dai suddetti incaricati quel che era rimasto delle 50 oncie d’oro, e di proseguire i lavori a spese del Governo con una somma di almeno otto volte maggiore, secondo un disegno che lui stesso aveva fatto in occasione di un suo sopralluogo in Brindisi. Veniva incaricata alla sorveglianza dei lavori una delegazione di Cavalieri Templari e Teutonici che avevano importanti traffici ed una grossa sede nella città. La costruzione andava comunque a rilento cosicchè il sovrano, stando a Brindisi nel 1276, stipulava il contratto definitivo di realizzazione con il maestro muratore Ruggero Domenico Bello.

Luigi IX
Giovanni Tarantini
 
Carlo I d'Angiò
Carlo II d'Angiò

La Torre doveva avere le seguenti dimensioni:

  • A pianta circolare, di altezza 22 m circa, diametro 15 m;
  • Divisa in due ambienti principali e delimitati da due volte. La prima, formava a piano terra il “cellarium” (dispensa, provvigioni), il locale era fornito di quattro feritoie strombate per il passaggio della luce del faro, “pro lumine faciendo”. La seconda volta, divideva la sommità, mentre lo spazio interno era ulteriormente suddiviso da un soppalco in legno. Ciascuno dei due ambienti, così ricavati, aveva quattro feritoie arciere e quattro finestre;
  • L’apertura d’ingresso, praticata all’altezza del primo piano, guardava verso terra, ed era difesa da una caditoia e accessibile mediante una scala a pioli;
  • Il coronamento era rappresentato da un parapetto merlato alto circa 1 m;
  • Come materiale da costruzione si fece uso “di buoni tufi di Guacete (Guaceto) con buona calce frammezzo”.

A sovrintendere alla buona esecuzione, il Re prepose i brindisini Ruggero de Ripa e Nicola di Ugento, che facessero proseguire l’opera con la maggior velocità possibile. Ordinò a Pierre d’Agincourt, protomaestro e provveditore delle opere della Regia Corte, che visitasse ed esaminasse personalmente sul posto i lavori in corso. Sta di fatto che per i forti venti, le mareggiate, errori nel progetto, materiali scadenti, la torre non ancora finita, crollò. Adiratissimo il sovrano ordinò una severa inchiesta e dispose che il già costruito fosse interamente abbattuto, e che si provvedesse immediatamente alla sua ricostruzione ex novo “nello stesso luogo, della stessa altezza e della stessa forma, ma fortissima e duratura”. Proprio al tempo della realizzazione, lo stesso Re faceva coniare dalla zecca di Brindisi (e da nessun’altra zecca del regno) alcuni tipi di monete d’oro sulle quali egli si professa “servo di Cristo” e servo del “Sacro Corpo di Cristo”, probabilmente a commemorazione dell’evento accaduto a suo fratello Luigi. Ma solo nel 1301, sotto Carlo II d’Angiò, la Torre del Cavallo risultava terminata.
Sulla porta d’ingresso fu posta una lapide con la effigie della SS. Eucarestia, la Torre e le due Colonne erette sul primo promontorio cittadino, sono il simbolo, segnale dei due fondamentali punti di riferimento, la torre luminaria e le colonne che indicavano, specie ai naviganti provenienti dalle rotte sud-orientali, l’ingresso sicuro al porto. Crollata la torre per vetustà e per le intemperie, la lapide era andata smarrita. Infatti nel 1567 il maestro muratore leccese Martino Cayzza fu incaricato della costruzione di una nuova torre, cilindrica a scarpata, sulle basi di quella angioina ormai semidistrutta. Comunicava visivamente a nord con il sistema di difensivo di Brindisi ed a sud con Torre Mattarelle.
L’antico stemma nella seconda metà del 1800 fu ritrovato dall’archeologo Giovanni Tarantini, nella sua relazione scrive: “Eppure questo interessante monumento (la lapide col Calice e l’Ostia), che si credeva distrutto, è tornato alla luce or sono circa due anni. […] Nel terreno denominato Caracci, lontano da Brindisi due miglia e mezzo, sulla via che dalla Città mena a Torre Cavallo, nello scavarsi le fosse per la piantagione di una vigna è stata trovata una lapide di pietra, detta calcarea. […] Avendola io veduta, è alquanto maltrattata dal tempo, l’ho riconosciuta per quella stessa di cui parlano gli storici brindisini, e che stava sulla porta della primitiva Torre Cavallo. E’ alta m 0.50 e larga m 0.40. vi è scolpito uno scudo, nel lato destro del quale è rappresentata una torre nel centro di cui si vede scolpito […] l’Ostensorio nel quale fu riposta l’Ostia consacrata, e col quale dall’Arcivescovo fu portata processionalmente in Brindisi. Nel lato sinistro della lapide si vede poi scolpito lo stemma della Città di Brindisi, cioè le due antiche Colonne le quali in quel tempo erano entrambe in piedi. […] Essendo questo monumento preziosissimo che interessa la storia della nostra Chiesa di Brindisi, l’ho depositata nella Biblioteca Pubblica della città (Biblioteca Arcivescovile Annibale De Leo)”.
Anche Pasquale Camassa nella sua Guide to Brindisi (1897) parla del bassorilievo lapideo. Giuseppe Roma nel suo libro, “200 pagine di Storia Brindisina nella Millenaria Tradizione del Cavallo Parato” (1969) riporta una vicenda personale, dice infatti: “che le aspettative del vecchio archeologo dovevano andare deluse circa la gelosa custodia del monumento: perché, avendone io chiesto all’attuale bibliotecario questi mi ha riferito una poco chiara storia di passaggi e di consegne (e relativi verbali) fra i diversi preposti che si sono succeduti negli ultimi anni di guerra e di dopo guerra. Conclusione: la lapide è sparita!”. Ma in realtà grazie all’impegno ed agli studi di Giuseppe Maddalena e di Francesco Paolo Tarantino, nel volume “Delle insegne che ancora veggonsi nella città di Brindisi” (1989), l’antico e misterioso stemma fu per fortuna ritrovato all’interno della collezione di un privato cittadino di Brindisi, dicendo anche che gli attuali proprietari, compresa l’importanza del blasone, si dichiararono disposti a donarlo alla cittadinanza anche se purtroppo l’operazione non ebbe seguito.
Inoltre, sempre i due studiosi, notano come sulla raffigurazione della torre, di tipo cilindrico trimerlata, la particolarità sta in un enorme feritoia del tipo circolare-fessurato che fu dal Tarantini scambiata per un ostensorio a causa dei rilievi raggianti emergenti lateralmente alla feritoia stessa. Si tratta invece di una di quelle particolarissime feritoie delle cosiddette torri-faro, pro lumine faciendo, ossia di vedette costiere in cui venivano accesi fuochi, aventi la funzione di faro.


