LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
LA CITTÁ
SCOMPARSA
La spiaggia di Sant’Apollinare, i corsi
pieni di turisti, i tentativi di “abbordaggio”
delle ragazze, i giovani con gli zoccoli. Dai racconti
dei brindisini, ecco la Brindisi degli anni ‘50-’60
e‘70.
Un tuffo nel passato
per vivere gli anni in cui a Brindisi si festeggiava
l’estate. Attraverso le parole e i sorrisi dei
nostri protagonisti riscopriamo una vitalità
che nel corso degli anni si è purtroppo spenta
e risulta oggi sonnecchiante, agonizzante.
Abbiamo tentato di ricostruire la vita brindisina dalla
fine degli anni ‘50 agli anni ’70, le entusiasmanti
giornate trascorse sulle sue meravigliose spiagge, e
poi i traghetti colmi di turisti diretti in Grecia,
India o Israele e ancora le luci delle insegne luminose
lungo i corsi, gli “abbordaggi” alle turiste,
le suggestive partenze di decine di traghetti con luci
e suoni che ancora sembra di sentire, la rotonda di
Sant’Apollinare, i pomeriggi danzanti e le nottate
trascorse all’Estoril, la Sciaia a mare.
“Non avevamo tanto, ma vivevamo bene e ci sentivamo
felici”, esordisce Giorgio Tricarico
con una luce speciale che gli illumina lo sguardo. “La
città viveva nel porto e con il porto che era
pieno di traghetti, italiani e non che attraccavano
e salpavano di giorno e di notte”, aggiunge Giancarlo
Cafiero.
“Dai treni scendevano ragazzi che provenivano
da tutto il mondo”, ricorda Galiano Lombardi,
“attendevamo soprattutto l’arrivo del treno
proveniente da Parigi, pieno di francesi, ma giungevano
in città anche tanti inglesi, tedeschi…
Uscendo da casa, i giovani brindisini, anche se non
particolarmente colti, avevano l’opportunità,
di confrontarsi, di ampliare i propri orizzonti ricevendo
nuovi stimoli”.
Corso Garibaldi (ph. collezione
Valigia delle Indie)
L’internazionalizzazione
ha caratterizzato Brindisi in quel fortunato contesto
storico cittadino.
Chiunque si adoperava per imparare le lingue, fosse
solo per un approccio con le turiste, accompagnare un
passeggero in transito presso le biglietterie, per conoscere
qualche particolare della vita nei luoghi di provenienza
di quella gente, che appariva a volte strana, altre
bizzarra, di certo emancipata rispetto alla cultura
del nostro profondo sud.
“Noi giovani dell’epoca riuscivamo a integrarci
e instaurare rapporti di amicizia, a volte anche di
amore, a differenza degli anziani che, per un retaggio
storico, legato all’antico passaggio dei treni
della Valigia delle Indie, all’arrivo
dei turisti esclamavano “lu trenu ti li inglisi!”,
erano tutti inglesi i forestieri!” narra Giancarlo
Cafiero con aria sognante, “…ricordo ancora
le reazioni degli anziani brindisini all’apparire
dei primi giovani hippy! Sconcertati dall’abbigliamento
vivace e coloratissimo, dai modi di fare, dai lunghi
capelli e dalle grandi fasce, incuriositi dai canti
intonati al loro passaggio in città, rimanevano
sbigottiti e scambiavano impressioni e commenti che
animavano intere giornate! Io e pochi altri eravamo
i capelloni della città.
Ci sentivamo hippy (ovviamente eravamo visti come persone
strane e poco raccomandabili!) e non potevamo che vedere
di buon occhio il confronto con chi viveva con il cuore
le proprie idee e le diffondeva nel mondo!”.
“Mi è rimasto impresso un episodio singolare”,
interviene sorridendo Lombardi, “l’arrivo
di un uomo in sella sul suo cavallo. Non ricordo che
anno fosse, arrivò quest’uomo con il suo
destriero pretendendo di salire a bordo del traghetto
per proseguire il viaggio. Un episodio indimenticabile!”
I ricordi cominciano a divenire sempre più cristallini,
così Cafiero ci spiega che a Brindisi arrivavano
anche tanti ragazzi diretti ad Israele per contribuire
alla sua ricostruzione.
Avevano scelto di seguire le regole di vita del kibbuz
e raggiungevano quei luoghi per costruire e coltivare
masserie e fattorie, vivendo in comunità. “La
maggior parte di loro non ha mai fatto ritorno”.
“I corsi erano pieni di luci, insegne in tutte
le lingue: dall’inglese al greco all’italiano.
Greci e brindisini avevano avuto l’intuito commerciale
di aprire biglietterie che lavoravano di giorno e di
notte”, dice Giorgio Tricarico.
Nave sul lungomare (ph. collezione
Valigia delle Indie)
Era un vero e proprio
spettacolo assistere alla partenza delle navi. Le luci,
i suoni, le manovre incantavano grandi e piccini. Molti
leccesi raggiungevano Brindisi per partecipare a tale
evento con la propria famiglia e tanti brindisini, gustando
un gelato, trascorrevano le serate sulle banchine.
