LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
L'economia
brindisina nel 1910
9 - I prodotti, le professioni e i mestieri principali
I prodotti
Nel ricordare l’interesse
per la statistica di Benedetto Marzolla, grande cartografo
brindisino (biografia),
si è fatto cenno alle merci prodotte, alle professioni
e ai mestieri principali di Brindisi nel 1835, come
risultarono da fonti ufficiali. E’ possibile ora
fornire un quadro analogo riferito a 75 anni dopo, al
1910, allorché gli abitanti di Brindisi erano
circa 26.000 (rispetto ai 7.500 del 1835); quadro per
il quale si è debitori alla diligenza e alla
passione dell’ottimo archeologo canonico Pasquale
Camassa.
Un secolo fa l’agricoltura
brindisina produceva soprattutto grano, avena, orzo,
fave, foraggi, melloni, vino, olio, agrumi, e altri
frutti come fichi, mele, ecc. Piante spontanee erano
la liquirizia, la salvia, il mentastro, la melissa,
il mirto, il lentisco. Nell’agro di Brindisi era
ancora presente il lupo.
Le industrie locali
potevano contare su 159 stabilimenti enologici, dodici
fabbriche di botti, sei di alcol e cremore, tre di sapone,
due di gassose, una di agglomerati di carbon fossile,
una di concimi chimici, due mulini a vapore, una fabbrica
di olio di lino naturale e cotto ed olio per ardere,
un cantiere meccanico con fonderia, due per l’allestimento
di piccole navi, una fabbrica di mattoni in cemento,
una fabbrica di reti metalliche per letti, uno stabilimento
per l’estrazione dell’olio dalla sansa,
parecchie officine meccaniche, e molte altre fabbriche
per la produzione di calzature, cappelli, mobili, dolci,
ecc.
Le importazioni, per
oltre 200.000 tonnellate di merci, riguardavano in particolare
carbon fossile, legname da costruzione, ferro, cotone,
tessuti, caffè, zucchero, tè, tabacchi,
animali da tiro e da macello, giunchi palustri, lane,
pelli, formaggi, zibibbo, ed altro.
Le esportazioni, per
circa 160.000 tonnellate, si riferivano ai vini da pasto
e da taglio, olii, granaglie, vasellame in terra cotta,
melloni, fichi secchi ed altre derrate.
Pesce pregiato si
pescava allora nel porto interno ed esterno: le orate,
le occhiate, le anguille, i salmoni, i saraghi, gli
sgombri, gli scòrfani. Vi si trovavano seppie,
polipi, calamari, mitili, e numerosi altri molluschi.
Le professioni
e i mestieri
A Brindisi operavano allora dodici
interpreti autorizzati, tre agenzie di viaggi, tredici
agenzie di navigazione, nove alberghi di cui sei forniti
di ristorante, otto trattorie, tredici caffè
con pasticceria, confetteria e liquoreria; e sette bar
e fiaschetterie.
I giornali locali erano sette, fondati
e gestiti, tra gli altri, da Giustino Durano, Camillo
Mealli, Giovanni D’Ambrosio, Rodolfo Durano e
Pasquale Camassa (biografia).
L’ufficiale sanitario era Giuseppe
Simone; il direttore del dispensario celtico Leucio
Longhi; l’incaricato dell’assistenza alle
gestanti povere Nicola De Pace. Tre erano i medici condotti,
e diciassette i medici liberi professionisti; tre i
dentisti diplomati, due i veterinari, dieci le levatrici.
Nove erano le farmacie, e quella di Benigno Cellie (ora
Perrino) aveva già allora 45 anni di vita.
Gli avvocati erano ventisette, dei
quali cinque patrocinatori in Conciliazione; dieci gli
ingegneri, tre i dottori in agraria, cinque gli enotecnici,
quattro gli agronomi, un agrimensore; tredici i ragionieri,
due i notai.
Gli istituti di credito erano quattro
(Banca d’Italia, Banco di Napoli, Banco Vignati
(presso l’Albergo Internazionale) e il Credito
Fondiario Nazionale.
I teatri erano due: il “Verdi”,
inaugurato nel 1903, e il Politeama Bellini, in legno,
là dove poi ha avuto la sua sede il Circolo Cittadino.
I cinematografi erano due: il Radium, sul corso Garibaldi,
e l’Edison nell’attuale piazza della Vittoria.
Gli antiquari erano otto; sei i librai,
tre i fotografi, nove le privative, tra le quali quella
dei fratelli Palazzo, tuttora in attività nello
stesso locale di corso Umberto; cinque le tipografie,
tra le quali continua il suo lavoro quella di Vincenzo
Ragione. Sedici le agenzie di assicurazione, tre quelle
di emigrazione, tre quelle di esportazione, dodici quelle
di spedizioni, sedici quelle che si occupavano di commissioni
e rappresentanze.
Si vendevano macchine per cucire delle
marche Singer e Kaiser; macchine per scrivere delle
marche Blickensderfer, Secor e Sun; macchine enologiche
(un venditore) e agrarie (quattro venditori). Gli altri
negozi sono indicati con il totale degli esercizi tra
parentesi: gioiellerie e orologerie (4), tessuti (4),
cuoiami (4), ferramenta (4), legnami da costruzione
(4), mattoni in cemento (2), articoli per l’illuminazione
elettrica e per telefoni ((4), biciclette (3), cartolerie
e mercerie (8), cappellerie (6), calzature (16), marmerie
(3), cereali (8), biade (2), farine (10), concimi (5),
armi e munizioni da caccia (1), olio di oliva (5), fichi
(7), fichi infornati alla mandorla (3), salsamenterie
e generi alimentari (20), carni (13), carni equine (2),
carbon fossile (1), petrolio (6), bazar (5), stoviglie,
terraglie e chincaglierie (7), oggetti artistici (5),
mode (4).
Brindisi contava un secolo fa ventisei
sale da barba, due confezionatori di parrucche, dieci
pittori decoratori, sette fabbri meccanici, due fabbri
armaioli, quattro fabbri magnani (eseguivano lavori
minuti in ferro), ventidue sartorie, diciannove costruttori
edili, cinque calafatai, dieci lattonieri, un ottonaro,
otto sellai, quaranta costruttori in legno (tornitori,
intagliatori, ecc.), sette carradori (costruttori e
riparatori di carri e barrocci), uno stazzatore di botti,
tre legatorie, nove sarte modiste, tre tappezzieri,
cinque botteghe di maniscalco (mascalcie), due floricultori,
due funaioli fiscolari, tre imprese per lo svuotamento
dei pozzi neri, sette orologiai, cinque orefici.
Un grande attore brindisino dell’epoca
era Alfredo De Sanctis; scultore eccellente Edgardo
Simone; noti cantanti d’opera erano Ersilia Sampieri,
soprano, e Giuseppe Piliego, tenore. Alessandro Briamo
dipingeva a olio e pastello. Dieci erano i diplomati
e gli insegnanti di musica.
Nel 1910 le scuole di Brindisi erano
il Ginnasio con 54 studenti, di cui una ragazza, e la
Scuola Tecnica con 200 studenti, di cui 42 ragazze;
oltre alle scuole elementari maschili e femminili e
a un asilo infantile.
Testo di Roberto Piliego
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