Lo stemma di Torre Cavallo

Impegnata per vari usi, l’ultimo documento sull’esistenza della Torre è datato 1842, probabilmente già fatiscente, fu in seguito completamente demolita. Durante la Prima Guerra Mondiale fu costruita una batteria di artiglieria della Marina Militare, sul sito, in piena zona industriale, si notano i ruderi. Ancora nel 1966, in base alle foto realizzate da Federico Briamo, si notavano alcuni resti della muratura basamentale della torre, attualmente non più esistenti.
Nelle acque prospicienti lo scoglio del Cavallo, a pochissimi metri di profondità, è presente il fasciame di una nave, affiorante dal fondo sabbioso. Purtroppo non ci sono mai stati studi approfonditi e scavi, ma c’è chi ritiene che possano essere i resti dell’imbarcazione di San Luigi IX, ipotesi affascinante suggestiva che potrebbe accertare la veridicità storica di quel miracoloso sbarco.

Sarebbe davvero importante adoperarsi affinchè lo stemma, l'unico reperto della torre ancora esistente, venisse reso pubblico.

Fotogallery - clicca per ingrandire
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Didascalie immagini:

1 - Punta Cavallo: in basso i resti della vecchia torre, in alto postazione costiera della 1^ Guerra Mondiale
2 - La spiaggia rocciosa, in basso i resti di Torre Cavallo
3 - Resti della muratura basamentale di Torre Cavallo, 1966
4 - Sui resti della Torre Cavallo una postazione costiera della 1^ Guerra Mondiale, 1966
(ph. 1-4: BAD, Fototeca Briamo - non è consentito l'utilizzo delle foto senza il permesso scritto)
5 - Ricostruzione di Torre Cavallo, incisione di Giuseppe Maddalena (da Aleph 12 - 1986)
6 - Rilievo Torre Cavallo XIX sec.
7 - Stemma di Torre Cavallo particolare della torre con la feritoia
8 - Punta Cavallo nel 2006 (ph. G. Membola)

Bibliografia immagini:
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Fondazione Biblioteca Pubblica Arcivescovile “Annibale De Leo”, Fototeca Briamo, cass 2/94-95-96-97-99-100-101-102-103 (non è consentito l'utilizzo delle foto senza il permesso scritto).
- Rilievo di Torre Cavallo da Lucio Santoro, Castelli Angioini e Aragonesei nel Regno di Napoli, Rusconi immagini (Milano, 1982).
Documenti correlati:
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