I giovani con gli zoccoli ai piedi facevano “le
vascate”. “Passeggiavamo su e giù
per i corsi alla ricerca di uno sguardo da parte delle
ragazze. Spesso però andavamo “a turiste”,
provando l’approccio con queste donne belle, emancipate
con grandi cappelli bianchi di paglia sulla testa, pantaloncini
corti, pesanti borracce appese al collo”, ricorda
Giorgio Tricarico. “Il punto d’incontro
era il Banco di Napoli o il bar Olimpia”, continua
Sandro Miggiano che ci raggiunge abbronzatissimo
e sorridente. “Noi militari dell’aeronautica
avevamo terreno fertile, la divisa riscuoteva sempre
successo. La sera poi portavamo panini e coca-cola e
animavamo le feste che duravano nottate intere. Quanti
falò organizzati sulla spiaggia!”
Giadini di piazza Vittorio Emanuele
e la Stazione Marittima (ph. collezione Valigia delle
Indie)
Molto spesso i turisti
approfittavano della sosta per concedersi un bagno al
mare e così prendevano le piccole imbarcazioni
che li portavano sulle spiagge di Sant’Apollinare,
la Pineta, Fiume Piccolo
o Fiume Grande, spiagge curate, organizzate,
con un mare cristallino. Altre volte soggiornavano per
settimane - perché rimasti senza soldi! - partecipando
ai festeggiamenti continui sia sulle spiagge che nei
locali. Si organizzavano giochi e feste a Sant’Apollinare.
“…Ricordo che la proprietaria era Irma
Mastrobisio, indimenticabili le orzate preparate
dal signor Longo…”, racconta
Tricarico. La rotonda sul mare di Sant’Apollinare
aveva una sua magia e molti brindisini la ritrovano
nelle parole della famosa canzone italiana “Una
rotonda sul mare” interpretata da Fred
Bongusto, il quale durante l’estate del
1964, anno in cui vinse Canzonissima, si era esibito
presso la Casina Municipale della Selva di Fasano e
aveva trascorso le sue giornate sulla spiaggia di Sant’Apollinare.
Una bella leggenda romantica! Anche i pomeriggi danzanti
all’Estoril restano indimenticabili.
La Sciaia a mare (ph. collezione
Valigia delle Indie)
Si organizzavano
feste pomeridiane per permettere ai più giovani
ed alle ragazze - che la sera dovevano rimanere in casa
-, di divertirsi e danzare. Ovviamente le scuse per
uscire di casa erano le più fantastiche e non
mancavano episodi di mamme che arrivavano improvvisamente
per portar via le figlie dal locale!
La sera l’Estoril si trasformava in night, streap
tease e feste la facevano da padrone. La Sciaia
a mare si popolava di gente proveniente da
tutta la regione, di cantanti famosi che si esibivano
o che trascorrevano le loro serate mondane. “Costante,
direi quasi quotidiana, era la presenza di Domenico
Modugno, si esibivano anche Peppino
di Capri, Nicla di Bruno,
i migliori gruppi musicali italiani ed era una grande
attrazione per tutto il sud Italia” spiega con
un po’ di nostalgia Tricarico. “Alle serate
partecipavano celebrità come, ad esempio, il
primo ballerino della compagnia di Wanda Osiris
o importanti e facoltosi personaggi brindisini, leccesi
e tarantini”.
Un colpo d’occhio era anche l’organizzazione
della “Festa dell’Uva”.
“Sul lungomare si festeggiava con l’esibizione
di gruppi folkloristici provenienti da ogni parte d’Europa,
dall’Ungheria, Cecoslovacchia, Grecia…”
La festa delle feste era però la “melonata”.
Il giorno di Ferragosto, su tutte le spiagge, sulle
banchine, sul lungomare si aprivano giganti angurie
che rappresentavano un momento di grande gioia. Si organizzavano
balli, giochi e festeggiamenti che duravano per tutta
la giornata e poi la notte con falò, musica e
allegria.
C’era una volta
l’estate brindisina, ci rimane da ribadire! C’era
il buon umore, il benessere, l’economia, la spensieratezza
di gente semplice. È difficile ricordare senza
provare nostalgia, è veramente arduo non perdersi
dietro meravigliosi racconti di storia reale, vissuta
e non fare confronti. Noi però, seguendo l’esempio
dato dai nostri simpatici amici durante i racconti di
squarci di vita personale e cittadina, vogliamo rileggere
queste pagine con la loro stessa gioia. Lasciandoci
con tante riflessioni insieme alla speranza manifestata
da Giancarlo Cafiero di rivedere i corsi principali
come grandi vie internazionali e con il suggerimento
di Galiano Lombardi di riassegnare a Brindisi la sua
naturale veste di “Grande Stazione” ferroviaria,
portuale, aeroportuale, per ricoprire il ruolo di passaggio,
di transito dall’oriente all’occidente,
la valenza internazionale che nella storia le ha portato
tanta fortuna e fortune.
La conclusione è dedicata ad uno speciale commiato.
La definitiva chiusura, avvenuta quasi in sordina, della
Stazione Marittima, un prezioso riferimento storico
che merita un adeguato riconoscimento. Ma questa è
un’altra storia, è una storia più
antica, legata alla Valigia delle Indie, ai lunghi viaggi
e alle grandi avventure!
Iole
La Rosa
Il testo è stato pubblicato
sul mensile TuttoBrindisi (luglio-agosto 2010)
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