BRINDISI ATTRAVERSO LA STORIA
GLI
ANTENATI DEI BRINDISINI
I ROMANI (3^ parte)
Furono le comunità
di contadini abitanti a sud del basso corso del fiume
Tevere e nel villaggio di Alba Longa, i gruppi insediati
sui colli e in particolare sul Palatino, e i Sabini
dimoranti sui colli reatini, a costituire il primo consistente
nucleo del futuro Stato romano, che la tradizione vuole
fondato da Romolo il 21 aprile del 753 a. C. Nel VI
sec. a. C. gli Etruschi, insediati dall’VIII sec.
a. C. nella Toscana meridionale e nell’alto Lazio,
e che disponevano tra l’altro di una potente flotta
nel Mediterraneo, fornirono un grande contributo all’incremento
demografico, alla potenza militare e al progresso civile
ed economico del nuovo Stato.
Nel 267 e 266 a. C.
i Romani sconfissero i Salentini e i Messapi, e nel
244 stabilirono una colonia di diritto romano a Brindisi.
Già nel 133 a. C., Roma era diventata la potenza
dominante del Mediterraneo.
Il diritto romano è
considerato il contributo più duraturo dei Romani
alla storia mondiale. Tutto cominciò col codice
delle dodici tavole del 451-450 a. C., redatto da dieci
legislatori sotto la presidenza di Appio Claudio, ispirati
dal greco Solone; che sono considerate la fonte del
diritto egualitario, perché contenevano principi
che vincolavano allo stesso modo tutti i cittadini.
Ma le capacità
dei Romani si esprimevano anche nel campo logistico-militare
(avevano guarnigioni in ogni provincia), nel campo amministrativo
(con un esteso corpo di validi funzionari) e in campo
ingegneristico. Come Roma, le città di provincia
- e tra queste la nostra - s’ingrandirono con
imponenti opere pubbliche: strade lastricate, acquedotti
(che favorivano l’urbanizzazione e l’incremento
della popolazione), bagni pubblici, teatri, templi e
monumenti. Di regola le strade romane erano larghe quattro
metri, per consentire il transito nei due sensi. Erano
fornite di mansiones (alberghi di riposo) e
di mutationes (stazioni per cambiare e rifocillare
i cavalli).
Brindisi, come le altre
province dell’impero, deve molto all’imperatore
Traiano (53 - 117 d. C.), che fece del suo regno ventennale
uno dei più memorabili nella storia dell’urbanistica,
dell’ingegneria e dell’architettura. Con
Traiano l’impero raggiunse la massima estensione,
e Roma il suo massimo sviluppo demografico, con 1.500.000
abitanti. L’immagine più antica del porto
brindisino si trova sull’imponente colonna che
porta il suo nome, dove furono incise in bassorilievo
circa duemila figure, di grande interesse storico dal
punto di vista documentario.
Le fortune di Brindisi
sono sempre state legate al suo porto, la cui forma
è stata modellata in centinaia di migliaia di anni,
con l’insenatura a fiordo biforcuto di natura
carsica e protetto all’imbocco da una serie di
isolotti e isole (il Forte a sud, l’ex lazzaretto
a nord). Le Pedagne (cinque isolotti) erano per i Romani
le Insulae Pharos, perché avevano la
funzione di orientare i naviganti. Anticamente il porto
era fornito di alte torri con torce accese che fungevano
da fari, dislocate in più punti a causa della
caratteristica canalizzazione di accesso al porto interno.
Per i Romani il porto
di Brindisi era uno dei pochi porti del Mediterraneo
in continua attività per l’intero anno,
secondo quanto ha riferito Plinio il Vecchio (23 d.
C. – 79 d. C.).
Ai Romani
siamo debitori di valori quali il senso dell’onore
e il decoro morale, il prestigio, l’autorevolezza,
la rispettabilità, l’eccellenza (dignitas);
il senso del dovere e della responsabilità (gravitas);
la devozione alla famiglia e al Paese (pietas),
che era la virtù centrale dell’etica romana,
perché indicava il timore degli dei, l’amore
per il prossimo, la famiglia, la patria, gli amici,
gli ospiti, i defunti, gli anziani, ma anche l’integrità
dei costumi, che avrebbe reso propizi gli dei; oltre
alla convinzione che esiste un ordine naturale che occorre
rispettare (iustitia).
Fu Giulio Cesare a
introdurre nel 45 a. C. l’anno diviso in dodici
mesi e 365 giorni (l’anno giuliano), al quale
furono apportate modifiche solo nel 1582.
