LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
IL CONVENTO RIFUGIO
SICURO DA SFRUTTARE
Il motivo che, alla
fine del 1700, induceva i brindisini a popolare oltre
ogni limite i conventi maschili e femminili era semplice
e, in modo inoppugnabile, balzò agli occhi del
famoso letterato francese Antoine Laurent Castellan
che, dal 20 agosto 1797 al 2 settembre dello stesso
anno, soggiornò nella nostra città.
Invero, in un luogo dove mancavano le industrie e il
commercio, quasi per forza, si preferiva la vita in
comunità. I monasteri avevano un reddito fisso
e proprietà amministrate con ordine che, in quanto
inalienabili, erano al sicuro da ogni deprivazione.
L’esiguità dei mezzi della maggior parte
delle famiglie metteva ciascun capofamiglia nell’impossibilità
di attendere ad un adeguato sostentamento per i propri
figli.
I conventi ponevano rimedio a ciò.
Il convento dei Gesuiti che era
in piazza Marcantonio Cavalerio
In queste strutture,
a prescindere dalla fede dei “novizi”, si
era ben accolti e si trovava compagnia: si praticavano
parecchi tipi di giochi, insieme alla musica e alle
belle lettere; insomma, i parlatori erano dei veri salotti,
dove ben volentieri si faceva a meno della ruota,
atta ad accogliere gli esposti, ovvero i figli
indesiderati, ed anche della grata che doveva
proteggere i “religiosi” dalle insidie del
mondo esterno.
Non destavano meraviglia, quindi, i numerosi giovani
che preferivano quel tipo di vita conventuale che di
austero aveva solamente il nome. Non dissimile, secondo
quanto ancora ci riporta il Castellan, era la vita nei
conventi femminili: musica di clavicembalo, di altri
strumenti musicali e canti di mottetti davano la sensazione
di trovarsi di fronte ad un concerto permanente e ben
organizzato e la vita sembrava scorrere senza eccessive
privazioni.
Al contrario, l’erudito
scrittore francese, parlando del popolo, così
annota: Questo popolo mangia quasi esclusivamente
cipolle bianche e stuoli di mendicanti premono alle
porte di chiese e conventi, dove viene distribuita loro
la minestra. Chi abita in campagna gode di maggiore
agiatezza, almeno a giudicare dall’abito delle
donne che è molto ricercato, al contrario del
costume degli uomini che è antiquato quanto quello
che gli uomini francesi vestivano ben cinquanta anni
fa.
Tali furono le osservazioni
e riflessioni che su Brindisi e i brindisini fece Antoine
Laurent Castellan agli albori del XIX secolo, quando
dopo pochi anni dal costoso intervento compiuto dall’ingegnere
Andrea Pigonati, per la sospirata riapertura del porto,
con cui si prevedeva la normale navigabilità
e la ripresa dell’attività ittica, si dovette,
purtroppo, appurare che le opere di ristrutturazione
del porto si erano rivelate infruttuose, perchè
il canale era nuovamente impraticabile a causa dei calcoli
errati, in merito alle correnti marine, effettuati dallo
stesso ingegnere napoletano.
Litografia: Veduta di Brindisi
del 1781 - Richard de SAINT NON
(vue de la Ville de Brindes ou Brendisi ….. Brundusium…/Vue
du Chateau de Brindes et d'une partie de son Porz)
Eppure, Andrea Pigonati
convinto, in buona fede, della bontà delle sue
opere, elogia la data della riapertura del porto avvenuta
il giorno 9 novembre 1780, data della festa patronale
di San Teodoro e ne va così orgoglioso che, per
la circostanza, quasi ideale combinazione con quel che
accade oggi, organizza un’ardita e gagliarda gara
tra barche che il popolo mostrò di gradire con
enorme entusiasmo; mentre, per la funzionalità
del porto, si profilavano altre strategie.
Antonio
Caputo
Il testo è stato pubblicato
sul settimanale Agenda Brindisi
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