LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
L'IDROSCALO DI
BRINDISI E I MOTOSCAFI D'ALTO MARE
A dimostrazione della
lunga coesistenza tra Aeronautica e Marina nel porto
di Brindisi, soccorre la presenza dei motoscafi d’alto
mare ormeggiati sotto i pontoni dell’Idroscalo
“Orazio Pierozzi” adiacenti agli hangars
Savigliano. E, ad evidenziarne i comuni interessi, il
personale di leva preposto alla conduzione e manutenzione
di queste particolari imbarcazioni, venne denominato
“aviere-marinaio”.
Il servizio di soccorso
in mare si avvalse inizialmente di idrovolanti (prima
il Savoia Marchetti S.66, quindi il CRDA Cant-Z 501
“Gabbiano” e poi anche il CRDA Cant-Z 506-S
“Airone”) ai quali però venne quasi
subito ritenuto necessario affiancare imbarcazioni più
idonee, in quanto quelle utilizzate quasi esclusivamente
all’interno degli idroscali sia per il trasporto
a terra degli equipaggi degli idrovolanti, sia per il
rifornimento, sia infine per il rimorchio degli stessi
velivoli non erano in grado di ottemperare alle necessità.
Così verso la fine degli anni Trenta l’allora
Regia Aeronautica cominciò a impiegare alcuni
motoscafi d’alto mare per l’assistenza alle
unità idrovolanti e il soccorso e recupero dei
piloti abbattuti. Inizialmente furono indicati con la
sigla R.A.M. – Regia Aeronautica Motoscafo –
diventata successivamente R.A.M.A. (Regia Aeronautica
Motoscafi Alto Mare, secondo i disegni di progetto del
cantiere Baglietto di Varazze) o, secondo altre fonti,
Regia Aeronautica Motoscafo d’Altura, allorquando
entrarono in servizio battelli dedicati principalmente
al soccorso in mare aperto.
Le caratteristiche
che questi battelli dovevano avere erano, in particolare,
quelle d’intervenire con brevissimo preavviso
(cosa che escludeva tutte le navi con propulsione a
vapore, per le quali i tempi di approntamento erano
ritenuti incompatibili con interventi urgenti), avere
una forte velocità e poter navigare in mare aperto.
Al 1° maggio 1943 l’Idroscalo di Brindisi
poteva contare (come quello di Taranto) su un solo R.A.M.A.
I R.A.M.A. erano lunghi 16 m., larghi 3,20, stazzavano
16 t. e avevano due motori a benzina Carraro che consentivano
una velocità massima di 23 nodi, mentre i R.A.M.A.
della serie 1000-1022 erano lunghi 17,50 m., avevano
anch’essi due motori a benzina Carraro che consentivano
però una velocità massima di 24 nodi.
Nel 1946 una disposizione
organizzativa stabiliva, oltre alla dislocazione delle
basi del Servizio soccorso in mare (Anzio, Bari, Cagliari,
Crotone, La Spezia, Palermo e Venezia) la composizione
degli equipaggi dei motoscafi: un Comandante, Ufficiale
inferiore; un padrone, Sott.le o civile; due motoristi,
Sott.li; due marinai, graduati o civili; un aiutante
di sanità, Sott.le o graduato. Comandante, padrone,
Capo motorista e motorista dovevano essere forniti dalla
Marina Militare.
Circa l’armamento, soprattutto in periodi di guerra,
i battelli R.A.M.A., trattandosi di unità per
il soccorso in mare e contrassegnate sulle fiancate
da distintivi della Croce Rossa, non avrebbero dovuto
avere alcun tipo di armamento, eccezion fatta per le
armi individuali dell’equipaggio.
Con la proclamazione
della Repubblica italiana del 2 giugno 1946, la Regia
Aeronautica assunse l’attuale denominazione di
Aeronautica Militare: la sigla R.A.M.A. cambiò
quindi in A.M.M.A., Aeronautica Militare Motoscafo Alto
Mare. Attivi principalmente negli anni Cinquanta e Sessanta,
i motoscafi AMMA si occuparono di diverse missioni di
ricerca e salvataggio. A Brindisi, in particolare, si
aggiunse il compito di sorvegliare lo specchio d’acqua
antistante il Poligono di Tiro di Punta della Contessa
durante le missioni di tiro e/o bombardamento effettuate
ciclicamente dai Reparti di volo provenienti da tutta
l’Italia.
Questi motoscafi, comandati da Sottufficiali con equipaggi
di avieri-marinai di leva ordinaria prestarono soccorso
marittimo anche a favore della popolazione civile, come
natanti da diporto e pescherecci.
Gli A.M.M.A. erano stanziati o comunque attivi, oltre
a Brindisi, in numerosi altri porti, come Cadimare,
Venezia Lido, Venezia Sant’Andrea, Rimini, Augusta,
Palermo, Civitavecchia, Orbetello, Taranto, Capo Frasca
e Decimomannu, oltre alle basi di soccorso di Anzio
e Gallipoli e al comando di Vigna di Valle.
Gli AMMA prestarono servizio fino alla fine degli anni
Sessanta: tra questi c’erano anche motoscafi della
Royal Air Force donati all’Italia intorno al 1947.
Tra gli ultimi A.M.M.A. rimasti vi erano i 901, 902
e 903, in servizio specialmente nelle zone di Capo San
Lorenzo e presso il poligono di Salto di Quirra in Sardegna,
ove erano sostanzialmente adibiti al recupero e sgombero
di radio-bersagli.
Questi ultimi A.M.M.A. erano di classe Super Speranza,
veloci motovedette dalla considerevole tenuta in mare:
oltre 20 nodi di crociera fino a un massimo di 34, imbarcazioni
capaci di navigare con ogni tipo di mare e in massima
sicurezza.
Purtroppo su queste
imbarcazioni che, in pace e in guerra, ebbero un ruolo
molto importante (alcune, dislocate in Africa Orientale
e opportunamente armate anche con siluri, parteciparono
attivamente alle operazioni belliche) le fonti ufficiali
difettano di più approfondite notizie. Il ricordo
è perciò affidato principalmente a chi
su esse svolse un faticoso servizio, ai beneficiari
di quell’assistenza e alle città sedi della
loro attività.
Tra queste ultime si distingue Brindisi ove, per la
particolare dislocazione dell’Idroscalo a poche
decine di metri dal trafficatissimo canale Pigonati,
sia gli spettacolari ammaraggi e decolli dei Cant-Z,
sia le spumeggianti “corse” degli A.M.M.A.
avvenivano sotto lo sguardo di quanti frequentavano
quel tratto di porto, ivi compresi i bagnanti che a
quel tempo affollavano ancora le spiagge del litorale.
Testo di Guido Giampietro
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Un A.M.M.A. in manutenzione |
Un A.M.M.A. ormeggiato |
Progetto R.A.M.A. - Baglietto |
Idrovolanti nel porto medio |
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