Ai tempi di Roma il
commercio riguardava il vino, l’olio, il grano,
le pellicce, la ceramica, i metalli e gli schiavi. Ma
i commercianti romani (i negotiatores) al seguito
delle legioni, erano anche interessati alla seta e alle
spezie dei Paesi asiatici. Durante la repubblica (dal
508 a. C.), c’erano a Roma le seguenti corporazioni
di mestieri: vasai, fabbri, calzolai, carpentieri, suonatori
di flauto, conciaioli, cuochi, muratori, cordai, bronzisti
(o bronzari) e tessitori; oltre agli attori, gli artisti
di Diòniso. A quei tempi Brindisi ospitava folte
colonie di siriani, greci, asiatici, e soprattutto di
ebrei. La presenza ebraica garantiva le attività
artigianali (concerie e tintorie) e commerciali.
Nelle campagne, i Romani
sostituirono alle fattorie messapiche di modeste dimensioni
le loro ville padronali e i latifondi, in genere monoculturali
(vigneto e oliveto), gestiti col lavoro degli schiavi,
provenienti dalla Grecia e dall’Asia Minore. Alcuni
schiavi, i massari, avevano la direzione dei
lavori nei campi. Furono intensificati la coltivazione
dei cereali, la pastorizia e l’allevamento equino,
specialmente nella valle d’Itria.
Accanto ai latifondi
crescevano piccole e medie proprietà terriere,
concesse ai veterani legionari o ai liberti benemeriti,
che le coltivavano direttamente e ne aumentavano la
resa. Erano questi che davano in genere il nome alle
varie aree della penisola salentina, dove risiedevano
per generazioni.
I mestieri pugliesi
dell’epoca erano: armatori di navi, artigiani
del legno per i cantieri navali, artifices
o fabri, lavoratori edili, artigiani dell’argento,
mercanti, banchieri, mezzani (specie a Brindisi). Nei
lavori agricoli: fattori, massari, custodi di greggi,
allevatori di bestiame, custodi di campi, braccianti;
oltre ai coloni, figure che emersero nel V-VI sec. d.
C. Nelle vicinanze di Brindisi, ad Apani e Giancola,
si producevano in gran numero le anfore per il trasporto
del vino e dell’olio.
I Romani istituirono
i Municipia, organismi in grado di legiferare
su determinate questioni interne, non solo a Brindisi
ma pure a Oria.
I Romani accettarono
con favore i principi della filosofia greca, che diffusero
in tutti i Paesi conquistati: l’autocontrollo,
la calma e l’abnegazione (la strada per la felicità
secondo gli epicurei); le passioni umane governate dalla
ragione, il perseguimento della virtù, la fratellanza
universale, il senso del dovere, la disciplina. Gli
altri valori che li contraddistinsero e che furono fondamentali
per il loro successo furono: lealtà, sobrietà,
tenacia, obbedienza, praticità. Erano inoltre
molto orgogliosi della loro capacità di imparare
dai nemici, migliorandone le strategie e le tattiche
militari. Alla sapienza greca i Romani aggiunsero la
loro grandezza.
Agli inizi del III
sec. d. C. l’impero romano era il più potente
stato del mondo e si estendeva dalla Scozia al Sahara,
fino al corso settentrionale del Tigri.
Esposto agli attacchi
dei popoli germanici l’Impero romano d’Occidente
cadde nel 476 d. C. ; la disintegrazione politica fu
rapida e totale. Ma già nel 330 d. C. l’imperatore
Costantino I aveva trasferito il centro politico-amministrativo
dell’impero da Roma a Bisanzio, città del
Bosforo (che da lui si chiamò Costantinopoli,
ora Istanbul),. L’impero fu allora diviso in province,
riunite in quattro grandi prefetture, di cui una era
l’Italia. Fu l’imperatore Teodosio il Grande
(347-395) a definire il Cristianesimo religione ufficiale
dello Stato, e a quell’epoca risale la costruzione
delle prime chiese.
L’impero
romano d’Oriente durò più
di un millennio, fino al 1453, anno della conquista
di Costantinopoli da parte dei Turchi di Maometto II.
Lo stato bizantino
ebbe un apparato burocratico capillare, un sistema amministrativo
efficiente ed evoluto. I massimi rappresentanti dell’autorità
imperiale nelle province erano i magistres,
che svolgevano una funzione determinante.
Nel V secolo d. C.
l’Italia fu invasa dai barbari: nel 410 dai Visigoti,
nel 455 dai Vandali, che presero Roma. Nel 568 il re
longobardo Alboino invase l’Italia. Il regno dei
Longobardi, con capitale Pavia, durò fino al
774, quando il loro re Desiderio fu sconfitto dal re
franco Carlo (il futuro Carlo Magno). Il Salento, in
particolare, subì la dominazione degli Ostrogoti,
finché, guidati da Totila, questi furono definitivamente
sconfitti dal generale bizantino Narsete nel 552.
I Vandali erano
popolazioni germaniche stanziate nel I sec. d. C. sulle
coste meridionali del mar Baltico. I Goti, anch’essi
germanici, risiedevano sul bacino della Vistola; dagli
inizi del IV sec. d. C. in poi si distinsero in Ostrogoti
(Goti d’oriente) e Visigoti (Goti d’Occidente).
I Longobardi (o Langobardi – dal tedesco lang-bart,
lunga barba) erano una popolazione della Germania occidentale,
e divennero federati dell’impero romano ai tempi
di Giustiniano. Il re Alboino li condusse nel 568 in
Italia, dove dilagarono; nel Sud prosperò il
ducato indipendente di Benevento, che includeva ampi
territori campani e pugliesi. Si distinsero per la grande
attività legislativa: nel 643 emanarono l’editto
di Rotari, col quale realizzarono la codificazione del
loro diritto consuetudinario. Molto a lungo i salentini
preferirono regolarsi, in materia di matrimonio, dote,
successione, emancipazione, secondo il diritto dei Longobardi.
Brindisi fu distrutta
dai Longobardi di Benevento intorno al 670, allorché
la cattedrale episcopale fu trasferita a Oria. Nel IX
secolo cercarono inutilmente di ricostruirla i Bizantini;
ma sarebbero stati i Normanni, nell’XI secolo,
a ripopolare la vetera civitate, sulla collina
di ponente, ove sorge la Cattedrale.
Carlo Magno, incoronato
nel Natale dell’800 imperatore del Sacro Romano
Impero, attribuì grande importanza all’educazione
religiosa, tanto da esigere una scuola in ogni monastero
e in ogni cattedrale. Ebbe il merito di introdurre la
scrittura detta “carolina”, che abbinava
alle maiuscole romane nuovi caratteri minuscoli, antenata
dei moderni caratteri a stampa.
Nel frattempo ebbe
inizio la conquista dell’Italia meridionale da
parte degli Arabi, che ridussero sotto la loro signoria
Sicilia, Sardegna e zone della Puglia.
Gli arabi erano
sia i beduini, nomadi divisi in tribù; sia coloro
che erano insediati stabilmente nelle oasi; entrambi
i gruppi vivevano nel Nord della penisola arabica. Fu
il profeta Maometto (Muhammad in arabo), fondatore dell’Islam.
la terza grande religione monoteistica, oltre che importante
uomo politico, a unificare tra il 622 e il 632 d. C.
le indipendenti tribù arabe. Con queste fondò
l’impero arabo-islamico, che nella sua massima
estensione andava dall’Oceano Atlantico alla valle
dell’Indo, e dal Sahara fino ai Pirenei. Nel Medioevo,
gli arabi – in particolare coloro che vivevano
ai confini della Persia - furono chiamati dagli occidentali
greci e latini anche Saraceni.
Nell’anno 838
d. C. gli Arabi conquistarono Brindisi, ma l’abbandonarono
dopo averla incendiata. Gli abitanti furono in parte
uccisi e in parte fatti schiavi e portati in Africa.
L’antica Messapia, divenuta Calabria
sotto i Romani, assunse con i Bizantini il nome di Terra
d’Otranto. I nostri centri si popolavano di greci
immigrati.
L’anno Mille
segnò per l’Europa l’inizio della
stabilità. Migliorò il tenore di vita
anche per merito di raccolti più abbondanti,
conseguenti alla conduzione familiare dei tanti fondi
di proprietà diretta. Oltre alla vite, all’ulivo
e al frumento, si cominciò a coltivare alberi
di carrubi, fichi, gelsi, mandorli, aranci, limoni,
mandarini; e le piante leguminose del fagiolo, della
fava e della lenticchia. Secondarie restavano l’apicoltura
e la coltivazione del baco da seta.
Gli Ebrei erano presenti
a Oria tra il IX e l’XI secolo, e praticavano
la medicina e l’insegnamento della Kàbala.
A Brindisi le colonie ebraiche esercitavano in prevalenza
l’artigianato e il commercio.
I casali erano
piccole comunità isolate (da un minimo di due
famiglie sino a un massimo di 80), immerse in un mondo
vegetale incolto e macchioso, che derivavano il loro
nome dalla chiesa di campagna intorno alla quale sorgevano;
oppure dalla toponomastica prediale romana. Le famiglie
di rustici avevano l’obbligo di disboscare la
vegetazione spontanea della macchia e aprire i terreni
di coltivo a beneficio proprio e del monastero, o del
dominus, o del comes (il conte), titolo quest’ultimo
di origine franca.
(fine terza parte)
Testo di Roberto
Piliego
quarta parte: I
Normanni
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